lunedì 30 gennaio 2012

Combattiamo i balordi che negano i fatti,ma anche le manovre di chi nega le responsabilità

Lo Shabbat è il momento giusto per ragionare e questa settimana ho trovato di che tenere impegnata la testa. Appena terminato l'insieme di cerimonie, commemorazioni, incontri e convegni dedicati al Giorno della Memoria, siamo entrati in uno Shabbat dove credo molti ebrei italiani avranno riflettuto sugli avvenimenti e i discorsi. Per quanto mi riguarda ho tentato di fare un inventario delle idee destinate a restare e a lasciare il segno. I momenti di importante riflessione e conoscenza erano molto numerosi, credo che resteranno le parole pronunciate al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che assieme al presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e al ministro dell'Istruzione Francesco Profumo ha tenuto, sotto lo slogan “Un filo spinato non può fermare il vento”, con tantissimi studenti la cerimonia ufficiale in memoria della Shoah. Credo che resterà una nuova consapevolezza della necessità di combattere con vigore il negazionismo, una coscienza che va crescendo anche grazie all'accorato appello contenuto nel libro di Donatella Di Cesare “Se Auschwitz è nulla” (il Melangolo edizioni). Per quanto mi riguarda resterà il momento in cui, solo pochi giorni fa, circondato da centinaia di giovani giunti da tutta Italia, il rav Alberto Funaro ha lacerato con il suono del suo Shofar il cielo grigio di Auschwitz di cui il lettore trova una commovente testimonianza fotografica nella fotonotizia di Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione. Eppure, subito prima di questo Shabbat, due fatti di segno opposto hanno contrassegnato la giornata. È utile metterli a fuoco, perché credo siano destinati a lasciare, ciascuno a suo modo, un segno profondo. Il primo lo si trova nelle parole con cui il ministro Profumo ha concluso il suo intervento al Quirinale rispondendo al presidente Gattegna. Un alto rappresentante della Repubblica si è scusato esplicitamente riconoscendo senza mezzi termini le responsabilità italiane, dalle leggi razziste alla collaborazione nazifascista, che trascinarono gli ebrei nella Shoah e l'onore nazionale nel fango. Rileggiamole assieme, prendiamo buon nota del coraggio di chi le ha pronunciate: “Oggi, insieme a tutti gli insegnanti, i dirigenti scolastici, gli studenti e i genitori al di fuori di questa solenne Aula, chiedendo perdono per il male che gli italiani di allora fecero o non seppero impedire, onorando in modo particolare i nostri concittadini ebrei, che più di tutti patirono la tragedia delle persecuzioni, solennemente ci impegniamo a operare sempre più per realizzare gli obiettivi che il Giorno della Memoria ci indica”. Il secondo fatto sta stampato sulla prima pagina del quotidiano Il Giornale di venerdì. Il collega Alessandro Sallusti, che lo dirige, per rispondere alla antipatiche critiche elevate dal settimanale tedesco Der Spiegel riguardo al naufragio all'isola del Giglio, ha pensato bene di titolare “A noi Schettino, a voi Auschwitz”. Se si trattasse solo di uno sberleffo di cattivo gusto, di una mancanza di rispetto ai sentimenti delle vittime della persecuzione, di una sbadata stupidità, non ci sarebbe forse nemmeno da voltarsi indietro. Purtroppo è ben di peggio e anche in questo caso mi sembra opportuno valutare attentamente la situazione. L'operazione di Sallusti, infatti, non consiste unicamente nel maneggiare con disinvoltura a proprio comodo i simboli della Shoah, ma condotta sotto la copertura dell'idea di risvegliare l'orgoglio nazionale tenta di negare le responsabilità del fascismo e dell'Italia di allora. Questo non è il negazionismo di chi nega la realtà dei fatti, dei balordi contro i quali, come ha ricordato il collega Paolo Mieli in un recente lucidissimo intervento, rischia di essere persino troppo facile, se non controproducente, scagliarsi. Questo è il negazionismo di chi riconosce i fatti, per negarne le responsabilità. Nel nome dell'orgoglio nazionale si tenta di circoscrivere ai tedeschi in quanto tali la responsabilità della persecuzione e dello sterminio e di accreditare all'Italia di allora meriti che, come ha ricordato anche il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, purtroppo non possono essere vantati, nonostante i gesti di coraggio espressi da una ristretta minoranza di eroi. Il fine è chiaro: giocando sulle emozioni e usando un ipocrita tono di amicizia nei confronti degli ebrei, si tenta di evitare proprio il passaggio più imbarazzante: fare i conti con la propria storia. Ma questo non giustifica una campagna come quella scatenata da Sallusti e atta a negare le responsabilità italiane. E non giustifica nemmeno l'indecorosa raffigurazione di un Gianfranco Fini cui si rimprovera il capo coperto da una kippà, finito nel mirino di Libero apparso sabato mattina. Sono comportamenti che vanno denunciati e su cui sarebbe meglio ragionare. Come pure sarebbe utile ragionare sugli effetti di due importanti uscite televisive avvenute in parallelo sempre in occasione del 27 gennaio. In un'analisi apparsa su l'Unione informa di venerdì abbiamo già presentato i contenuti e la differenza di modelli fra un Porta a porta di Rai Uno (dove Bruno Vespa ha avuto ospiti i Testimoni Edith Bruck e Sami Modiano, il ministro della Cooperazione e dell’integrazione Andrea Riccardi, il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il Consigliere UCEI delegato alla Memoria Victor Magiar, lo storico Marcello Pezzetti, la filosofa Donatella Di Cesare e Roberto Olla, autore del filmato Le non persone) e un Otto e mezzo (Auschwitz e la memoria corta”) di La7 dove Lilli Gruber ha invitato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e la filosofa del linguaggio e semiotica Valentina Pisanty, autrice di “Abusi di memoria. Negare, banalizzare, sacralizzare la Shoah” (Giorgio Mondadori editore). Ci si sarebbe potuti attendere che un numero maggiore di telespettatori seguisse più facilmente il grande contenitore Rai, che per quantità di ospiti, varietà del materiale filmato e maggiore immediatezza degli argomenti trattati poteva sembrare più adatto alla sensibilità delle masse. Ci si sarebbe potuti immaginare che il lavoro della Gruber, più denso, più attento ai problemi che alle emozioni, avrebbe coinvolto solo pochi appassionati. Ma al termine di questo Shabbat, dati alla mano, abbiamo imparato qualcosa di nuovo. Porta a porta ha avuto un milione 181 mila spettatori. Otto e mezzo, che pure va in onda nella fascia oraria in cui la concorrenza fra le reti è più intensa, 1.426.272. La trasmissione ha aperto il dibattito sulle mistificazioni e i rischi di una religione della morte che minaccia di inquinare la religione di vita tramandata dagli ebrei di generazione in generazione, raggiungendo, mentre il rav Di Segni e la professoressa Pisanty denunciavano precisamente questi pericoli, 1.849.102 spettatori e ha raccolto complessivamente quasi 3,6 milioni di contatti. A quanto pare agli italiani non dispiace ragionare. E il nobile messaggio del ministro Profumo è un segno di conferma. Non resta che sperare che anche il collega Sallusti ne possa prendere atto al più presto possibile.Guido Vitale
http://www.moked.it/

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