martedì 7 giugno 2011


Perché alla Biennale è Israele a fornire il senso

Andrea Dusio, 5 giugno http://www.linkiesta.
Il paradigma di questa Biennale sembra inscritto in una paradossale idea di “inattualità del contemporaneo”. Per provare a uscirne bisogna allora cercare quei lavori che scelgono espressamente il territorio dell’attualità. E non è forse causale che la proposta più interessante venga da Israele.....................E allora non è forse causale che la proposta più interessante, come è accaduto negli ultimi anni in altri segmenti delle arti visive, dalla fotografia al cinema, venga da Israele, il cui padiglione nazionale è stato affidato a Sigalit Landau, che conchiude il senso del suo intervento alla deformazione di un proverbio popolare, «Il pavimento di un uomo è il soffitto di un altro». Il tema della difficile convivenza tra israeliani e palestinesi viene ricondotto al duplice apparato simbolico di acqua e sabbia. Condotte idrauliche che diventano sculture, giochi di ragazzi sulla spiaggia che sembrano mimare la volontà di ridisegnare confini e appartenenze, attraverso solchi e tracciati disegnati con un bastone, segni che il mare è pronto a cancellare, e ancora il richiamo al sale, simbolo della cristallizzazione della realtà.E riappropriazione del tempo come luogo in cui i fatti e le esperienze umane (a anche l’arte, al di là di ogni escapismo, appartiene), tornano drammaticamente a depositarsi, invece che attenersi alle regole effimere della consunzione.

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