giovedì 7 marzo 2013
Pessimisti e
ottimisti
Al
di là delle differenze di idee e di posizioni, mi pare che i commenti e
gli umori, riguardo all’esito delle elezioni italiane, oscillino
sostanzialmente tra i due opposti poli dell’ottimismo e del pessimismo.
C’è chi pensa, che, alla fine, il buon senso prevarrà, che la scossa
potrà rivelarsi salutare, che si aprirà una stagione nuova, con nuove e
interessanti opportunità ecc. ecc. E c’è chi pensa, invece, che la
situazione sia una delle più buie conosciute dal nostro Paese nel
dopoguerra, che non si scorgano schiarite all’orizzonte e che, se oggi
va male, domani potrebbe andare anche peggio.Naturalmente, anche gli ottimisti – se muniti di almeno un minimo di
raziocinio – non si nascondono le difficoltà e i pericoli, e anche i
pessimisti – tranne i depressi e i catastrofisti di mestiere – non
escludono che, in qualche modo, le cose possano un po’ aggiustarsi.Personalmente – pur dotato, di natura, di un carattere non
particolarmente tetro – mi iscrivo, purtroppo, al partito dei
pessimisti. Ma ho maggiore simpatia umana per gli ottimisti, di cui
cerco la compagnia e la conversazione, per farmi coraggio, così come
invece cerco di evitare il discorso con i miei “compagni di partito”.Limitatamente al problema della salvaguardia, nel presente e nel
futuro, dei valori dell’ebraismo, ho cercato di analizzare su cosa il
mio pessimismo possa basarsi. E sono andato a ripercorrere un po’,
mentalmente, la storia che conosciamo, per vedere quando questi valori,
in passato, siano stati minacciati, e per chiedermi se tali circostanze
si possano oggi, magari sotto mutate spoglie, ripresentare.Da quel po’ di storia che conosco, mi sembra di ricordare che, quando
la situazione economica va male, o molto male, per gli ebrei suona una
campanella di allarme, perché prima o poi salta su qualcuno a dire che
è colpa loro.Ricordo, poi, che, in passato, quando il costume civile si è
imbarbarito, e la lotta politica è giunta a travalicare e calpestare il
rispetto per le singole persone, per gli ebrei non ha tirato una buona
aria. Ricordo anche che, da quando esistono le istituzioni
democratiche, gli ebrei, come tutte le minoranze, hanno sempre trovato
in esse un essenziale strumento di difesa e salvaguardia, e, quando
tali istituzioni hanno vacillato, o hanno perso il consenso e la
fiducia della popolazione, le minoranze, e gli ebrei tra esse, sono
state le prime ad avere qualcosa da temere.Ricordo infine, che, tutte le volte che sul terreno è spuntato un capo
carismatico, seguito da folle oceaniche di masse plaudenti, per gli
ebrei non è stato un buon momento. I capi carismatici a volte sembrano
buoni, a volte cattivi. A volte restano quello che sembrano, altre
volte, invece, passano improvvisamente da buoni a cattivi,
semplicemente perché così, al momento, gli gira. In ogni caso, le masse
li seguono sempre, dovunque vadano. Per cui credo che la storia insegni
che è sempre meglio diffidare di loro, anche quando sono, o sembrano,
buoni.Sono ragioni sufficienti per fondare su di esse il mio pessimismo?
Spero di no, e vado a cercare un amico ottimista.Francesco
Lucrezi, storico http://www.moked.it
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