lunedì 4 marzo 2013
I guasti dell’etnocentrismo benevolo
Di Yoram Ettinger http://www.israele.net
Alla vigilia della visita del presidente Barack Obama in Medio Oriente
vale la pena esaminare i danni che sono stati causati ai vitali
interessi economici e di sicurezza degli Stati Uniti da quello che
potremmo chiamare “etnocentrismo benevolo”.La tormentata storia delle relazioni internazionali ha più e più volte
dimostrato che i leader del Mondo Libero – che rappresentano un
minoranza sul piano mondiale – non dovrebbero mai illudersi che basti
offrire adeguati incentivi economici e diplomatici perché la maggior
parte delle società non-democratiche abbandonino la loro secolare scala
di valori optando per il dialogo invece dello scontro, per la pace
invece della guerra, per la tolleranza invece del fanatismo, per la
libertà invece dell’oppressione. I leader del Mondo Libero non
dovrebbero dare per scontato che basilari valori democratici come la
sacralità della vita umana, la libertà dell’individuo, il diritto di
perseguire la propria felicità, la coesistenza pacifica e la convinzione
che gli esseri umani sono creati tutti eguali, possano essere
automaticamente adottati dalla maggior parte delle culture
non-democratiche. La maggior parte delle società non-democratiche
considera questi valori delle minacce mortali.Ad esempio, nel 1967 il primo ministro britannico Harold Wilson decise
di introdurre l’autodeterminazione ad Aden (Yemen del Sud): una
decisione dettata in parte dalla politica degli Stati Uniti, che
volevano espellere la Gran Bretagna dall’Arabia e dal Golfo, e in parte
dalla sommossa anti-britannica nello Yemen meridionale. Tuttavia,
anziché promuovere l’autodeterminazione, la politica britannica e
americana finì per trasformare lo Yemen del Sud e del Nord in una grande
piattaforma del terrorismo islamico e internazionale, destabilizzando
ulteriormente la penisola Arabica e compromettendo democrazia e vitali
interessi britannici e americani.Nel 1978 il presidente americano Jimmy Carter fece pressione sullo Scià
di Persia perché accelerasse l’ampliamento delle libertà civili e
tollerasse le attività dell’ayatollah Khomeini e di altri elementi
anti-Scià. Carter mise al corrente i militari iraniani del suo disprezzo
per lo Scià, che era il più importante e fedele alleato degli Stati
Uniti nel Golfo Persico, innescando uno spostamento pro-Khomeini dei
generali iraniani e finendo col trasformare l’Iran in uno dei più
convinti nemici dell’America nel mondo.Nel 1989-90 la disgregazione dell’Unione Sovietica fu male interpretata
dal presidente George H.W. Bush (padre) e dal segretario di stato James
Baker come l’avvento di un “nuovo ordine mondiale” in competizione per
la democrazia e la generazione di “dividendi della pace”. Invece, il
“nuovo disordine mondiale” che ne scaturì aprì la strada all’invasione
irachena del Kuwait, alla corsa dell’Iran alle armi nucleari, alla
proliferazione/esplosione del terrorismo islamista in tutto il mondo
compreso il suolo stesso degli Stati Uniti.Nel 1993 il presidente Bill Clinton seguì il primo ministro israeliano
Yitzhak Rabin e l’allora ministro degli esteri Shimon Peres
nell’abbracciare Yasser Arafat come nuovo araldo di pace,
raccomandandolo per il Premio Nobel della Pace, e nel considerare il
“processo di Oslo” come la strada maestra per un Medio Oriente più
pacifico, più prospero, più libero e più stabile. Invece da Oslo scaturì
un’ondata senza precedenti di terrorismo, indottrinamento all’odio e
violazione degli accordi del tutto coerente con 1.400 anni di un mondo
arabo privo di pace interna, di rispetto degli accordi, di libertà e
democrazia.Nel 2003 la democratizzazione dell’Iraq era la prima delle priorità del
presidente George W. Bush (figlio), il quale dava per scontato che, in
una società violenta, potessero tenersi elezioni “libere” che
conducessero alla democrazia. Da allora, invece, l’Iraq è sconvolto da
un terrorismo senza eguali che ha accelerato la disgregazione del paese e
ha trasformato Baghdad in un satellite dell’Iran e nella principale
condotta per le forniture militare al regime di Assad.Nel 2011, la turbolenta “piazza araba” è stata percepita del Mondo
Libero come una “primavera araba”, una “marcia per la democrazia”, una
rivoluzione della “gioventù di Facebook”, una sorta di reincarnazione
dei movimenti di Martin Luther King e del Mahatma Gandhi. Nel 2013
appare ormai evidente che la sismica “piazza araba” sta conoscendo un
burrascoso “inverno arabo”, pericolosamente sbilanciato dalla guida di
soggetti canaglieschi che sono meno conosciuti, meno prevedibili, più
infidi, più violenti e più minacciosi verso gli Stati Uniti e il Mondo
Libero.Nel 2013 il Mondo Libero preferisce, con l’Iran, l’ingaggio economico e
diplomatico anziché quello militare. L’illusione che gli ayatollah siano
sensibili alle sanzioni economiche e ai valori democratici del
negoziato, dell’osservanza degli accordi, della coesistenza pacifica e
della promozione delle libertà civili sfida il buon senso e i dati di
realtà, come dimostra il caso della Corea del Nord. Il che ha garantito
all'Iran più tempo per sviluppare/acquisire capacità nucleari, cosa che
può risultare devastante per gli interessi economici e di sicurezza
nazionale dell’America e del Mondo Libero.L’esercizio di questa sorta di “etnocentrismo benevolo” – che
attribuisce la propria scala di valori democratici alle società
non-democratiche – viene costantemente interpretato dalle società
non-democratiche come un chiaro segno di debolezza e di declino. Il che
corrode la capacità deterrente dell'Occidente in un mondo che vede
crescere l’ostilità verso i valori occidentali, aggrava anziché
risolvere i conflitti regionali, e mette a repentaglio vitali interessi
economici e di sicurezza del Mondo Libero.(Da: Israel HaYom, 1.3.13)
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