venerdì 1 febbraio 2013
In definitiva, il 22 gennaio gli elettori israeliani hanno
dato cartellino giallo al governo di Benyamin Netanyahu, ma soprattutto
hanno inflitto una dura punizione al primo ministro uscente – che poi
dovrebbe essere anche quello entrante. Non è chiaro se le richieste di
cambiamento di rotta, sia in politica economica, sia in politica
estera, siano state ben comprese e metabolizzate da parte della
leadership di Likud-Beitenu. La controprova verrà dal tipo di compagine
governativa che emergerà da una trattativa che si annuncia lunga a
complessa. L'ostacolo principale non sta tanto nella questione
palestinese, o nella politica economica, o perfino nel servizio
militare dei Haredim, bensí nella richiesta di Yair Lapid di ridurre
drasticamente il numero dei ministri da oltre 30 a 18. Ciò
comporterebbe il licenziamento di numerosi ministri in carica di
Likud-Beitenu, con conseguente intifada all'interno del partito di
maggioranza relativa. È certo che le nuove direzioni della politica
israeliana hanno sorpreso gli osservatori nella Diaspora molto più che
in Israele, dove peraltro la vera entità della contestazione è emersa
completamente solo all'ultimissima ora. Il fatto è che per chi vive in
Israele la politica riflette in larga misura le esperienze della vita
quotidiana, mentre per chi sta altrove la politica è vissuta
soprattutto sul piano dell'ideologia pura. Cosí, uno dei prediletti di
una certa parte degli analisti italiani che si autodefiniscono
pro-israeliani, l'ultranazionalista Dr. Arieh Eldad, non è stato
rieletto perché il suo partito Otzmah Leisrael ha fallito la soglia
necessaria del 2%. Difficile invece capire da fuori i motivi del
successo di Lapid, popolare personaggio mediatico in Israele ma
sconosciuto altrove. Lapid porta in parlamento 19 volti nuovi, tutti
altamente istruiti e professionali, mentre Tzipi Livni e Shaul Mofaz –
che fondamentalmente si sono contesi la stessa mattonella elettorale
medio-borghese di Lapid – hanno ottenuto insieme solo 8 seggi, di cui 6
sono parlamentari esperti ma riciclati una o due volte da altri
partiti. Anche questo è un messaggio forte che l'elettore israeliano ha
voluto dare alla politica.Sergio Della Pergola,Università Ebraica di Gerusalemme.http://www.moked.it
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