Ora, dopo quello che è accaduto, con la drammatica consapevolezza a posteriori degli avvenimenti, il “très grand rabbin de France” ha confermato, salendo con il cuore in frantumi all'Eliseo mano nella mano assieme ai leader della Francia musulmana e intimando ai politici di astenersi da qualunque speculazione elettorale, che né le violenze, né gli interessi di comodo potranno imporci la rinuncia agli elementi vivi della nostra umanità e del nostro ebraismo.gv
Il testo dell’intervista di Jean Pierre Elkabbach al gran rabbino di Francia Gilles Bernheim
JPE: Benvenuto Gilles Bernheim, grazie di essere venuto, buongiorno.GB: Buongiorno.JPE: Lei ha fatto un appello a non votare per Marine Le Pen. Se mi permette: di che s’immischia il Gran Rabbino di Francia?GB: Si immischia dei valori della Francia. Mi interesso a quello che sta succedendo quest’anno, ossia un anno elettorale, le scelte di una società, dei suoi valori, valori cui sono molto attaccato come molti dei miei connazionali ed è l’occasione di ricordarli nel mio libro.
JPE: Perché, Marine Le Pen rappresenta una minaccia? GB: Sì, è una minaccia nel momento in cui riduce degli uomini o delle donne a delle categorie: quando si tratta de “gli immigrati”, “gli stranieri”, “i musulmani”. Io credo che si tratti di un abuso della lingua, ci sono degli immigrati che si comportano male e che si comportano bene, ce ne sono che hanno dei diritti e dei doveri, altri che si accontentano di rivendicare dei diritti, e non dei doveri.JPE: E si tratta quindi dell’anti-Francia?
GB: Si perché la Francia, lo ricordo, è “liberté, egalité, fraternité” e quando si tratta di fraternità, si tratta di eguaglianza tra gli uomini e di un legame fraterno e di amore per il prossimo. JPE: Rispetto al padre, Jean Marie Le Pen, lei è di un’altra generazione. Esiste una responsabilità ereditaria? GB: C’è forse una responsabilità ereditaria, c’è soprattutto un cambiamento del linguaggio, ma in fondo, io credo, nulla è cambiato. JPE: Le mancano 42 firme, preferirebbe che non riuscisse ad essere candidata? GB: E' un gioco politico sottile, direi semplicemente che esso appartiene con tutta probabilità a questo partito che è un partito repubblicano, ossia che si iscrive nel quadro della Repubblica e a cui non è stato impedito da parte della Repubblica di partecipare alle elezioni presidenziali. JPE: Gran rabbino, Marine Le Pen era qui in studio e, in anticipo, le rispondeva così.
Viene fatta ascoltare la registrazione dell'intervento di Marine Le Pen:
“Non è assolutamente nel suo ruolo e trovo per altro davvero scandalose le accuse che pronuncia e le scorciatoie che prende, è una personalità religiosa, non dovrebbe fare della politica e si dovrebbe occupare di religione e direi peraltro esattamente le stesse cose di un certo numero di vescovi che danno regolarmente il loro parere sulla politica ed è bene che ognuno si occupi del proprio campo: i politici si occupino di politica e i religiosi di religione. E sono sicura che signor Bernheim abbia perso una buona occasione per stare zitto”.
JPE: Signor Bernheim? GB: Ricorderei a Marine Le Pen che la politica è l’atto di unire le persone in modo responsabile e come religioso, come gran rabbino di Francia, io considero che sia nostro dovere partecipare, non alla vita, ma alla riflessione politica in questo atto. JPE: Anche se la laicità implica e anzi impone a lei la neutralità? GB: La neutralità nella scelta senz'altro. Non ‘faccio’ politica, mi ‘interesso alla’ politica. JPE: C’è in Francia un voto ebraico? GB: Certamente no. Gli ebrei votano in molti modi differenti.JPE: Lei rivela per chi non votare – il Fronte Nazionale e Marine Le Pen – ma per chi bisogna votare? GB: Certamente non lo dirò. Gli ebrei sono liberi di votare per chi vogliono a partire dal momento in cui viene rispettata una certa serie di valori. JPE: Ma il gran rabbino di Francia darà comunque, quindi lei darebbe, un impulso al voto nei confronti del candidato che si avvicinerà di più ai valori di cui parlava poco fa. GB: Certamente no. Perché non sarei più nel mio ruolo, non sarei più in una posizione morale, ma in una posizione politica.
JPE: Nel libro che pubblica, che si intitola Non dimentichiamo di pensare la Francia, ci torneremo, lei dice: “Come è possibile che la signora Le Pen si dichiari amica degli ebrei. La maniera in cui ha trattato i musulmani di Francia rimane incompatibile con i valori dell’ebraismo.” Lei difensore dei musulmani di Francia… non ha l’aria un po’ demagogica? GB: Molto semplicemente: ci sono dei musulmani che rivendicano dei diritti ma che non si fanno carico dei loro doveri. Questi musulmani io li combatto e penso che cerchino di distruggere la Francia senza tregua. Per contro non bisogna confondere questa categoria di musulmani con l'Islam come grande religione monoteista. I musulmani sono dei cittadini come io sono ebreo in Francia e dunque hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri che ho io. JPE: A proposito di religioni monoteiste, lei spiega che non ci può essere un riavvicinamento dottrinale fra l’Ebraismo e il Cristianesimo ma che rispetto all’Islam ci possono essere delle relazioni che non devono essere inesistenti. GB: Abbiamo una più grande vicinanza in certi ambiti con il Cristianesimo, parlo degli ebrei, e in altri ambiti una vicinanza maggiore con l’Islam, in campo rituale, in particolare. JPE: Oggi ogni comunità si ripiega sui propri valori e su se stessa. Il Gran Rabbino di Francia può evitare una forma di integralismo che contamina anche le società ebraiche non solo in Israele ma in Europa e qui in Francia?
