mercoledì 1 febbraio 2012


Spesso l’Occidente sembra operare un’azione di imperialismo simbolico, riducendo la simbolica di altre civiltà al proprio sistema valoriale. È ciò che, ad esempio, la cultura cristiana ha fatto con la Torah e che assume dimensioni ancor più evidenti nel confronto con culture al di fuori del recinto occidentale, come ben ci insegnano gli antropologi. Un pregiudizio che può avere conseguenze non minori anche sul piano politico, rischiando di fraintendere il significato di determinate azioni. Mi pare sia ciò che è successo con tutte le rivoluzioni (se il termine è corretto) osservate in questi anni: da quella arancione in Ucraina, a quella dei cedri in Libano, fino a quelle arabe dell’ultimo anno. In tutti questi casi si è sprecata la retorica occidentale della libertà, dando per scontato che il fine di tutte queste sommosse fosse l’affermazione dei diritti individuali. Si dice che W. Bush avesse sul comodino il celebre libro di Nathan Sharansky, Il vantaggio della democrazia, dal quale estraeva la tesi che il fine dell’uomo in quanto tale fosse la libertà. Bastava dunque togliere di mezzo il dittatore e tutti i popoli si sarebbero adeguati a questo ideale superiore. Le cose sono poi andate un po’ diversamente. Forse erano ben altre le sfide che avremmo dovuto affrontare dopo l’11 settembre. E sono ancora lì che aspettano.Davide Assael,ricercatore, http://moked.it/

Nessun commento: