Il panorama cinematografico israeliano sta cambiando. La concentrazione delle reti di distribuzione nelle mani di poche società molto potenti che privilegiano il cinema commerciale, in particolare quello americano, ha finora reso particolarmente difficile ai film israeliani raggiungere il grande schermo. Sono una trentina i lungometraggi prodotti annualmente in Israele e di questi solo una dozzina possono contare sulla tradizionale rete distributiva. Grazie alla nuova Cineteca di Tel Aviv, il cinema israeliano, soprattutto quello indipendente ha finalmente trovato una via d’uscita. Quarantanni anni dopo la sua creazione (1973), la Cineteca di Tel Aviv ha inaugurato la nuova sede, triplicando lo spazio a disposizione, che le permetterà di diventare un vero e proprio bastione del cinema nazionale. La Cineteca sarà dotata di una biblioteca, una videoteca e di cinque sale di proiezione, due delle quali saranno dedicate ai film che normalmente hanno meno spazio, mentre una sarà ad uso esclusivo dei film israeliani. La Cineteca si avvicina così al modello di una istituzione del calibro del British Film Institute. L’intento è quello di rispondere alle esigenze dei cinefili locali con la programmazione dei classici del cinema mondiale (che in Israele lascia a desiderare da qualche anno a questa parte), ricoprendo un ruolo decisivo nell’evoluzione del cinema israeliano. La Cineteca di Tel Aviv, che pubblica anche una rivista cinematografica, ha largamente contribuito allo sviluppo di molti festival internazionali come il Dovavi (per documentari), il festival del film LGBT e il festival del film per ragazzi. L’istituto ha un ruolo importante anche dal punto di vista politico. Il suo direttore, Alon Garbuz, ne parla come un luogo in cui si difende la democrazia e la libertà d’espressione. In passato ha ospitato un cine-club militante che ha programmato molti film politici, tra cui alcuni palestinesi. Questa tradizione continuerà in futuro, garantendo la pluralità di opinioni. Rappresenta inoltre una possibilità per tutti i giovani registi indipendenti portando alla luce quei generi sommersi come l’horror (Rabies di Navot Papushado e Aharon Keshales, molto apprezzato al Ravenna Film Festival Nightmare) al fine di svecchiare e dinamizzare i metodi di produzione, le strutture economiche e persino gli approcci stilistici dominanti. Alcuni di essi raggiungono rapidamente il successo, come la commedia lesbica Joe + Belle della giovanissima Veronica Kedar, una variazione riuscita di Thelma e Luoise, che è rimasta in sala per quasi tre mesi prima di essere selezionata al Festival Tribeca di New York.http://www.ownnews.it/
mercoledì 28 marzo 2012
Cineteca di Tel-Aviv, una speranza per il cinema israeliano
Il panorama cinematografico israeliano sta cambiando. La concentrazione delle reti di distribuzione nelle mani di poche società molto potenti che privilegiano il cinema commerciale, in particolare quello americano, ha finora reso particolarmente difficile ai film israeliani raggiungere il grande schermo. Sono una trentina i lungometraggi prodotti annualmente in Israele e di questi solo una dozzina possono contare sulla tradizionale rete distributiva. Grazie alla nuova Cineteca di Tel Aviv, il cinema israeliano, soprattutto quello indipendente ha finalmente trovato una via d’uscita. Quarantanni anni dopo la sua creazione (1973), la Cineteca di Tel Aviv ha inaugurato la nuova sede, triplicando lo spazio a disposizione, che le permetterà di diventare un vero e proprio bastione del cinema nazionale. La Cineteca sarà dotata di una biblioteca, una videoteca e di cinque sale di proiezione, due delle quali saranno dedicate ai film che normalmente hanno meno spazio, mentre una sarà ad uso esclusivo dei film israeliani. La Cineteca si avvicina così al modello di una istituzione del calibro del British Film Institute. L’intento è quello di rispondere alle esigenze dei cinefili locali con la programmazione dei classici del cinema mondiale (che in Israele lascia a desiderare da qualche anno a questa