GB: Devo fare di tutto per combatterle a partire dal momento in cui la religione diventa ripiegamento su di sé, ossia difesa dei particolarismi contro i valori della società civile. Voglio che la comunità, l’idea della laicità, sia una sorta di interfaccia tra il particolarismo religioso e i valori della società civile, quello che si chiamiamo universalismo. JPE: Signor Gran Rabbino, quando lei incontra una donna, le stringe la mano? GB: Sì. JPE: Molti giovani ebrei oggi non lo fanno, dunque lei, lei lo fa. Nel suo libro lei si richiama anche al rispetto dello straniero e insiste sul peso della Memoria. In un periodo di campagna elettorale, lei comprende che si annunci una caccia alle streghe – appena mascherata – o che qualcuno utilizzi parole come “epurazione”? GB: No, non ammetterei mai un simile linguaggio, nella tradizione biblica si chiama – ma in Francia è la stessa cosa – maldicenza, è una volontà di sradicare delle persone come se avessero meno importanza, meno dignità di noi. JPE: Lei afferma che il Talmud condanna la maldicenza.GB: Esatto JPE: E la paragona a cosa? GB: Lo paragona all'omicidio, ossia all'esclusione e all'annientamento dell'altro. JPE: Dunque gli ebrei rispettano l'Altro? GB: Sì. JPE: Lei dice che il Talmud darebbe una risposta praticamente a tutto, dall'economia alla giustizia tra ricchi e poveri…GB: Certo, nel linguaggio dell'epoca in cui fu formato.JPE: … e vieta anche di parlare male dell’altro. Lei ha scelto come titolo del suo libro “Non dimentichiamo di pensare la Francia”. A chi si rivolge? GB: A tutti i francesi. JPE: Non soltanto agli ebrei? GB: Certamente no. A tutti i francesi. JPE: È il famoso “Ricordati”. Ma cosa non dobbiamo dimenticare? GB: Quello che non bisogna dimenticare è lo spirito della Francia. In cui credo, e che amo. La Francia è lo spirito del dubbio e della rimessa in questione e il rinascimento, è la cultura e anche l'amore di un paesaggio. Una Francia bella, intelligente, critica, libera, fraterna… Giustizia, principio di giustizia, è questa la Francia cui aspiro.
JPE: Ma la memoria, di cui si parla spesso e sulla quale si sofferma nel libro, non appartiene né ai politici, né ai rabbini, come lei riconosce, ma soprattutto agli storici, a condizione che siano indipendenti. GB: La memoria è un dovere di tutti e appartiene agli storici indipendenti. JPE: Lo storico Pierre Nora le chiede: si può essere ebrei quando non si è credenti né praticanti? Di cosa è fatta l'identità ebraica, dice Pierre Nora, insomma, chi è ebreo? GB: Inizierei rispondendogli che, sia che si sia credenti o che non lo si sia, si è ebrei – e sul piano della legge ebraica – a partire dal momento in cui la madre della persona è ebrea. Questo è un punto. Ora, l'identità ebraica è complessa, è plurale, è fatta di diritto, è fatta di costume, è fatta di tradizione, ugualmente è fatta di Memoria, è fatta di speranza. Ciò che fa la ricchezza dell’identità ebraica.JPE: Lei cita Robert Badinter che si definisce – lo cito – “francese, ebreo e repubblicano”. E il terzo termine, repubblicano, è per lui altrettanto importante che i primi due. E per lei? GB: È altrettanto importante anche per me. Repubblicano, res publica – la cosa pubblica, il bene comune, come afferma il motto delle organizzazioni scautistiche giovanili ebraiche. JPE: Si, ma per gli ebrei di Francia, nei confronti della Repubblica, cosa dice questa mattina? È un periodo di campagna presidenziale, ci parli della responsabilità, della sua missione, del suo ruolo...GB: Ascolti, i cittadini, l’ho detto poco fa, non fanno politica, ma si interessano alla politica in questo atto di legare le persone in maniera responsabile ad uno stesso bene comune. Che è il nostro, ossia la Francia.JPE: Questa mattina lei si è esposto, signor Gran Rabbino di Francia, ma chi parla? Gilles Bernheim o l’autorità religiosa, che lei è, che vuole illuminare il dibattito pubblico, in queste circostanze?GB: Dire Gilles Bernhaim in quanto autorità religiosa che partecipa a questa riflessione sul dibattito pubblico.
JPE: Grazie, signor Gran Rabbino di Francia, Gilles Bernheim.
versione italiana di Ada Treves, http://www.moked.it
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