lunedì 23 gennaio 2012


Italiani, brava gente?
“Italiani ancora brava gente? Pregiudizio e antisemitismo nell’Italia di oggi”: questo il titolo un po’ provocatorio del convegno ideato e organizzato dall’associazione culturale Anavim, (gruppo nato in seno alla Comunità di Torino nel 2010), presieduta da David Sorani, che si è svolto ieri pomeriggio nelle sale del Museo di Scienze Naturali di Torino.Il dibattito, sempre e ancora spiacevolmente attuale, ha avuto inizio a partire dall’analisi di un dato sconcertante, emerso della recente Indagine Conoscitiva Parlamentare sull’Antisemitismo, che vede il 44 per cento degli italiani esprimersi in termini assai critici nei confronti degli ebrei. Le domande da porsi sono molteplici: come va letto e interpretato questo dato? Cosa c’è alla base del nuovo antisemitismo? È giusto parlare di “rancore sociale”? Questi e molti altri interrogativi hanno dato il via agli interventi dei relatori e dello stesso pubblico.Nella prima parte del convegno, moderata da Sorani, si è cercato di svolgere un’analisi e valutazione sociologica-psicologica del tema: Betty Guetta, della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, Dario Padovan, professore di Lettere e Filosofia presso l’Università di Torino e Marcella Ravenna, psicologa sociale dell'Università di Ferrara, attraverso la presentazione delle loro ricerche e dei risultati da esse ottenuti, hanno permesso di leggere in maniera critica quel 44 per cento: un dato aggregato e quindi una semplificazione dello stato attuale dell’antisemitismo. Una vera e propria ideologia antisemita si ritrova in alcune frange dell’estrema destra e dell’estrema sinistra italiana, che assieme costituiscono circa il 12 per cento della popolazione.Qual è la priorità causale del pregiudizio antiebraico? È la mancanza di una conoscenza diretta sugli ebrei, da cui deriva un’immagine fortemente stereotipata e astratta.Il pregiudizio antiebraico non è un fenomeno sociale statico o monolitico: si distinguono varie tipologie di pregiudizio: quello definito “classico”, quello “moderno” e quello “contingente”. Quest’ultimo risulta essere il più rilevante per l’indagine attuale: si assiste alla polarizzazione della figura dell’ebreo attorno a due tematiche: la memoria della Shoah e il conflitto Arabo-Israeliano.Un altro dato allarmante è legato al fatto che il 65 per cento delle persone che si dichiarano antisemite, si definiscono anche anti-islamiche: si tratta di una confusione a livello del pregiudizio stesso, che trasla da un target all’altro. Invece solo il 20 per cento degli anti-islamici è anche antisemita. È il caso di parlare di “traslatività del pregiudizio”?
Nella seconda sessione, moderata dallo storico Claudio Vercelli, si è compiuta un’analisi di tipo storico-politico e si è cercato di capire come “combattere” un sentimento irrazionale come l’odio verso il diverso, in particolare l’odio verso gli ebrei.L'antisemitismo, secondo rav Alfonso Arbib, rabbino capo della Comunità ebraica di Milano, contiene qualcosa che sfugge al razionale, perciò è illusorio combattere qualcosa di irrazionale con la razionalità. Un modo per fronteggiare e combattere l'antisemitismo è esserci, continuare a esserci, vivere da ebrei e farsi conoscere in quanto tali.Marco Brunazzi, professore di Scienze Politiche e direttore dell'Istituto di studi storici "Gaetano Salvemini" di Torino, definisce paradigmatico il pregiudizio antiebraico, per via della capacità mimetica che ha avuto nei secoli (se non nei millenni). I fenomeni contingenti da tenere in considerazione sono il rancore sociale, la crisi economica e la globalizzazione che comporta inevitabilmente una crisi dell’identità, individuale o collettiva che sia.L’antisemitismo in Italia, esplicitato dalle leggi razziste e dall’atteggiamento che ne è conseguito, è stato “superato” attraverso la strategia dell’oblio e non della memoria, in modo tale da non attribuire direttamente alcuna responsabilità agli italiani stessi.Brunazzi solleva un’altra questione importante: come avviene la formazione del pregiudizio oggi? Quali sono i canali di trasmissione oltre al web?Segue l’intervento di Gian Enrico Rusconi, professore di Scienze Politiche presso l'Università di Torino, che propone di prendere in considerazione non tanto il 44 per cento, ma di soffermarsi sul restante 56 per cento e di instaurare un dialogo: è fondamentale sviluppare un rapporto conoscitivo che vada al di là delle tematiche Shoah-Stato d’Israele, che producono una “claustrofobia delle polarità”.Se l’antisemitismo è una razionalizzazione dell’odio, ma l’odio è di per sé irrazionale, non dovremmo chiederci da dove ha origine? Deriva dalla paura, la paura dello sconosciuto. Per combattere l’odio è necessario fugare la paura e questo è possibile solamente attraverso una profonda e critica conoscenza.Il dibattito tra relatori e pubblico ha lasciato aperte molte questioni e ha fatto emergere elementi nuovi su cui varrebbe la pena continuare a ragionare: è necessaria la comunicazione con l’esterno. L’impegno comune sarà di proseguire il dibattito, organizzando altri incontri.Alice Fubini, http://www.moked.it



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