venerdì 16 marzo 2012


Un fragilissimo cessate il fuoco

Editoriale del Jerusalem Post,http://www.israele.net/
Dopo quattro giorni di conflitto, l'ultimo round di scontri con le organizzazioni terroristiche nella striscia di Gaza sembra volgere al termine. In effetti le principali parti coinvolte avevano un preciso interesse ad evitare l’escalation.Gli obiettivi di Israele, in questa fiammata di violenze, erano limitati al contenimento delle ricadute conseguenti all’eliminazione mirata di Zuhair al-Qaissi, capo terrorista dei Comitati di Resistenza Popolare nella striscia di Gaza. Qaissi era considerato una “bomba a orologeria” che stava preparando un attentato dalla penisola del Sinai in preda all’anarchia, analogo a quello architettato lo scorso agosto.L’obiettivo dei Comitati di Resistenza Popolare, della Jihad Islamica palestinese e di altri gruppi terroristi “muqawama” (irriducibili), pesantemente finanziati e sostenuti dall’Iran, era e rimane quello di sequestrare e/o ammazzare degli israeliani e trascinare Israele in un conflitto diretto con l’Egitto post-Mubarak. Esattamente l’obiettivo che Israele ha voluto sventare uccidendo Qaissi.Ma Israele non era interessato a una vera escalation, che avrebbe potuto causare numerose vittime civili non intenzionali, soprattutto considerando la strategia palestinese di sparare i razzi dai centri densamente abitati e di usare i civili come scudi umani. E benché le batterie anti-missili del sistema Cupola i ferro schierate ad Ashdod, Ashkelon e Beersheba abbiano garantito una significativa protezione a decine di migliaia di israeliani che vivono nel raggio della gittata dei razzi sparati da Gaza, prolungare il conflitto significava aumentare il rischio di subire vittime civili israeliane.Anche Hamas, che controlla la maggior parte della striscia di Gaza, non era interessata a un’escalation, quantunque la cosa più avanti possa anche cambiare. La storica organizzazione fondamentalista palestinese è in via di mutamento, mentre cerca di smarcarsi dalla sua vecchia alleanza con Iran e Siria e di allinearsi con gli stati sunniti, soprattutto con l’Egitto dove la Fratellanza Musulmana, organizzazione madre di Hamas, sta salendo al potere. Hamas ha un chiaro interesse a mostrare all’Egitto e ad altri stati “moderati” sunniti d’essere capace di mantenere la stabilità a Gaza. Tanto più che l’Egitto, che sta attraversando un tremendo sconvolgimento politico da quando Hosni Mubarak è stato estromesso, ha i suoi problemi – soprattutto le tensioni fra giunta militare e islamisti – e non ha voglia di veder scoppiare una guerra ai suoi confini nord-orientali. Ed infatti l’Egitto ha giocato un ruolo chiave nel favorire il cessate il fuoco. Il capo dell’intelligence Murad Muafi e altre figure delle forze armate egiziane hanno fornito l’indispensabile collegamento fra Israele e i gruppi terroristi di Gaza. Amos Gilad, direttore degli affari politico-militari presso il ministero della difesa israeliano, ha dichiarato martedì a radio Galei Tzahal che non c’è stato nessun accordo formale con Hamas o altre organizzazioni terroristiche che operano nella striscia di Gaza, dal momento che Israele “non si accorda con gli assassini”. Piuttosto, ha spiegato Gilad, Israele attraverso gli egiziani ha fatto arrivare il messaggio “calma in cambio di calma”, pur riservandosi il diritto di condurre eliminazioni mirate quando si rende necessario per prevenire attentati.Ma il cessate il fuoco è molto fragile. Martedì stesso (e poi ancora mercoledì e giovedì) diversi ordigni sono stati sparati dalla striscia di Gaza sul sud di Israele, mentre i Comitati di Resistenza Popolare e la Jihad Islamica, che hanno dimostrato di disporre di moltissimi razzi, continueranno a pianificare attacchi contro “l’entità sionista”.Ancora più inquietante è la possibilità assai concreta che l’interesse politico di Hamas ed Egitto per il mantenimento della calma a Gaza possa mutare. Il crescente estremismo nell’Egitto dell’era post-Mubarak è apparso evidente domenica quando il parlamento, ora praticamente controllato dalla Fratellanza Musulmana, ha avviato procedure di voto volte a bloccare la ricezione del miliardo di dollari e più in aiuti che gli Stati Uniti forniscono ogni anno al Cairo. I parlamentari islamisti sono evidentemente molto turbati dal caso giudiziario che coinvolge alcune ONG americane che si battono per i diritti umani in Egitto. Lunedì, poi, il parlamento egiziano ha votato a favore dell’espulsione dell’ambasciatore d’Israele e per il blocco delle esportazioni di gas verso Israele. Una votazione fatta per alzata di mano su una dichiarazione della Commissione per gli Affari Arabi in cui si affermava che l’Egitto non sarà mai amico, partner o alleato di Israele. Limitare gli aiuti americani è considerato un modo per ridurre l’influenza che gli Stati Uniti possono esercitare sulla politica egiziana. Il che potrebbe dare mano libera all’Egitto, nei prossimi anni, per abrogare gli Accordi di pace di Camp David e adottare una posizione più ostile a Israele.Purtroppo, nei primi giorni di fragile cessate il fuoco, mentre più di un milione di israeliani nel sud del paese cerca di tornare a una vita normale, già si profilano all’orizzonte i segnali della prossima tornata di scontri.(Da: Jerusalem Post, 13.3.12)

Nessun commento: