David Bidussa, storico sociale delle idee
A differenza del “giorno della memoria”, Yom ha-Shoah avviene in un clima di riservatezza. Credo che una differenza consista in questo: nel primo caso si tratta di riflettere su che cosa si fondi l’autorità e sulle conseguenze dell’obbedienza e dell’autoconservazione; nel secondo caso si tratta di riflettere sulla rilevanza delle singole persone, sulla loro storia e sui legami che ognuno di loro ha con noi. E’ anche per questo, forse, che nel primo caso al centro stano gli eventi, nel secondo l’elenco dei nomi. Nel primo caso è importante riflettere su fin dove si può arrivare; nel secondo da dove si viene. Nel primo caso l’atteggiamento è guardare con occhi aperti e con mente aperta dentro la storia; nel secondo cercare di ritrovare un passato che abbia ancora una parte in ciò che diventeremo, senza lasciarsi sopraffare e, perciò, impedendogli di dominare e farci credere che siamo solo ciò che siamo stati.
NOI RICORDIAMO- Quest’anno, la data del 18 aprile coincide con il 27 del mese ebraico di Nissan, giorno in cui, dal 1953, per decisione del governo allora presieduto da David Ben Gurion, vengono commemorati i 6 milioni di ebrei uccisi nella Shoah. Le cerimonie di commemorazione sono iniziate ieri sera -nell’uso ebraico le giornate iniziano al tramonto, con l’accensione di 6 torce a Yad Vashem, il memoriale delle vittime e degli eroi dell’Olocausto. Stamattina, per 2 minuti, il Paese si fermerà e nel silenzio, rotto solo dal suono delle sirene, onorerà la memoria di quanti furono barbaramente strappati alle loro vite e uccisi.
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