mercoledì 6 marzo 2013

Scelte difficili

Gli ebrei italiani che votano il 24 febbraio 2013 devono affrontare dilemmi, non certo semplici o dalle ovvie risultanze. Chiariamo subito che gli ebrei in Italia, come gli italiani in Israele che pure votano il 24 febbraio, non sono abbastanza numerosi da poter determinare i risultati elettorali. Sono inoltre ben diversificati culturalmente e socialmente, dunque non automaticamente identificabili con una specifica parte politica. Per averne la prova basta leggere la stampa ebraica italiana e confrontare la sua molto difforme rappresentazione della politica contemporanea. Tutto ciò è molto positivo se prova l'indipendenza di opinioni dell'ebraismo italiano. Ma ci sarà poi senza dubbio chi vorrà affermare che gli ebrei italiani, in quanto leali cittadini del Paese, non hanno il diritto o la facoltà di esprimere giudizi politici collettivi ma solamente individuali. Cittadini italiani di "fede mosaica", dunque, o anche Italiani di "origine" ebraica. E anzi, dirà qualcuno, è meglio non farsi notare troppo. Ma, oltre l'innegabile individualità e segretezza del voto, vi è anche chi ritiene che gli ebrei – anche in Italia – costituiscano anche una comunità e pertanto possano o debbano anche riferirsi a interessi civici del collettivo di appartenenza e non solamente a interessi civici personali.È ovvio che i cittadini ebrei debbano condividere con tutti gli altri cittadini italiani l'interesse a una società improntata a benessere economico e pieno impiego, giustizia sociale, magistratura indipendente e competente, funzionalità ed equità dei servizi pubblici, alta qualità del sistema educativo e dell'espressione culturale, non ingerenza dell'autorità ecclesiastica nella società civile, alto prestigio dell'Italia nelle relazioni e negli impegni internazionali. Vediamo invece di delineare in breve quali possano essere gli interessi particolari condivisi del collettivo ebraico in Italia: il diritto alla sicurezza fisica di fronte a possibili offensive finalizzate contro la comunità ebraica, il diritto alla memoria della propria storia e civiltà e alla difesa dal vilipendio delle suddette, il diritto alla libertà e parità della propria identità – fra cui la tutela del culto religioso e dei propri usi e costumi, e il riconoscimento del diritto del popolo ebraico ad affermare e difendere la sovranità, nella fattispecie lo stato d'Israele. In vista delle elezioni, si tratta quindi di individuare quali siano le forze politiche in campo meglio in grado di tutelare ognuno di questi obiettivi.La prima scrematura si opera senza esitazione sulle questioni della memoria, dei valori civili, del diritto alla propria cultura. La prima preclusione è dunque quella nei confronti dei fascisti, neo-fascisti, para-fascisti e proto-fascisti (incluso Grillo).Ma si può allora votare per chi, pur non facendone parte, è disposto ad andare con simili compagni di viaggio? Per esempio, nel 2008 Berlusconi ha raccolto il consenso della maggioranza degli ebrei italiani (e dei tre quarti degli Italiani in Israele – la più alta fra tutti i paesi del mondo) su una ben precisa e circoscritta questione: la sua rottura con la politica francamente anti-israeliana e servilmente filo-araba del periodo Craxi-Andreotti-Forlani e l'instaurazione di un cordiale rapporto bilaterale paritetico Italia-Israele imperniato su interessi comuni, prese di posizione equilibrate sulla scena internazionale, rispetto e incentivo per le rispettive culture, vera amicizia. Ma le dichiarazioni confuse e nostalgiche di Berlusconi il Giorno della Memoria suscitano sbalordimento. Esiste dunque nei confronti del Cavaliere un serio dilemma di scelta fra la sua passata posizione pro-israeliana, da un lato, e dall'altro le sue impresentabili esternazioni e alleanze politiche. Né appare logico prospettare un forte voto ebraico per la Lega, con le sue velate o aperte pulsioni xenofobe.A sinistra, il Partito Democratico continua a presentarsi con le sue due anime contraddittorie, quella d'alemiana dell'equivicinanza a Israele e a Hamas, e quella della Sinistra per Israele. Bersani appare uomo di governo equilibrato, ma certo in politica estera deve consultarsi coi suoi collaboratori e con la loro retorica terzomondista. E comunque, anche il P.D. non potrà governare da solo ma dovrà cercarsi degli alleati. Questi includono in prima fila il pool dei sindaci (De Magistris, Orlando) che invece di dedicarsi a tempo pieno al degrado delle loro grandi città, supportano la flottiglia per Gaza o esprimono rozze posizioni filo-Hamas a proposito dei più recenti scontri al sud di Israele. Un bel deterrente.Al centro, non si può non guardare senza interesse all'esperimento di Monti di creare un nuovo concetto per la politica dell'Italia. Ma sorgono perplessità di fronte al sempre più evidente coinvolgimento dei vescovi e al processo di rifondazione democristiana, col simbolo dello scudo crociato in bella evidenza – accanto a persone di diversa matrice politica e a nuove forze della società civile. In quest'area politica, che ha avuto molta parte nelle scelte del governo Monti, è stato sorprendente e per molti davvero deludente il voto dell'Italia a favore dell'ammissione della Palestina all'ONU, dopo l'astensione annunciata dal Ministro degli Esteri Terzi. Il dilemma è grande e la tentazione dell'astensionismo è forte. Ma l'Aventino è da sempre un fatale errore in politica, e quindi è doveroso prendere posizione. Ognuno sceglierà dopo un'attenta valutazione dei pro e dei contro.Sergio Della Pergola, n.53 di Kol ha italkim

(il pezzo e' stato scritto prima delle elezioni. Dopo le elezioni, le scelte sembrano ancora piu' difficili di prima...)

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