Sono complicati e profondi i legami fra Stati Uniti e Israele, definito da alcuni "il 51esimo stato americano". Ma Obama si è rivelato finora il presidente più ostile al piccolo avamposto ebraico. Secondo Newsweek, Israele avrebbe smesso di condividere con Washington informazioni sensibili sull'Iran da almeno un anno. Adesso arriva la richiesta di Obama di tagliare i contributi alla difesa israeliana. Lunga è la lista degli scontri, a cominciare dalla guerra fomentata da Obama contro le case israeliane costruite oltre la linea del 1967. C'è stato il fuorionda al G20 di Cannes. Sarkozy a Obama: Netanyahu? "Non posso vederlo". E Obama: "Devo trattare con lui ogni giorno". Tutto può cambiare in un attimo, Obama ha bisogno dei voti ebraici per essere rieletto, lo vedremo indossare sgargianti kippah, tenere eloquenti discorsi sui legami fra Israele e Stati Uniti e forse sposare cinicamente una linea più pro Israele. Ma non c'è mai stato tanto gelo fra la Casa Bianca e Gerusalemme come in questi anni. Il problema è che Obama, che da presidente si è ben guardato dal visitare Gerusalemme, è ideologicamente ostile alla narrativa d'Israele, al suo assedio esistenziale e al suo valore di avamposto occidentale dentro al dar-al-islam. Un giorno qualcuno decifrerà l'influenza che hanno avuto su Obama l'accademico pro-Intifada Rashid Khalidi e il suo mentore Edward Said, il reverendo antisemita Jeremiah Wright, l'anarchico antiamericano Bill Ayers, i consiglieri antisraeliani Merrill McPeak e Zbigniew Brzezinski. Il celebre articolo sul Wall Street Journal di Norman Podhoretz, scritto due anni fa, si è rivelato corretto.© - FOGLIO QUOTIDIANO di Giulio Meotti
mercoledì 15 febbraio 2012
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