mercoledì 6 marzo 2013
Dopo più di un mese dalle elezioni politiche
israeliane del 22 gennaio, Benjamin Netanyahu, leader della coalizione
di centrodestra che ha ottenuto una maggioranza molto risicata dei seggi
nella Knesset (il parlamento unicamerale israeliano), non è ancora
riuscito a formare un governo. Il presidente israeliano, Shimon Peres,
ha concesso a Netanyahu altri 15 giorni per provare a formare il
governo, oltre ai 30 già passati e previsti dalla legge.
Netanyahu ha accusato della mancanza dell’accordo il moderato Yair Lapid,
leader del partito di centrosinistra Yesh Atid, che aveva ottenuto più
seggi in assoluto alle elezioni (19). Dopo il voto del 22 gennaio
l’ipotesi più probabile sembrava essere proprio un’alleanza tra la
coalizione di centrodestra, che era uscita molto indebolita dal voto, e
lo Yesh Atid di Lapid. Le cose però stanno andando diversamente.Il disaccordo tra Netanyahu e Lapid riguarda soprattutto alcune
questioni sociali: una delle più importanti è la richiesta di Lapid di
eliminare alcuni vantaggi che vengono oggi concessi agli ebrei
ortodossi, come la possibilità per alcuni di non sottoporsi al servizio
militare obbligatorio. Modificare i privilegi degli ebrei ortodossi è
molto difficile in Israele, visto che i partiti che li rappresentano
sono quasi sempre stati nelle coalizioni di governo.Come se non bastasse, Lapid ha stretto nelle ultime settimane una forte alleanza
con l’altro uomo nuovo uscito dalle elezioni: Naftali Bennet, leader
del partito di centrodestra HaBayit HaYehudi (“la casa ebraica”), che
aveva ottenuto 12 seggi e che doveva essere stabilmente all’interno
della coalizione di governo di Netanyahu (almeno così Bennet aveva
dichiarato in campagna elettorale). Sia Lapid che Bennet rappresentano
una nuova generazione di politici israeliani ed entrambi avevano
promesso in campagna elettorale “un nuovo modo di fare politica”.
Entrambi, inoltre, sembra che abbiano rifiutato alcune offerte di
ministeri e altre posizioni di potere fatte da Netanyahu in cambio di un
appoggio per formare il nuovo governo.La situazione di stallo in Israele si deve attribuire, almeno in
parte, al sistema elettorale, che è un proporzionale puro in un’unica
circoscrizione che comprende tutto il paese. La soglia per entrare in
parlamento è molto bassa (il 2 per cento) e favorisce la presenza di
molti partiti (alle ultime elezioni sono entrati alla Knesset ben 12
partiti). Per questa ragione tutti i governi di Israele sono governi di
coalizione e nessun partito ha mai raggiunto la maggioranza assoluta dei
seggi. Il “quasi pareggio” delle due coalizioni nelle ultime elezioni
aveva confermato questo specie di “consuetudine” israeliana.La soluzione che si sta esaminando in questi giorni è un’alleanza di
governo tra la coalizione di Netanyahu, in cui dovrebbe entrare anche il
partito di Bennet, e il Yesh Atid, ma solo a condizione che gli ultra ortodossi,
rappresentati dal partito Shah (11 seggi), rimangano fuori. Ad oggi gli
unici partiti che hanno dichiarato di voler far parte della coalizione
guidata da Netanyahu sono Israel Beiteinu (“Israele, la nostra casa”),
dell’ex ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, e Hatnuah (“il
movimento”), di Tzipi Livni, ex leader del partito centrista Kadima. Nel
caso invece in cui si arrivasse il 16 marzo senza un governo, l’unica
alternativa è che si vada a nuove elezioni.http://www.ilpost.it/
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