Come ebreo, come italiano, come attivista, confesso di essere in difficoltà. Non so che cosa augurarmi e non sono in grado di stabilire cosa è giusto. Da una parte c’è un regime laico, quello siriano, che massacra i propri cittadini; dall’altra c’è una democrazia giovane, quella egiziana, in cui i partiti islamisti avrebbero stravinto le elezioni. Col risultato, per esempio, che le donne egiziane sono preoccupate per il loro destino.È possibile trovare una sintesi tra la preoccupazione per il futuro dello Stato d’Israele, la difesa dei diritti umani, l’ansia per un Mediterraneo sempre più tempestoso? Forse. O forse no. Ma occorre partire da alcuni punti fermi. Primo: non è possibile appoggiare regimi corrotti che violano i più elementari diritti umani. Valeva nel caso della Libia, vale ora nel caso della Siria, amici o nemici dell’Occidente. Gli oppositori, tuttavia, sono in questi contesti innanzitutto gli islamici, cioè i più perseguitati.Se il regime crolla questi movimenti raccolgono i frutti delle vessazioni subite sotto la dittatura. Dunque nel breve periodo pare improbabile che gli islamici possano perdere le elezioni. La domanda quindi diventa: tutti i partiti islamici sono una minaccia per l’Occidente e per Israele? Molti commentatori, soprattutto da destra, ritengono di sì. Personalmente non sono in grado di dare un giudizio, perché la galassia islamista mi sembra assai variegata, andando da Erdogan a personaggi che inneggiano direttamente ad Ahmadinejad.Ma il quesito più urgente è: se pensiamo che tutti i movimenti islamici siano un pericolo, quale politica possiamo adottare come Europa, come Italia, e quale politica può scegliere Israele? Dichiariamo tutti guerra all’Islam? Io credo che, volenti o nolenti, un credito di fiducia dovremo concederlo, discernendo tra Islam e Islam. Penso che l’Europa debba giocare questa partita, cooperando e investendo in paesi impoveriti, se vuole evitare che i nuovi stati, spinti dalla paura e dall’ostilità, finiscano definitivamente nelle braccia dell’ideologia anti-occidentale, anti-israeliana e filo-iraniana.Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas http://www.moked.it
mercoledì 7 dicembre 2011
Credito di fiducia
Come ebreo, come italiano, come attivista, confesso di essere in difficoltà. Non so che cosa augurarmi e non sono in grado di stabilire cosa è giusto. Da una parte c’è un regime laico, quello siriano, che massacra i propri cittadini; dall’altra c’è una democrazia giovane, quella egiziana, in cui i partiti islamisti avrebbero stravinto le elezioni. Col risultato, per esempio, che le donne egiziane sono preoccupate per il loro destino.È possibile trovare una sintesi tra la preoccupazione per il futuro dello Stato d’Israele, la difesa dei diritti umani, l’ansia per un Mediterraneo sempre più tempestoso? Forse. O forse no. Ma occorre partire da alcuni punti fermi. Primo: non è possibile appoggiare regimi corrotti che violano i più elementari diritti umani. Valeva nel caso della Libia, vale ora nel caso della Siria, amici o nemici dell’Occidente. Gli oppositori, tuttavia, sono in questi contesti innanzitutto gli islamici, cioè i più perseguitati.Se il regime crolla questi movimenti raccolgono i frutti delle vessazioni subite sotto la dittatura. Dunque nel breve periodo pare improbabile che gli islamici possano perdere le elezioni. La domanda quindi diventa: tutti i partiti islamici sono una minaccia per l’Occidente e per Israele? Molti commentatori, soprattutto da destra, ritengono di sì. Personalmente non sono in grado di dare un giudizio, perché la galassia islamista mi sembra assai variegata, andando da Erdogan a personaggi che inneggiano direttamente ad Ahmadinejad.Ma il quesito più urgente è: se pensiamo che tutti i movimenti islamici siano un pericolo, quale politica possiamo adottare come Europa, come Italia, e quale politica può scegliere Israele? Dichiariamo tutti guerra all’Islam? Io credo che, volenti o nolenti, un credito di fiducia dovremo concederlo, discernendo tra Islam e Islam. Penso che l’Europa debba giocare questa partita, cooperando e investendo in paesi impoveriti, se vuole evitare che i nuovi stati, spinti dalla paura e dall’ostilità, finiscano definitivamente nelle braccia dell’ideologia anti-occidentale, anti-israeliana e filo-iraniana.Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas http://www.moked.it
Come ebreo, come italiano, come attivista, confesso di essere in difficoltà. Non so che cosa augurarmi e non sono in grado di stabilire cosa è giusto. Da una parte c’è un regime laico, quello siriano, che massacra i propri cittadini; dall’altra c’è una democrazia giovane, quella egiziana, in cui i partiti islamisti avrebbero stravinto le elezioni. Col risultato, per esempio, che le donne egiziane sono preoccupate per il loro destino.È possibile trovare una sintesi tra la preoccupazione per il futuro dello Stato d’Israele, la difesa dei diritti umani, l’ansia per un Mediterraneo sempre più tempestoso? Forse. O forse no. Ma occorre partire da alcuni punti fermi. Primo: non è possibile appoggiare regimi corrotti che violano i più elementari diritti umani. Valeva nel caso della Libia, vale ora nel caso della Siria, amici o nemici dell’Occidente. Gli oppositori, tuttavia, sono in questi contesti innanzitutto gli islamici, cioè i più perseguitati.Se il regime crolla questi movimenti raccolgono i frutti delle vessazioni subite sotto la dittatura. Dunque nel breve periodo pare improbabile che gli islamici possano perdere le elezioni. La domanda quindi diventa: tutti i partiti islamici sono una minaccia per l’Occidente e per Israele? Molti commentatori, soprattutto da destra, ritengono di sì. Personalmente non sono in grado di dare un giudizio, perché la galassia islamista mi sembra assai variegata, andando da Erdogan a personaggi che inneggiano direttamente ad Ahmadinejad.Ma il quesito più urgente è: se pensiamo che tutti i movimenti islamici siano un pericolo, quale politica possiamo adottare come Europa, come Italia, e quale politica può scegliere Israele? Dichiariamo tutti guerra all’Islam? Io credo che, volenti o nolenti, un credito di fiducia dovremo concederlo, discernendo tra Islam e Islam. Penso che l’Europa debba giocare questa partita, cooperando e investendo in paesi impoveriti, se vuole evitare che i nuovi stati, spinti dalla paura e dall’ostilità, finiscano definitivamente nelle braccia dell’ideologia anti-occidentale, anti-israeliana e filo-iraniana.Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas http://www.moked.it
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