parte), ricoprendo un ruolo decisivo nell’evoluzione del cinema israeliano. La Cineteca di Tel Aviv, che pubblica anche una rivista cinematografica, ha largamente contribuito allo sviluppo di molti festival internazionali come il Dovavi (per documentari), il festival del film LGBT e il festival del film per ragazzi. L’istituto ha un ruolo importante anche dal punto di vista politico. Il suo direttore, Alon Garbuz, ne parla come un luogo in cui si difende la democrazia e la libertà d’espressione. In passato ha ospitato un cine-club militante che ha programmato molti film politici, tra cui alcuni palestinesi. Questa tradizione continuerà in futuro, garantendo la pluralità di opinioni. Rappresenta inoltre una possibilità per tutti i giovani registi indipendenti portando alla luce quei generi sommersi come l’horror (Rabies di Navot Papushado e Aharon Keshales, molto apprezzato al Ravenna Film Festival Nightmare) al fine di svecchiare e dinamizzare i metodi di produzione, le strutture economiche e persino gli approcci stilistici dominanti. Alcuni di essi raggiungono rapidamente il successo, come la commedia lesbica Joe + Belle della giovanissima Veronica Kedar, una variazione riuscita di Thelma e Luoise, che è rimasta in sala per quasi tre mesi prima di essere selezionata al Festival Tribeca di New York.http://www.ownnews.it/
Il panorama cinematografico israeliano sta cambiando. La concentrazione delle reti di distribuzione nelle mani di poche società molto potenti che privilegiano il cinema commerciale, in particolare quello americano, ha finora reso particolarmente difficile ai film israeliani raggiungere il grande schermo. Sono una trentina i lungometraggi prodotti annualmente in Israele e di questi solo una dozzina possono contare sulla tradizionale rete distributiva. Grazie alla nuova Cineteca di Tel Aviv, il cinema israeliano, soprattutto quello indipendente ha finalmente trovato una via d’uscita. Quarantanni anni dopo la sua creazione (1973), la Cineteca di Tel Aviv ha inaugurato la nuova sede, triplicando lo spazio a disposizione, che le permetterà di diventare un vero e proprio bastione del cinema nazionale. La Cineteca sarà dotata di una biblioteca, una videoteca e di cinque sale di proiezione, due delle quali saranno dedicate ai film che normalmente hanno meno spazio, mentre una sarà ad uso esclusivo dei film israeliani. La Cineteca si avvicina così al modello di una istituzione del calibro del British Film Institute. L’intento è quello di rispondere alle esigenze dei cinefili locali con la programmazione dei classici del cinema mondiale (che in Israele lascia a desiderare da qualche anno a questa parte), ricoprendo un ruolo decisivo nell’evoluzione del cinema israeliano. La Cineteca di Tel Aviv, che pubblica anche una rivista cinematografica, ha largamente contribuito allo sviluppo di molti festival internazionali come il Dovavi (per documentari), il festival del film LGBT e il festival del film per ragazzi. L’istituto ha un ruolo importante anche dal punto di vista politico. Il suo direttore, Alon Garbuz, ne parla come un luogo in cui si difende la democrazia e la libertà d’espressione. In passato ha ospitato un cine-club militante che ha programmato molti film politici, tra cui alcuni palestinesi. Questa tradizione continuerà in futuro, garantendo la pluralità di opinioni. Rappresenta inoltre una possibilità per tutti i giovani registi indipendenti portando alla luce quei generi sommersi come l’horror (Rabies di Navot Papushado e Aharon Keshales, molto apprezzato al Ravenna Film Festival Nightmare) al fine di svecchiare e dinamizzare i metodi di produzione, le strutture economiche e persino gli approcci stilistici dominanti. Alcuni di essi raggiungono rapidamente il successo, come la commedia lesbica Joe + Belle della giovanissima Veronica Kedar, una variazione riuscita di Thelma e Luoise, che è rimasta in sala per quasi tre mesi prima di essere selezionata al Festival Tribeca di New York.http://www.ownnews.it/
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