sabato 19 maggio 2012

Nasrallah, non proiettate il mio film in Israele

CANNES - 'Dopo la battaglia', del regista egiziano Yousry Nasrallah, unico film africano in concorso al Festival di Cannes, parla di un tema forte, ovvero di uno degli appuntamenti della primavera araba, quello della protesta di piazza Tahrir al Cairo che portò alla caduta di Mubarak. E che i temi del film siano davvero politicamente caldi lo dimostra anche la sensibilità dello stesso regista che non manca di polemizzare con il governo israeliano quando dice, applaudito, un secco no alla distribuzione del film in un Paese "che tratta male i palestinesi nei territori occupati". Protagonista di 'Dopo la battaglia' è Mahmoud (Bassem Samra), uno di quei cavalieri che il 2 febbraio 2011 fece parte della cosiddetta 'battaglia dei cammelli' che portò sangue, feriti e morti nella piazza Tahrir. Un uomo che si trovò schierato dalla parte di Mubarak lanciandosi con il suo cavallo contro la folla che in piazza ne chiedeva le dimissioni. Il regista Nasrallah, che ha conosciuto alcuni di quei cavalieri e cammellieri perché protagonisti del suo documentario 'A propos des garons, des filles et du voile', non ci sta però a considerarli i "cattivi della storia" e così punta la sua macchina da presa su Nazlet, quartiere povero ai piedi delle piramidi di Giza, dove vive gente come Mahmoud. Gente che, per campare, porta in giro i turisti con cavalli e cammelli. Nel caso di Mahmoud, coinvolto solo per disperazione e fame nella controrivoluzione, ora, come mostra il film, c'é il rifiuto, l'ostracizzazione da parte della società. A salvarlo, e a dargli coscienza rivoluzionaria e della sua stessa condizione di povero in preda a tutte le possibili corruzioni, sarà un'egiziana evoluta e pasionaria come Reem (Menna Chalabi), che prenderà a cuore la sua vita e quella della sua famiglia."Per me - ha detto il regista - conta che si guardino le persone e non gli stereotipi e le idee che queste persone incarnano. La storia è fatta di tanti piccoli individui". Il cinema arabo per Nasrallah "ha dei problemi, e non solo perché é mal visto dalla cultura islamica, ma anche perché è sicuramente diminuito il mercato. Ma se ci sono buone idee può funzionare come qualsiasi altro cinema". Per quanto riguarda i cavalieri-controrivoluzionari spiega: "non li voglio porre come modelli. Probabilmente è gente che ha paura del nuovo, paura di perdere il lavoro. Il fatto è che il mio paese non è ancora abituato alla democrazia, anche per questo il popolo egiziano meritava questo film che è come una lettera d'amore". Infine, alla domanda di un giornalista israeliano che chiedeva conferma sulla distribuzione del film in Israele, Nasrallah ha replicato: "Non voglio il mio film in Israele almeno fino a quando gli israeliani non tratteranno meglio i palestinesi nei territori occupati". Agli applausi di una piccola parte dei giornalisti, ha aggiunto: "Perché applaudite? Non ce l'ho con Israele, ho anche amici israeliani come Gitai, ma se il mio popolo ha cercato di rivedere alcune sue posizioni, questo non mi sembra valga ancora per Israele".http://www.ansa.it/

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