venerdì 30 marzo 2012

Chi vuole la fine di Israele?

Ci risiamo. Prima, fu la variegata "Flottiglia della Libertà" che tentò di entrare via mare nella Gaza controllata da Hamas. Ora c'è la "Marcia Mondiale su Gerusalemme" (GMJ), prevista per oggi. O per mare, o per terra, gli obiettivi sono gli stessi: provocare scontri con Israele, dare una cattiva reputazione a Israele nel mondo mediatico e perseguire una strategia per delegittimare il diritto stesso di esistere di Israele. Per chiunque voglia andare a fondo e capire il loro linguaggio e simbolismo, gli organizzatori della GMJ sono abbastanza trasparenti circa le loro prospettive e i loro obiettivi.Quando parlano nel loro manifesto di liberare la "Palestina", non intendono solo la Cisgiordania e Gaza, ma Israele stesso. Quando mostrano il loro logo, Israele è davvero circondato e avvolto dal movimento. Quando parlano di «difesa di Gerusalemme e la sua liberazione», intendono l'intera città, che sia stata parte di Israele prima del 1967 o meno. Quando parlano di «territori occupati» non intendono quelli successivamente alla guerra del 1967, quando Israele fu minacciata di essere annientata e ne uscì vittoriosa, ma dal 1948, quando Israele fu istituita.Quando parlano di «tutela dei luoghi sacri», intendono i luoghi sacri musulmani, non quelli ebrei, perché non riconoscono affatto il millenario collegamento della città con il popolo ebraico. Per quanto riguarda i siti cristiani, io non ci scommetterei, a prescindere dalla retorica. Quando affermano che Israele cerca di «distruggere la presenza cristiana e musulmana» in Gerusalemme, stanno cercando di capovolgere la verità, perché mai come oggi tutti i siti religiosi sono protetti.Quando richiamano il termine «pulizia etnica» per descrivere la «campagna sionistica» in «Gerusalemme e nel resto della Palestina», ignorano in modo palese le cifre demografiche, che mostrano forti aumenti della popolazione araba sin dal 1967 in Gerusalemme, nella Cisgiordania e in quello che loro chiamano «il resto della Palestina».Quando parlano di "apartheid" stanno evocando una situazione che non esiste, come chiunque capisca il significato specifico del termine coniato nel Sud Africa governato dai bianchi, compreso addirittura il giudice Richard Goldstone nel suo editoriale del New York Times, prontamente afferra. E quando parlano dei «diritti non negoziabili e inalienabili del popolo palestinese, comprese le loro famiglie, per ritornare nelle loro case e nelle loro terre...», intendono inondare Israele con milioni di Palestinesi e quattro generazioni di figliolanza, semplicemente ponendo fine ad Israele come stato.Basta guardare alcuni di coloro che approvano la GMJ. Ricordate il Reverendo Jeremiah Wright?Lo stesso Jeremiah Wright che inveisce contro l'America, disprezza Israele e sembra non avere molte cose buone da dire sugli ebrei. Egli è membro del Comitato Consultivo del GMJ (la Marcia Globale su Gerusalemme). Così come George Galloway. Si, lo stesso George Galloway che fu espulso dal Partito Laburista britannico, che aveva legami piuttosto stretti con l'Iraq di Saddam Hussein ed è considerato un amico da alcuni "pacifici" gruppi come Hezbollah ed Hamas.C'è Hilarion Capucci della Chiesa Greco-Melchita, che è stato arrestato nel 1974 per contrabbando di armi per l'Esercito della Liberazione della Palestina e condannato da Israele a 12 anni di carcere. C'è Greta Duisenberg, la donna olandese che notoriamente disse in televisione, nel 2005, che «capiva» gli attentatori suicidi palestinesi, responsabili per l'uccisione di tanti israeliani.C'è Judith Butler, un membro della facoltà di Berkeley e dichiarata anti-sionista. Lei respinge l'idea stessa di Israele, credendo invece in un lieto fine di stato "binazionale", e sostiene il movimento BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) contro Israele. E c'è Richard Falk, un relatore ufficiale delle Nazioni Unite, meglio conosciuto per la sua affermazione che l'11 Settembre è da considerare un affare interno americano. Le sue opinioni circa Israele, sulle quali c'è molto materiale cartaceo, non sono più convincenti.La lista continua, ma il punto ormai dovrebbe essere chiaro circa la mentalità del GMJ. Per coloro che veramente ci credono e che sono promotori di questa iniziativa, a cui si sono uniti alcuni ingenui seguaci che non si rendono conto di essere solo manipolati, il punto centrale non è la pace, ne la coesistenza e nemmeno i diritti umani. Dopo tutto se la promozione della pace, della convivenza e dei diritti umani fossero veramente l'obiettivo, avrebbero potuto, tanto per cominciare, prendere in considerazione alcune altre marce in quella zona.Per esempio c'è una "carovana" proveniente dall'Asia che sta andando al GMJ. Stanno viaggiando via terra, attraverso l'Iran dove, secondo il sito, i 120 partecipanti stanno incontrando «importanti personalità iraniane». Una delegazione iraniana di «artisti, poeti, studenti e attivisti, così come alcuni membri del Parlamento, si uniranno successivamente alla carovana». Ecco, questo è interessante. Non una parola, per esempio, sul come affrontare il problema dei diritti umani in Iran, sebbene la Nazione soffra parecchio della loro mancanza.Inoltre, se gli iraniani si stanno aggiungendo alla" carovana", che cosa vuol dire il coinvolgimento di Teheran nella GMJ? Dopo tutto, in un paese strettamente controllato come l'Iran, carovane politicamente motivate non arrivano, non si incontrano e non partono per puro caso. Né i gruppi locali si uniscono spontaneamente alle file senza il via libera da parte della leadership politica - una leadership che cerca un mondo senza Israele. Quindi nelle spirito della verità nella pubblicità, la GMJ dovrebbe semplificare quanto dichiarato come propria missione riducendolo a: «Con le buone o con le cattive, noi siamo un movimento creato per smantellare Israele. Non abbiamo alcun interesse in un accordo bilaterale tra Israeliani e Palestinesi. Accogliamo assolutamente chiunque condivida il nostro unico obiettivo. Non ce ne importa nulla di ciò che accade in qualsiasi altro paese della regione, siano essi assassini di stato sponsorizzati, repressioni, torture, persecuzioni religiose o discriminazioni sessuali. Dopo tutto, se non si tratta di Israele, non ci riguarda».di David Harris, http://www.opinione.it/, 30 mar 2012

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