lunedì 10 dicembre 2012
I palestinesi non imparano mai
Il voto alle Nazioni Unite che ha avanzato la condizione dell'OLP a
stato osservatore non membro non ha fatto nulla per far progredire la
condizione della questione palestinese. Al contrario, ripete un vecchio
copione della storia: anziché cercare un compromesso con Israele, i
leader palestinesi ripongono il loro destino nelle mani di altri,
ingenuamente credendo che essi consegneranno loro ciò che non sono in
grado di conseguire.Quando gli stati mondiali si riunirono all'ONU nel 1947 per votare il
piano di partizione del mandato britannico in Medio Oriente in due stati
- uno arabo, uno ebraico - i leader palestinesi si fidarono della Lega
Araba, opponendosi all'accordo, convinti dagli eserciti arabi che
avrebbero ottenuto con la forza tutto il territorio. Ma non andò così.Una volta persa l'occasione di ottenere uno stato arabo, i leader
palestinesi si affidarono ai fautori del nazionalismo arabo, che puntava
a distruggere Israele. Anziché rivolgersi alla Giordania - che occupò
il West Bank e Gerusalemme Est - e all'Egitto - che conquistò Gaza -
chiedendo loro di trasformare questi territorio in stato di Palestina; i
leader palestinesi si fidarono degli arabi, confidando in una nuova
guerra, da cui questa volta sarebbero usciti vincitori.Ma così non fu: nel 1967 Israele respinse l'attacco combinato del mondo
arabo e rilevò ciò che residuava dell'antico Mandato britannico.Cinquant'anni di guerre perdute inducono il ceto politico a rivedere il
proprio atteggiamento mentale: si pensi al comportamento della Germania
dopo due guerre mondiali. Ma così non è stato per i leader palestinesi,
che appoggiarono la decisione della Lega Araba del 1967 di respingere
ogni apertura nei confronti di Israele, continuando le ostilità (i famosi "tre no di Khartoum, NdT).
Naturale conseguenza di questo atteggiamento: il terrorismo, che
avrebbe insanguinato l'area per i due decenni successivi, nella
convinzione che Israele avrebbe potuto essere sconfitto ammazzando
civili innocenti, e spostando l'opinione pubblica a proprio favore.Così è stato, ma ciò non ha portato ad alcuno stato.Anche quando l'OLP ha preso il posto della leadership araba come
riferimento delle aspirazioni palestinesi, la loro causa non ha compiuto
alcun passo in avanti. Astutamente, il leader dell'OLP Yasser Arafat si
barcamenò fra leader arabi e movimenti dei paesi non allineati, senza
però rinunciare nazionalismo palestinese basato sui principi del
respingere tutte le proposte e non fornire alcuna
concessione. Arafat si appoggiò sui leader arabi che di volta in volta
peroravano la sua causa, combattendo quelli che apparivano relativamente
vicini alle posizioni isreaeliane. Ciò ha prodotto per i palestinesi
più guai e dolori di tutte le guerre combattute contro Israele. La breve
stagione giordana di Arafat coincise con il re Hussein che macellò
migliaia di palestinesi per mettere in salvo il suo trono.L'appoggio di Saddam Hussein costò ad Arafat centinaia di migliaia di
morti palestinesi in Kuwait nel 1991 e in Iraq nel 2003. L'unico leader
arabo che si impegnò a negoziare un compromesso per i palestinesi fu
l'egiziano Anwar Sadat: Arafat si impegnò per auspicarne l'assassinio
per punirlo per il suo "crimine". Alla fine, nessuno può fare per la
causa palestinese più di quanto possano fare gli
stessi palestinesi.Per un po' di tempo, nella fase successiva agli Accordi di Oslo, l'OLP
realizzò che, se davvero voleva conseguire l'obiettivo di uno stato,
avrebbe dovuto seriamente negoziare con Israele, anziché appoggiarsi ad
altri che gli avrebbero servito lo stato su di un piatto d'argento. Il
fatto che gli accordi di pace del 1993 siano stati una opportunità
persa, è dovuto in gran misura all'atteggiamento di Arafat di cambiare
idea d'improvviso, allontanando il "suo" popolo (Arafat è nato in Egitto, e non ha alcun legame con i palestinesi, NdT)
da negoziati diretti, e abbandonandolo fra le braccia di gruppi armati
sul terreno, e della comunità internazionale a livello politico.Nella speranza che la pressione internazionale possa concedergli ciò che
il dialogo con Israele tarda a consegnare, Arafat alla fine del 2000
scatena la seconda intifada. Dodici anni dopo, e otto anni dopo la sua
morte, i leader palestinesi stanno ancora seguendo questa strada,
incapaci di allontanarsi dal sentiero della violenza (Hamas) e
aggrappati alla comunità internazionale (Al Fatah) per costringere
Israele a concedere ciò che non si ottiene con il negoziato. Il voto con
cui l'ONU ha avanzato la condizione dell'OLP a stato osservatore non
membro è la continuazione di questa tendenza.La vittoria diplomatica di Mahmoud Abbas non porterà ad alcuno stato.
Non modificherà gli equilibri fra Israele e Autorità Palestinese. Non
risolverà la divisione di poteri fra il governo dell'AP nel West Bank, e
quello di Hamas a Gaza. E di sicuro non ripristinerà la presenza di
Mahmoud Abbas a Gaza. Per non parlare della pace, che adesso si
allontana.Al pari della proclamazione di Arafat di uno stato palestinese nel 1988,
il voto dell'assemblea generale dell'ONU è una pagliacciata. La
Palestina non è uno stato: il 40% del suo territorio è amministrato da
una fazione ostile da anni (Hamas), e la parte restante è contesa con
Israele, o amministrata congiuntamente.Quello che ha prodotto quest'ultimo capitolo degli sforzi palestinesi di
ottenere da altri uno stato è stato l'incremento dell'aspetto teatrale
della statualità palestinese: tutto l'armamentario di uno stato, ma
senza uno stato. Aggiungendo un seggio di osservatore allo stesso
livello del Vaticano, questa iniziativa senza dubbio accresce l'ego dei
palestinesi, dando loro la possibilità di perseguire Israele alla Corte
Penale Internazionale dell'Aja. Ma l'indipendenza rimane un miraggio.Tutto ciò era perfettamente evitabile. Preferibile rimane l'alternativa
di avviare negoziati diretti fra le due parti, con la disponibilità di
ricevere e dare. Ma la storia palestinese non presenta precedenti
simili. La decisione di Mahmoud Abbas di percorrere la strada che
conduce all'ONU è purtroppo l'ultimo capitolo di questa infelice
vicenda. L'OLP adesso potrà anche autodefinirsi uno stato. Ma che in
effetti possa effettivamente essere tale, questo è decisamente un altro
paio di maniche.di Emanuele Ottolenghi Palestine's strangely stubborn state of mind.http://ilborghesino.blogspot.it/
Etichette:
Abbiamo scelto.....
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento