sabato 17 marzo 2012

I medici Ebrei

L’emigrazione dall’Europa Centrale verso gli Stati Uniti: I medici e la loro lotta per il riconoscimento del proprio ruolo.

Nella valutazione complessiva dell’esodo degli Ebrei dall’Europa Centrale verso gli Stati Uniti, esaminare quanto avvenne a coloro che esercitavano la professione medica, può fornire valide indicazioni sulle difficoltà patite da quanti lottarono per il riconoscimento delle proprie competenze professionali.Negli anni compresi tra il ’33 ed il ‘’41, giunsero negli USA circa 240.000 Ebrei.Di questi, solo una minoranza trovò rapido impiego o immediato riconoscimento delle proprie capacità come ad esempio per l’importante comunità di scienziati composta da fisici, chimici, matematici.(vedi Scienziati Ebrei in fuga dal nazismo) Per la grande maggioranza dei rifugiati, l’inserimento e l’inizio di una nuova vita, venne segnato da difficoltà severe e spesse volte da umiliazioni determinate sia da situazioni economiche contingenti (erano gli anni immediatamente successivi alla grande crisi del ’29), sia da sentimenti di più o meno dichiarata ostilità verso gli Ebrei.Tra quanti arrivarono fuggendo dall’Europa nazista, il gruppo che meglio riuscì a difendere la professionalità e lo Status raggiunto, fu quello dei medici.Infatti circa il 60% di quanti avevano il titolo di medico (per l’esattezza 3097) riuscì a vedere riconosciuto il proprio ruolo ottenendo una nuova licenza che li autorizzava ad esercitare la professionein 15 diversi stati della confederazione. La carriera medica rappresentava per quanti appartenevano alla comunità ebraica centro europea una delle professionalità più ambite. Questo era dovuto a diversi fattori che vanno dalla loro appartenenza ad un ceto medio borghese, alla consuetudine agli studi, agli ostacoli sociali che precludevano altre possibili carriere.Nel Gennaio 1933, considerando l’intera popolazione Ebrea presente in Germania, si poteva osservare che benché questi fossero pari a solo un 1% di tutti i tedeschi offrivano circa il 16% del totale di 51007 medici presenti nel territorio. Analogamente in Austria, una comunità di 186.000 Ebrei, principalmente concentrati a Vienna, accoglieva circa 2000 medici.Il numero complessivo di medici di origine ebraica presenti in Europa era pari a quasi 15000 professionisti, di cui più della metà vivevano nell’Europa centrale. Nello stesso periodo negli Stati Uniti veniva prodotto un notevole sforzo inteso ad adottare i metodi di insegnamento e formazione in campo medico da tempo consolidati in Europa. Questo, tra le altre cose,significava consolidare un sistema di educazione assai oneroso per i futuri medici in cui era previsto il proseguimento degli studi per altri 10 anni dopo aver terminato la“High School”. Ben presto il controllo dell’ammissione alle scuole mediche di specializzazione divenne uno strumento di potere sociale che venne assunto dai“white Anglo–Saxon Protestants”, indicati più brevemente come WASPs, che esercitarono una rigida azione di contenimento contro Ebrei, Italiani e Negri. Questa condizione di contrasto venne rafforzata dall’arrivo dei primi medici esuli a partire dal 1930. Per sfuggire a questa situazione di discriminazione, numerosi Ebrei ed Italiani nati negli USA, vennero in Europa per completare gli studi. Negli anni a cavallo tra il ’30 ed il ’36 si ebbero così più di 9000 cittadini americani che cercarono di completare le propria formazione in Inghilterra, Scozia, Germania e Italia. La risposta immediata del sistema medico americano si concretizzò in una progressiva azione di svalutazione delle credenziali dei medici di formazione estera.Da una valutazione, che a partire dagli anni venti aveva considerato i medici tedeschi ed austriaci come professionisti di assoluto riferimento, si giunse così ad una condizione estrema in cui le lauree conseguite in Europa vennero ritenute di secondo livello.Il risultato finale di questo processo di screditamento fu che nel 1940 solo 15 Stati Americani continuarono a considerare adeguate le credenziali dei medici con laurea estera al fine di sostenere un esame di abilitazione. La valutazione sulla conformità delle domande di ammissione per il riconoscimento della licenza che consentiva la professione medica venne affidata a 48 comitati soprannazionali (Licensing Board), costituiti generalmente da burocrati e funzionari in “buoni rapporti” con i singoli governatori. Per ostacolare l’inserimento dei medici rifugiati, molti comitati presero a richiedere la cittadinanza americana, ottenibile solo dopo 5 anni dall’arrivo degli immigrati,quale requisito essenziale per il riconoscimento della nuova licenza. Fortunatamente