Se Beirut e Tel Aviv litigano per “colpa” di un telefilm americano
La querela?
«Ci stiamo ragionando». Hamra Street? «Non è un covo di terroristi, ma
un elegante quartiere pieno di famiglie della Beirut bene». «Sono
offesi? Ma se dovrebbero essere solo orgogliosi che hanno usato la
nostra città per raffigurare la loro». E via così. Con accuse e
repliche.Non bastasse
la voragine culturale e politica, ora ci si mette pure quella
mediatica. Scatenata, a onor del vero, da un telefilm americano – Homeland – premiato con il Golden Globe quest’anno, basato sulla serie israeliana “Hatufim” e con al centro il terrorismo islamico, il post 11 settembre e la Cia.E allora. A
Beirut, capitale del Libano martoriata dalle guerre (prima) e dalle
autobomba (in questi mesi), ecco, a Beirut sono arrabbiatissimi. La
seconda stagione di Homeland è iniziata con uno dei protagonisti che
viene mandato nel Paese dei cedri. E una volta lì, com’è prevedibile,
succede di tutto: esplosioni, gente che s’ammazza, gente che corre,
strade che diventano trappole mortali e l’assenza di qualsiasi apparato
di sicurezza statale.

Claire
Danes, l’attrice che recita la parte dell’agente Cia Carrie Mathison,
durante le riprese a Jaffa della seconda stagione di “Homeland”.
Nell’immagine si possono notare, a destra, gli elementi israeliani (foto Ronen Akerman/AP/Showtime)
Il tutto è
stato però girato a Jaffa, quartiere a maggioranza araba di Tel Aviv,
250 chilometri dalla vera Beirut. E infatti chi la città la conosce non
ha potuto non notare la torre dell’orologio, i grattacieli sul lungomare
della città israeliana in alcune inquadrature. Ma anche le targhe
gialle dello Stato ebraico, ma oscurate o gli scacchi bianco-rossi sui
marciapiedi che indicano le zone di divieto di sosta. In un’intera scena
del secondo episodio «Beirut is back», poi, la protagonista cammina in
un mercatino tra bancarelle che espongono, però, magliette israeliane,
con la scritta «Coca cola» in ebraico, con lo stemma della squadra di
calcio Beitar Jerusalem e, addirittura, una menorah.Troppo.
Davvero troppo per i libanesi. E allora ecco che Fadi Abboud, ministro
del Turismo del Paese dei cedri ha detto all’Associated Press non solo
di essere arrabbiato dal ritratto che viene fatto di Beirut, ma che sta
anche pensando a una causa alla società che produce il telefilm. «Il
ministero dell’Informazione sta studiando la possibilità di querelare il
telefilm», ha detto Abboud. «Hamra Street nel serial viene presentata
come una zona pericolosa e violenta – continua il ministro – ma niente
di tutto questo è vero: si tratta di un quartiere tranquillo, chic, con
tanti locali, pub e librerie».Da Tel Aviv
gli ha risposto Eytan Schwartz, portavoce del sindaco della città
israeliana. «I libanesi, invece di lamentarsi, dovrebbero soltanto
essere contenti che una città tra le più belle al mondo, con la sua
architettura e la sua gente, venga fatta passare per la capitale
libanese».E gli
abitanti che ne pensano? In Libano, fa notare l’Associated Press, il
telefilm sembra essere sconosciuto ai più. Ma quando a loro si racconta
la sceneggiatura e dov’è stata girata, «in molti si dicono arrabbiati e
infastiditi». Ma forse, più delle polemiche, vale la risposta di Ibrahim
al-Moussawi, portavoce del gruppo para-militare libanese Hezbollah.
Homeland? «Non ho la più pallida idea di cosa si tratti», ha risposto
l’esponente all’agenzia stampa americana. «È la prima volta che ne sento
parlare».http://falafelcafe.wordpress.com/
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