martedì 8 maggio 2012


L’ esercito di Israele, i Tefillìn e la nostra Comunità

Shlomo Ciro Colavita, Sullam n.93
Anche quest’ anno abbiamo celebrato Yom HaAtzmaut, il giorno dell’indipendenza di Israele. Moshe e gli studenti israeliani hanno preparato per noi e per gli ospiti delle belle immagini di Israele ed un bel commento musicale. Mi colpiscono come sempre le immagini del soldato che al riparo del suo tank, di un muro o di un albero prega con i Tefillìn. Immagino sia a ridosso della zona operativa. E’ probabile che i suoi compagni non siano osservanti come lui, forse sono laici, c’è sicuramente un leader,un ufficiale che dice: ok adesso puoi pregare.Perché ? Sicuramente sta recitando lo Shemà o l’Amidà, preghiere o salmi con parole che invocano la giustizia,la pace l’amore per la famiglia. Certamente combatterà pensando di ritornare dalla sua donna, dal suo bambino ma non dimenticherà i valori, si fermerà davanti al nemico ferito, una donna, un civile, davanti a ogni evitabile atrocità.Potremmo immaginare una scena analoga in un’ altro esercito? Magari con dei soldati francesi, americani, russi o altro: “Hai aspettato tanto tempo, ma giusto adesso ti devi mettere a pregare, dai smettila?”.Un primo elemento di riflessione per la nostra comunità. Si potrebbe pensare:ma dopo tanti anni che manca un Mikwè a Napoli perché farlo proprio adesso che c’ è crisi, siamo pochi,non tutti lo chiedono, se pure si deve aspettare qualche mese in più per farlo non sarà poi tanto grave.Un secondo elemento di riflessione e di somiglianza è che, come nel contesto operativo di guerra della foto,non tutti gli ebrei, qui come lì, sono osservanti, come è naturale che sia, in uguale misura.Accanto a quella del Mikwé si potrebbe pensare anche ad altre questioni.All’ organizzazione dello Shabbat, al minian, alla scuola o ad altro.Noi abbiamo il nostro Consiglio di Comunità che svolge il suo difficile lavoro ma se dovessi pensare al termine più generale di gruppo dirigente vi includerei anche coloro che fanno spesso parte del minian, quelli che più di frequente vengono in Sinagoga e principalmente quanti appartenenti a famiglie che hanno fatto la Storia dellla nostra Comunità trasmettono memoria di questa storia e tradizione.Forse potrebbe essere giusto nella nostra comunità porci questo domanda.Se cioè il gruppo dirigente della Comunità debba programmare per il futuro interventi che creino servizi, facilitazioni per l’osservanza delle regole halachiche parametrandoli a quella che è una ipotetica media di osservanza halachica degli attuali iscritti o parametrandoli a un momento e livello spirituale simile a quello del soldato con i Tefillìn.Io, per il nulla che può valere la mia opinione, sono per un’ idea di leadership che istituzionalmente accetti la seconda ipotesi, così come fa il comandante di reparto che trova normale che il soldato metta i Tefillìn e che preghi, anche se questa accettazione ha per lui dei costi in termini di rischio per il suo reparto.Perché? Perché gli ebrei sono garanti gli uni per gli altri e quindi un ebreo deve garantire, se può farlo, che un altro ebreo possa trovare modo di rispettare una regola halachica. Perché,uno straniero possa passare di sabato per la nostra sinagoga aspettandosi di trovare accoglienza in Comunità,perché ho fiducia nel fatto che il livello di rispetto delle regole halachiche crescerà a Napoli, perché si hanno per tutti nella vita sfide, momenti, anni difficili ed allora quello che pensa il soldato con i Tefillìn lo pensiamo anche
noi.

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