domenica 28 agosto 2011

Milleottocentonovanta giorni dopo

Aviva Shalit, la mamma di Gilad, protesta davanti all'ufficio del primo ministro israeliano Netanyahu a Gerusalemme, nel giorno del compleanno del figlio rapito (foto di Baz Ratner / Reuters)

Uno strazio. Più che un compleanno. Un colpo al cuore. Più che un sorriso. Milleottocentonovanta giorni dopo siam sempre lì: alle prese con un ragazzo 25enne rinchiuso chissà dove, con due genitori ormai allo stremo e un governo smarrito, incapace di riportare a casa un suo soldato. Soprattutto: un suo figlio.Milleottocentonovanta giorni dopo, Gilad Shalit, nato a Nahariya il 25 agosto 1986, rapito in territorio israeliano il 25 giugno 2006 dai miliziani di Hamas, ecco, Gilad è sempre là. Fermo. Sospeso. In attesa, lui, di non si sa cosa, visto che ormai qui tutte le opzioni si sono dissolte nel vento caldo che brucia la gola e che soffia in un territorio martoriato più dai muri mentali che da quelli fisici, più dai proiettili verbali che da quelli veri e propri sparati ogni giorno. In attesa, noi, di capire se esiste ancora – in questo mondo – un minimo d’umanità. Un pizzico d’amor filiale. Un briciolo di pietas. Una goccia di sentimento. Qualsiasi sentimento.Milleottocentonovanta giorni dopo, siamo sempre qui. A celebrare l’ennesimo compleanno di un ragazzo che, in circostanze a lui meno sfavorevoli, il mondo non avrebbe mai conosciuto. Al massimo, l’avrebbe visto in qualche istantanea scattata dai fotografi, di quelle immagini che girano in un flusso senza sosta nelle agenzie stampa internazionali e che finiscono puntualmente sulla carta ogni volta che c’è una frizione tra israeliani e palestinesi.E invece. Milleottocentonovanta giorni dopo, siamo qui – sempre qui – a parlare di lui. A raccontare, a ricordare, a rinfrescare la memoria su una vicenda che sembra interessare più al popolo che ai politici, più a chi ha figli, fratelli, sorelle e nipoti, che a chi ha il dovere di garantire la sicurezza per ognuno dei suoi cittadini. Nessuno escluso.Buon compleanno Gilad. Ovunque tu sia. E chissà che, oggi che è il tuo compleanno, ma anche la fine del Ramadan, ecco, chissà che i tuoi carcerieri non decidano di mettere da parte il loro odio, la loro follia, la loro disumanità, per restituirti a mamma Aviva e a papà Noam. Loro ti aspettano nella nuova casa: una tenda sotto alla villa dei Netanyahu. Così da ricordare a “Bibi” giorno dopo giorno che c’è ancora un figlio da riportare a casa. E da riabbracciare.28 agosto 2011, http://falafelcafe.wordpress.com/

Nessun commento: