domenica 2 ottobre 2011


Guardare indietro, guardare avanti

Non serve citare Edgar Lee Masters o Ugo Foscolo. Entrando in un cimitero si prova un effetto strano, tra straniamento e nostalgia. Gli ebrei usano recarsi sulle tombe dei propri cari nei giorni che precedono il capodanno, Rosh-ha-shanà. Sono molto affezionato a quest’usanza, che trovo assai proficua. Prima di iniziare il nuovo anno, e una nuova vita, si torna per un attimo indietro. Si traccia un bilancio di ciò che ci è accaduto, e in un certo senso ci si consulta con chi, direttamente o indirettamente, ha accompagnato il nostro percorso.
Dopo aver deposto le pietre (non i fiori) e aver terminato il rito, gli ebrei usano lavarsi le mani e andare a mangiare qualcosa (nel mio caso: tramezzini squisitissimi!). È una lezione sulla memoria: un elemento imprescindibile che non deve essere castrante, che non deve impedire di guardare avanti. Ci si lavano le mani e si mangia, come a dire che la vita deve continuare, con le sue gioie e i suoi dolori.I cimiteri raccontano la nostra storia. Ma spiegano anche le società in cui viviamo. Domenica scorsa un gruppo di ebrei romani convocatisi su Facebook – finalmente un uso virtuoso del social network! – si è dato appuntamento al cimitero di Prima Porta per ripulire il reparto israelitico. Un’iniziativa bellissima e meritevole. Una circostanza che non sarebbe necessaria se le pubbliche amministrazioni funzionassero, tributando la giusta considerazione alla nostra storia (e al Verano, l’altro cimitero di Roma, la situazione non è migliore).Ma non è solo un problema di incuria e malagestione. A pensarci bene, per quale motivo i cimiteri dipendono dall’azienda di igiene urbana? Un cimitero non assomiglia più a un museo che a un cassonetto? Buon anno a tutti.Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas http://www.moked.it/

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