sabato 18 febbraio 2012



Quando a Piazza Erbe c’era il ghetto

“Case popolari che si elevavano fino al quarto piano, palazzi signorili, sinagoghe, stretti vicoli, cortiletti, scale esterne, cunicoli e passaggi che univano vie e spiazzi, portici, botteghe, balconi con ringhiere di ferro battuto, colonnine di marmo e capitelli”. È questa pittoresca fotografia ad introdurci alla scoperta di un luogo che non c’è più, il ghetto di Mantova, l’area in cui gli ebrei della città virgiliana – per 200 anni seconda comunità d’Italia dopo Venezia – furono costretti a vivere per tre secoli. Le nostre guide in questo viaggio pieno di spunti, che parte dalle origini del domicilio coatto ebraico e arriva fino agli ultimi lavori di “sventramento” edilizio effettuati nei recenti anni Sessanta, sono Emanuele Colorni e Mauro Patuzzi, autori a quattro mani del volume C’era una volta il ghetto – Storia, immagini e guida di Mantova ebraica edito da Di Pellegrini. Un’opera godibile e fresca in cui, ad un campionario di immagini d’epoca (specie dei primi anni del Novecento, quando molte tracce del quartiere erano ancora in piedi), a documenti e mappe recuperate dopo lunghe ricerche negli archivi, si affianca un resoconto ricco di aneddoti della vicende che portarono alla costruzione, allo sviluppo e alla progressiva distruzione urbanistic. “Si iniziò alla fine dell’Ottocento con la constatazione da parte delle amministrazioni comunali delle precarie condizioni statiche ed igieniche della zona. Da allora e fino alla metà del secolo scorso – spiegano gli autori – si procedette di conseguenza a risanare interi isolati abbattendo i vecchi caseggiati esistenti e costruendo al loro posto nuovi immobili. Questi ultimi vennero però progettati senza tener conto dell’originaria fisionomia morfologica e culturale del quartiere in cui sorgevano modificando così in modo irreversibile intere aree”. Oggi del ghetto resta quindi un ricordo remoto, alla portata soltanto di occhi attenti e consapevoli. Un’idea, anche se evidentemente parziale, la si può ad esempio avere passeggiando in via Governolo oppure in via Umberto Norsa oppure ancora in piazza Sermide. Qua e là si possono ammirare porte‐ finestra dalla ringhiera in ferro battuto di derivazione sefardita‐spagnola, piccoli balconi, case a più piani, portali marmorei, cortiletti. Tante tracce, tanti piccoli e grandi indizi di un passato oggi sepolto non solo nelle fondamenta ma spesso anche nella memoria. “Mancava finora a Mantova – afferma Patuzzi – un libro che riguardasse non tanto la Comunità ebraica nei suoi aspetti religiosi e culturali quanto un qualcosa che descrivesse il contesto in cui si trovò lungamente a vivere. Si trattava di cucire assieme più tasselli. È stato un lavoro intenso ed entusiasmante”. L’idea di realizzare quest’opera nasce sulla scia delle passeggiate frequentemente organizzate dalla Comunità ebraica, con notevole successo di pubblico lungo l’itinerario della Mantova ebraica di un tempo. Tour che partono da piazza Erbe, di fianco alla rotonda di San Lorenzo, nel luogo dove si trovava uno dei portoni principali del ghetto e arrivano alla splendida sinagoga Norsa di via Govi, un autentico gioiello dell’architettura ebraica italiana, ricostruendo strade, palazzi e situazioni dal sapore antico. “Il ghetto non esiste più – sottolinea Colorni, già autore di numerose opere dedicata all’ebraismo mantovano – però oggi è comunque possibile tentare di ricostruirlo virtualmente con le parole e con una documentazione appropriata. Far rivivere la storia della comunità, per secoli attiva nel territorio e nel tessuto sociale cittadino, è una sfida importante per vari motivi. Innanzitutto per mostrare la complessità di una realtà vivace che ebbe varie anime. Pensatori e commercianti, ma anche osti, locandieri e quant’altro si possa immaginare. È un compito pressante soprattutto nel racconto alle nuove generazioni. Ai giovani abbiamo infatti il dovere di mostrare un’immagine né pietrificata né stereotipata dell’ebraismo. Solo così facendo potremo vincere il pregiudizio che in alcune sacche ancora resiste”. Il libro, in distribuzione da alcune settimane, è già alla seconda ristampa. Molti, racconta Colorni, nello sfogliarne le pagine e nell’osservare le fotografie pubblicate ritrovano un quid della loro gioventù: “Guarda qua, mi dicono commossi, guarda quella foto. È il cortile che attraversavo tutti i giorni per andare a trovare un amico, la piazza in cui giocavo a pallone, il vicolo in cui facevamo la posta alle ragazze”. Pagine indelebili dei ricordi dell’anima. Pagine del ghetto.

Italia ebraica, febbraio 2012

Nessun commento: