sabato 24 settembre 2011

"Per la pace niente scorciatoie"

Obama: Abu Mazen deve trattare. Il voto sul riconoscimento sarà congelato per alcune settimane
«Le risoluzioni dell’Onu non servono, per arrivare alla pace l’unica strada è il negoziato diretto»: il presidente americano Barack Obama sfrutta il discorso dal podio dell’Assemblea Generale per opporsi alla richiesta dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) di essere riconosciuta come Stato membro delle Nazioni Unite, ribadendo così la validità degli accordi di Oslo del 1993.Dittatori in ritirataObama esordisce definendo «notevole» l’anno trascorso per le svolte democratiche in più teatri: «Il Sud Sudan è indipendente, il regime di Gheddafi è finito, Gbagbo, Ben Ali, Mubarak non sono più al potere, Bin Laden se n’è andato, Al Qaeda è in rotta e i dittatori sono in allerta» perché «la tecnologia consegna il potere nelle mani del popolo». Ciò non toglie che «le difficoltà rimangono» perché nello Yemen e Bahrein le transizioni sono ostacolate mentre «il regime iraniano opprime la sua gente e quello siriano la uccide». Obama chiede al Consiglio di Sicurezza di «agire in fretta» e schierarsi «dalla parte del popolo siriano», confermando che il suo timone è «sostegno ai diritti universali degli individui ed alle transizioni delle nazioni verso la democrazia».«Sostegno a Israele» Obama ammette però «amarezza e frustrazione» perché l’anno trascorso non ha portato alla nascita della «Palestina indipendente» da lui auspicata proprio all’Onu. Parla di «stallo» e ammette che «la pace è difficile» ribadendo che l’obiettivo resta quello dei due popoli e due Stati, per concludere che «per raggiungerlo non servono le scorciatoie ma i negoziati diretti». Da qui il no alla richiesta che l’Anp presenterà domani al Consiglio di Sicurezza di essere riconosciuta come «Stato membro»: «La pace non arriverà attraverso dichiarazioni e risoluzioni dell’Onu, devono essere israeliani e palestinesi a raggiungere l’accordo sui temi che li separano: confini e sicurezza, rifugiati e Gerusalemme». Nel parterre dell’Assemblea Generale il silenzio è totale, con il presidente palestinese Abu Mazen che si mette una mano sulla guancia mentre un suo collaboratore scuote la testa. Obama termina ribadendo il sostegno per «uno Stato sovrano palestinese» e «l’incrollabile sostegno alla sicurezza di Israele», aggiungendo: «Dobbiamo essere onesti, è circondato da Stati che lo hanno aggredito e che minacciano di cancellarlo dalla carta geografica, ha la memoria di sei milioni di vittime, merita relazioni normali con i vicini».Il plauso di Netanyahu Appena uscito dall’aula, Obama incontra il premier israeliano Benjamin Netanyahu, gli ribadisce la scelta di «non imporre la pace alle parti» e di «sostenere i negoziati diretti» previsti dalle intese di Oslo, risalenti all’amministrazione Clinton. Netanyahu replica: «Aver difeso questa posizione di principio in un’aula dove c’è un’automatica maggioranza antiisraeliana equivale ad una medaglia d’onore che la ringrazio di indossare». Netanyahu è convinto che il tentativo dell’Anp di «usare l’Onu come una scorciatoia verso lo Stato» dimostri che «non sono ancora pronti a fare la pace» ma si dice sicuro che «questa mossa fallirà». La stretta di mano finale, sullo sfondo delle bandiere dei due Paesi, rassicura Israele e consente a Obama di provare a respingere l’assalto dei repubblicani che puntano a strappargli l’elettorato ebraico nel 2012.La mossa di Sarkozy Neanche due ore dopo sul podio sale il presidente francese, Nicholas Sarkozy e avanza all’Anp una proposta tesa a scongiurare la battaglia dei voti. «Il veto americano nel Consiglio di Sicurezza innescherebbe le violenze, lo Stato palestinese diventi osservatore» con la promessa di una adesione a pieno titolo «entro un anno». La mossa francese cela la richiesta del Quartetto (Usa, Onu, Ue e Russia) all’Anp di non accelerare i tempi del riconoscimento in cambio di forti garanzie.Abu Mazen rilancia Con le città della Cisgiordania imbandierate in attesa del riconoscimento, Abu Mazen confessa «delusione» per Obama ma poi fa un mezzo passo indietro. «Sappiamo che questo processo prenderà tempo», spiega il negoziatore Nabil Shaat, lasciando intendere che la richiesta sarà fatta «senza chiedere subito il voto». In serata Obama e Abbas si vedono al Waldorf Astoria, presente Hillary. A suggerire prudenza all’Anp è anche la conta dei voti perché su 15 membri ne servono 9 favorevoli e al momento sono 8: Russia, Cina, Gabon, Nigeria, Sudafrica, Brasile, Libano e India. È la Bosnia che, schierata con europei, Usa e Colombia, fa mancare il quorum.Maurizio Molinari 22/9/2011 La Stampa

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