la situazione politica variava da stato a stato e così aumentavano le possibilità di inserimento dei rifugiati. Inoltre il numero di medici esuli dalla Germania rimase modesto fino 25 Giugno 1938, quando le leggi razziali revocarono loro il diritto di professare il proprio lavoro. La maggioranza degli immigrati trovò rifugio in 4 stati: California, Illinois, Ohio e New York. In questi stai non venne mai richiesta la cittadinanza americana come condizione per lo svolgimento della professione medica ed inoltre la presenza di comunità ebraiche locali e talvolta di funzionari“illuminati”, rese il loro inserimento relativamente più semplice. In alcuni casi, come per esempio in California ed in Texas, fu paradossalmente un atteggiamento razzista che favorì l’inserimento di questi professionisti. Infatti in questi sati vivevano comunità di profughi orientali e messicani che non venivano presi in cura dai medici “regolari” e quindi le autorità locali furono liete di destinare a questa funzione i medici di formazione europea.Lo stato che raccolse il maggior numero di rifugiati, circa i 2/3, fu lo stato di New York.New York City e specialmente Manhattan hanno rappresentato da sempre la patria di tutte le minoranze etniche che non volevano o non potevano trovare rapida assimilazione nel resto della nazione. Per questi immigrati, poter contare su medici in grado di capire e parlare la loro lingua fu una notevole risorsa che venne gelosamente custodita. In questa città non venne mai dato credito alla opinione che riteneva i medici formatesi in Europa negli anni precedenti la II Guerra Mondiale, dotati di minori capacità e conoscenze. Notevole inoltre fu l’appoggio assicurato dalle autorità competenti per favorire un inserimento dei medici stranieri meno problematico.A tale proposito basti ricordare che in questo stato, a differenza di quanto avvenne altrove, non venne mai richiesto come requisito per l’esame di ammissione alla professione medica, un anno di tirocinio in unità mediche americane. Questa pratica, che consisteva in un anno di lavoro senza alcuna retribuzione, per coloro che dovettero sostenerla, fu una prova economicamente e moralmente durissima. Fu possibile sostenerla infatti, solo grazie all’aiuto di mogli coraggiose e pazienti che mantennero la famiglia svolgendo lavori umili e pesanti e ricorrendo allo svolgimento di secondi lavori come lavapiatti o garzoni nelle tavole calde nelle ore libere dallo studio. Se questa difficoltà aggiuntiva era risparmiata a chi tentava “fortuna” a New York City, rimaneva da superare l’ostacolo rappresentato da un esame che doveva certificare una adeguata conoscenza dell’inglese scritto e orale e le competenze mediche acquisite, esposte sempre in lingua inglese,mediante una prova che durava complessivamente 4 giorni.Quindi il conseguimento della licenza di abilitazione fu testimonianza del coraggio e della perseveranza di tutti rifugiati. Questa considerazione è tanto più vera se tiene conto che la maggioranza di loro non era più giovanissima ma con età media intorno ai 40 anni. I due medici più anziani, entrambi Viennesi, che sostennero l’esame di abilitazione, superarono l’esame quando già ottantenni!Come bilancio finale di questa migrazione per molti versi avventurosa ed eroica, possiamo riconoscere che in definitiva gli Stati che diedero asilo ai medici rifugiati ottennero probabilmente molto di più di quanto non concessero. Questi medici rappresentarono infatti un grande esempio di moralità e serietà professionale con un incredibile attaccamento alla pratica medica. La cessazione della attività per molti di loro fu determinata solo dalla morte o dalla incapacità fisica sopraggiunta con l’età avanzata.Il coraggio di questi uomini, la loro tenacia, l’aiuto disinteressato offerto da alcuni funzionari, che pur appartenendo al sistema di potere, cercarono di difendere chi si trovava in condizioni così precarie e difficili, riuscì a vincere il più delle volte l’ostilità del sistema medico americano.Un sistema che mantenendo un atteggiamento di egoistica chiusura tentò vanamente di ostacolare la scienza e la solidarietà umana.

Un ringraziamento alla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea; C.D.E.C. di Milano per la cortese disponibilità a fornire materiale di ricerca. Il testo di riferimento è “Relicensing Central European Refugee Physicians in the United States, 1933-1945″ di Eric D. Kohler, in “SimonWiesenthal Center Annual”, vol.3, anno 1986 Ulteriori informazioni sono tratte da: Storia degli Ebrei Italiani sotto il Fascismo, Renzo De Felice, Editore Einaudi

http://guide.supereva.it


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