venerdì 12 aprile 2013
Un eroe come tutti gli altri
I commenti e le polemiche seguite alla pubblicazione del resoconto
della cattura di Gilad Shalit – dal quale si evince che il giovane
militare, in occasione dell’attacco armato che costò la vita ai suoi
sfortunati commilitoni, e a lui cinque anni di crudele prigionia, ebbe
un comportamento non propriamente da ‘eroe’ – sono caduti,
significativamente, in concomitanza con lo Yom haShoah ve haGevurah, il
Giorno della Shoah e dell’eroismo.Shalit, quel tragico mattino del 25 giugno 2006, non fu un eroe. Si era
addormentato – imperdonabile leggerezza – e, una volta svegliato
dall’aggressione, non ebbe il coraggio di rispondere al fuoco, cosa che
avrebbe avuto la piena possibilità di fare. Inoltre, prese l’insensata
decisione di uscire dal tank, disarmato, quando avrebbe potuto resistere
dall’interno, per consegnarsi docilmente nelle mani degli aggressori.
Non fu un eroe. Si comportò da normalissimo ragazzo di vent’anni,
strappato così precocemente agli svaghi, lo studio, gli amori, la
spensieratezza, a cui avrebbe avuto pieno diritto, come tutti i ragazzi
della sua età, per avere immediata dimestichezza con carri armati,
mitra, granate, sangue e morte. E, come è stato notato, proprio
l”antieroismo’ di Gilad ha aumentato, non certo diminuito, l’universale
simpatia e solidarietà umana nei suoi confronti. I criminali terroristi
non hanno compiuto una feroce violenza contro un ‘soldato’, ma contro un
ragazzo: un ragazzo come tanti, come tutti, colpevole solo di vestire
la sua divisa. Chi ha commentato il racconto della sua cattura –
conosciuto, fra l’altro, grazie proprio alla sua sincera testimonianza,
cosa di cui gli va reso onore – per criticarne la condotta, ha fatto
male.“Beato il Paese che non ha bisogno di eroi”, disse Bertold Brecht.
Israele, da questo punto di vista, non si può certo dire un Paese beato.
Non è beato un Paese che, per continuare ad esistere, chiede ai suoi
figli di vent’anni non solo di sapere cantare, fare sport, ballare,
studiare, viaggiare – come si chiede, dovunque, ai loro coetanei – ma
anche di essere in grado di passare notti insonni nel chiuso di un
cingolato, di prestare attenzione al minimo rumore sospetto, di guardare
in un mirino e premere il grilletto, senza lasciarsi distrarre,
eventualmente, dal fatto che i loro compagni sono caduti a terra, morti o
agonizzanti. Eppure, proprio la straordinaria gioventù di Israele, la
sua eccezionale tempra morale, rappresenta il vero ‘tesoro’ del Paese,
l’inestimabile risorsa che permette di guardare al futuro, nonostante
tutto, con fiducia. Il vero eroismo non consiste nel sapere compiere
azioni audaci in momenti difficili, ma nel sapere conservare, anche
nelle più tragiche circostanze, una legge morale dentro di sé, il senso
dell’incommensurabile distanza che separa il giusto dal malvagio. Come
disse Kant, “il cielo stellato sopra di sé, la legge morale dentro di
sé”. Basta questo per essere uomini, per essere eroi. Non è poco. Ed è
questo che rende eroi, al di là dei vari comportamenti assunti, tutti
coloro che hanno subito la barbarie nazista, come tutti colori che ad
essa hanno resistito. E tutti, senza eccezione, i soldati di Israele:
coraggiosi e pavidi, temerari e prudenti, piccoli e grandi. Tutti, senza
alcuna differenza, da ammirare e ringraziare.Francesco Lucrezi, storico (10 aprile 2013) http://moked.it/blog/2
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