sabato 12 maggio 2012


Un buon accordo di unità nazionale Alcuni commenti dalla stampa israeliana

Con buona pace dei tanti opinionisti à la page, soprattutto israeliani, che stavano già scaldando i motori per scagliarsi contro le elezioni anticipate “volute da Netanyahu per evidenti interessi di bottega” (rinviare questioni spinose come la Legge Tal e lo sgombero di Ulpena, anticipare la rielezione di Obama, perdere tempo sul processo di pace e così via) e che ora si sono prontamente scatenati contro le elezioni anticipate NON volute da Netanyahu, preferiamo dare spazio ai commenti di chi – fatta salva l’ovvia considerazione che l’accordo Netanyahu-Mofaz risponde anche ai rispettivi interessi di parte – cerca di analizzare in termini politici il nuovo scenario israeliano.Scrive MOSHE RONEN, su YnetNwes: «La sorpresa che ci hanno preparato martedì scorso il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e quello che fino al giorno prima era il capo dell’opposizione, il leader di Kadima Shaul Mofaz, è una bella sorpresa. Lo è non solo perché le elezioni, che erano prive di chiari argomenti di contesa, ci avrebbero spinti in un vortice inutile e costoso. Lo è anche per diversi altri motivi.Innanzitutto perché una coalizione che può contare su quasi cento parlamentari (su 120) è l’unico modo per varare almeno due leggi fondamentali che la maggior parte degli israeliani aspetta da moltissimi anni: una legge che distribuisca in modo più equanime e assennato l’onere del servizio militare obbligatorio, e una legge che modifichi il nostro sistema elettorale. Queste due riforme non potrebbero mai essere approvate con una coalizione in cui continuino a esercitare potere di veto partiti minori religiosi e ultra-ortodossi.In secondo luogo, perché questo è l’unico modo, con il primo ministro Netanyahu posizionato al centro della coalizione di governo, per promuovere una qualche sorta di processo di pace. Fino a martedì scorso Netanyahu, che nel 2009 pronunciò il famoso discorso di Bar-Ilan a favore della soluzione “due popoli-due Stati”, era di fatto l’esponente del governo più disponibile a dialogo e negoziato. Lo era anche all’interno del suo partito, il Likud, e rispetto ai principali partner della coalizione: Yisrael Beiteinu e Partito Nazionale Religioso. Nessun processo diplomatico era concretamente possibile con il primo ministro consapevole che ogni eventuale concessione avrebbe potuto far cadere il suo governo.In terzo luogo, questo è l’unico modo che ha Netanyahu per riportare il Likud sulla sua storica posizione di partito moderato nazional-liberale. Dopo aver visto l’ultimo congresso del suo partito praticamente monopolizzato dagli attivisti dell’ala di estrema destra su posizioni che sarebbero più consone a formazioni come il Partito Nazionale Religioso o Unione Nazionale, Netanyahu si è reso conto che l’unico modo per ripristinare la linea storica del Likud era attraverso una tendenziale riunificazione (nell’arco di un anno-un anno e mezzo) con quello che rimane di Kadima. In effetti, un comitato centrale che fosse la fusione di quello del Likud e quello di Kadima ridurrebbe molto la forza delle frange estremiste alla Moshe Feiglin.Quarto, solo una larga coalizione può permettere al governo di pianificare e approvare una legge di bilancio appropriata, equa e ragionevole, che affronti i temi che stanno a cuore alla classe media senza subire le pressioni dei piccoli partiti di nicchia e di settori non interessati al benessere della società nel suo complesso.Pertanto, se è pur vero che Netanyahu e Mofaz, con le loro manovre notturne, non hanno reso un gran servizio ai concetti di credibilità e di fiducia dell’opinione pubblica nella politica, tuttavia se i due riusciranno a realizzare anche solo la metà di quanto promesso, ne sarà valsa la pena.»(Da: YnetNwes, 10.5.12)Scrive YULIA SHAMALOV-BERKOVICH, su IsraelHaYom: «Non credevo che si sarebbe arrivati alle elezioni anticipate. Ma se si fossero tenute, il sistema istituzionale-elettorale sarebbe rimasto lo stesso vecchio sistema istituzionale-elettorale, con le sue ingiustizie e i suoi squilibri, e sarebbe rimasto intatto il difetto di reale governance. Avremmo fatto le elezioni e alimentato il mostro vorace della campagna elettorale a vantaggio praticamente soltanto di commentatori politici, esperti dei mass-media e burocrati governativi. Qualche ministro sarebbe cambiato, la burocrazia sarebbe rimasta la stessa. Le casse dello stato si sarebbero impoverite, nuovi partiti sarebbero spuntati come funghi e la cittadinanza si sarebbe ritrovata col conto da pagare. Un conto doppio perché, innanzitutto, le elezioni in questo momento erano del tutto inutili; e poi perché, con l’attuale sistema, gli stessi malanni che avevano portato alle elezioni sarebbero stati soltanto rafforzati.Sono rimasta scioccata nel vedere i commentatori politici e dei mass-media esprimere tanto disgusto e irritazione per l’accordo di governo raggiunto, evidentemente dimentichi del fatto che solo una settimana prima era molto trendy tuonare contro le elezioni anticipate "volute solo dai politici e non dall'opinione pubblica". A quanto pare, i veri voltagabbana in questo scenario sono certi giornalisti e analisti che la domenica dicono una cosa e venerdì dicono il contrario.A mio parere, invece, il presidente di Kadima e il primo ministro d’Israele hanno preso una decisione saggia e coraggiosa per lo stato d’Israele: istituire un governo di ampia unità nazionale e riformare il sistema elettorale. Di fronte a questa novità politica, sembra che per molti l’unico problema sia che “la stampa non è stata avvertita per tempo”. Costoro devono avere improvvisamente capito che in questo paese esistono delle persone che, a differenza dei commentatori da teleschermo e da tastiera, sono state elette per governare, per prendere decisioni, per elaborare e correggere l’agenda politica del paese.»
(Da: IsraelHaYom, 9.5.12) http://www.israele.net/

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