giovedì 7 febbraio 2013
La parola "razza"
Mantenendo fede a una
promessa fatta da Hollande in campagna elettorale, il governo di Parigi
si appresta a sopprimere, dalla Costituzione, il riferimento alla
razza, che compare nell’articolo 1, laddove si garantisce che la
Repubblica assicura l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla
legge, “senza distinzione di origine, di razza o di religione”.
L’articolo era stato formulato, com’è evidente, per esprimere il totale
rifiuto, da parte della rinata democrazia, delle aberranti teorie
razziste che avevano segnato la tragica esperienza dell’invasione
nazista e del regime di Vichy, e come tale ha sortito i suoi effetti in
tutti gli anni del dopoguerra. Ora, però, si ritiene che la coscienza
civile sia maturata, e che si sia radicata la convinzione, nella grande
maggioranza dei cittadini, che il concetto di ‘razza’ sia una pura
invenzione, funzionale esclusivamente alla discriminazione e alla
sopraffazione. Tale termine, perciò, non meriterebbe cittadinanza nella
Costituzione di un Paese democratico, che non solo è tenuto a non
praticare distinzioni di tipo razziale, ma anche a non mostrare di
credere che le razze esistano.La questione, com’è evidente, dovrebbe riproporsi anche per la
Costituzione italiana, che, all’art. 3, stabilisce il principio di
uguaglianza “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
L’inserimento di un esplicito riferimento alla ‘razza’ fu oggetto, tra
i costituenti, di un approfondito dibattito, giacché, già allora,
alcuni sostenevano che esso fosse inopportuno, proprio perché mostrava
di dare credito all’esistenza dell’ambiguo concetto. Prevalse però la
decisione affermativa, in base al ragionamento che la mancata menzione,
dopo anni di propaganda razzista, potesse essere interpretata in senso
negativo, ossia come una ritrosia a prendere nettamente posizione
contro il razzismo.Che fare, dunque? A distanza di 65 anni dall’introduzione della nostra
Costituzione, il riferimento alla razza va lasciato, o, come in
Francia, anche da noi va abolito? Si possono, al riguardo, formulare
valutazioni diverse. Personalmente, riterrei che la scelta andrebbe
fatta tenendo conto essenzialmente di due considerazioni: - Che le razze non esistano non è tanto vero, e non è vero
che farvi riferimento sia automaticamente segno di razzismo. Le
differenze somatiche tra i popoli sono spesso evidenti, e negli Stati
Uniti, per esempio, il riferimento alla “race” è considerato normale e
indispensabile a fini di identificazione, di sicurezza ecc. Ma in
Europa il termine ‘razza’ è diventato, come disse Rosellina Balbi, una
“parola malata”, perché il suo uso è stato prevalentemente falso e
violento, tanto da renderla un ricettacolo di odio e disprezzo.- Abolire il termine ‘razza’ - per
mostrare il ripudio non tanto del concetto in sé, ma, appunto, della
sua accezione distorta e maligna – presuppone una grande fiducia nella
maturazione della coscienza civile del Paese. Se si ritiene che il
rifiuto del razzismo sia ormai un dato acquisito e generalizzato, si
può anche proporre l’eliminazione del riferimento dalla Carta
Costituzionale. Ma se si pensa, invece, che il razzismo sia ancora un
fenomeno tristemente diffuso e pericoloso, tale modifica potrebbe anche
apparire incauta.Francesco
Lucrezi, storico.http://www.moked.it/
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