venerdì 30 settembre 2011

Eilat

Voci a confronto

La visita del primo ministro turco Erdogan in Egitto, prima tappa di un viaggio che lo porterà anche a Tunisi ed a Tripoli, è sicuramente l’argomento principale per i quotidiani di oggi. Acuta l’osservazione di Lucia Annunziata che, su La Stampa, scrive che Erdogan ha saputo cogliere il momento difficile degli USA nel mondo arabo per sostituire l’influenza americana con quella turca. Aggiunge poi Annunziata che comunque la Turchia rimane tra i paesi più “curati” da Hillary Clinton. Sono sicuramente osservazioni molto interessanti; l’unico dubbio per il sottoscritto sta nella considerazione della Turchia come “paese fidato” per gli USA. La regia di questa visita è stata estremamente attenta, ed ha visto Erdogan atterrare al Cairo in piena notte, accompagnato da 6 ministri e da 170 industriali pronti a firmare grandi progetti di cooperazione. Va subito detto che la visita a Gaza, prevista in un primo momento, è stata poi cancellata. Ma intanto, dopo la crisi diplomatica che ha visto l’allontanamento dell’ambasciatore israeliano da Ankara, e la successiva forzata partenza di quello del Cairo, va registrata sia la partenza dai porti turchi di alcune navi da guerra che incroceranno nel Mediterraneo orientale, che il nuovo software dei radar turchi che d’ora in avanti identificheranno gli aerei israeliani come “nemici”. Sono tutte realtà che non fanno presagire nulla di buono. Stupisce poi non leggere nei grandi commenti nessun paragone a quanto noi italiani vivemmo durante il ventennio. Eppure tanti elementi sono davvero identici in modo impressionante. Marta Ottaviani su Avvenire firma un articolo che sarebbe anche interessante se poi non cadesse nel grave errore di scrivere che la Mavi Marmara venne assalita mentre portava viveri sulla Striscia di Gaza; evidente inganno per i lettori del quotidiano. Certo importanti le parole dell’editoriale, sullo stesso quotidiano, a firma di Riccardo Redaelli; sembra appunto di vedere un novello Mussolini che parla di difesa dell’onore turco, che viene acclamato come nuovo leader arabo (lui che arabo non è), pronto a “superare insieme tutte le difficoltà”, con le mamme di Ankara alle quali si spezza il cuore a sentire piangere i bambini di Gaza mentre poi, tra tante altre affermazioni roboanti, dimostra che verso Assad preferisce limitarsi ad inconcludenti parole di principio, e verso l’occidente sembra riproporre le attenzioni che aveva già l’impero ottomano. Analoghe sono le osservazioni di Roberto Tottoli e di Battistini che sul Corriere scrivono che questo viaggio evoca appunto ricordi imperiali, mentre Erdogan vuole frenare le analoghe mire iraniane (e anche del wahhabismo saudita); questo è proprio l’unico aspetto che sembra dare un certo sollievo per il futuro dell’Occidente, visto che queste rivalità interne al mondo islamico sono destinate ad esplodere. Per fortuna che Boutros Boutros Ghali sostiene che Turchia ed Egitto avrebbero tutto l’interesse a mantenere la pace con Israele verso il quale egli non vede ostilità. Su Repubblica Fahmi Huwaidi intervista Erdogan stesso ed allora troviamo parole come: “il rapporto Palmer dell’ONU non ha valore alcuno, ed è una vergogna per chi lo ha redatto. ”Sul Foglio, oltre ad un editoriale che fa osservare il tentativo di creare un Egitto ”secolare” come la attuale Turchia, si trova un nuovo articolo di Meotti da leggere con la massima attenzione perché davvero fa capire la realtà di oggi; Meotti infatti ha parlato con lo storico turco Rifat Bali, insegnante alla Sorbonne di Parigi, che ricorda una vecchia pièce teatrale attribuita a Erdogan dal titolo (acronimo) MASKOMYA, che riunisce massoni, comunisti ed ebrei. Già nel ‘96 Erdogan, all’epoca sindaco di Istanbul, parlava di complotto mondiale ebraico e della cospirazione giudaica che aveva fatto cadere l’impero ottomano, mentre Ataturk sarebbe stato un cripto giudeo. Anche Erdogan veniva considerato un cripto giudeo quando faceva accordi con Israele, come scrive Carlo Panella su Libero, ma ora si oppone allo sfruttamento del gas nel Mediterraneo da parte di Israele, rivendicando interessi della Cipro turca (turca per via della occupazione militare, non dimentichiamolo mai). Interessante anche l’intervista di Lorenzo Biondi al professore dell’Università di Tel Aviv Mark Heller; peccato tuttavia che Biondi riparla di governo di Tel Aviv e scrive di uno stupido errore di inviare l’esercito israeliano nel Sinai… Sul Giornale intanto Fabbri teme anche un accordo tra Turchia ed Irak per nuove stragi dei curdi. Solite poi le parole di Michele Giorgiosul Manifesto che non perde questa occasione per parlare del terrorismo di Israele e dei suoi crimini di guerra per via delle colonie, e pure quelle di De Giovannangeli sull’Unità che fa dire a Erdogan che l’equidistanza da tutte le religioni è un principio dell’Islam….
Nella stampa estera ancora da sottolineare la solita attitudine negativa verso Israele del Financial Times dove si leggono le parole di Erdogan: Israele deve pagare per le sue aggressioni e per i suoi crimini”, mentre eccita gli egiziani ad agire dopo la delusione provocata dai loro attuali governanti, pavidi dopo l’uccisione da parte di Tsahal di 6 militari egiziani. Sull’International Herald Tribune Jimmy Carter, in una una lunga analisi, considera inaccettabile la futura presenza di Tsahal sul Giordano e la richiesta di Israele di essere riconosciuto come stato ebraico a causa del 25% della sua popolazione non di religione israelita. Tra le altre osservazioni a questo articolo va osservato che l’ex presidente (e marito di Hillary) considererebbe accettabili trattative tra Israele e Palestinesi “indirette”, la ridiscussione del problema Golan e anche che parla dei “confini del ‘67” ai quali bisognerebbe fare solo piccole modifiche. Ovvio, al contrario, che Clinton speri di rivedere gli USA agire come leader nella regione.Infine, senza ricordare le parole lasciate scritte dai terroristi palestinesi sui muri della Basilica di Betlemme da loro occupata, l’Osservatore Romano pubblica un lungo articolo con l’invito a tutelare i cristiani da ogni discriminazione; ma sui muri stava scritto: prima quelli del sabato, poi quelli della domenica, e queste parole non sono mai state sufficientemente analizzate; le preoccupazioni odierne del Vaticano ne sono la diretta conseguenza, a parere del sottoscritto.Emanuel Segre Amar http://www.moked.it/

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