lunedì 6 maggio 2013
I raid israeliani, Hezbollah e le armi chimiche. Ecco cosa succede in Siria
Uno scenario
così complicato, forse, non l’avevano immaginato nemmeno gli esperti.
Tutto cambia. Tutto si muove. Tutto s’intreccia. E alla fine, la
sensazione, è che un dato certo resiste per poche ore. Poi non ha più
nessun valore.È dura,
negli ultimi giorni, riuscire a capire cosa stia davvero succedendo in
Siria. Mancano gli uomini sul campo. Occhi affidabili che possano dare
il quadro del Paese. Mancano anche certe informazioni satellitari. Di
quelle, per intenderci, che sappiano almeno individuare chi – negli
ultimi mesi – sta usando le armi chimiche. Chi, per essere più
espliciti, sta disperdendo gas sarin su parte della popolazione siriana.
Informazione, anche quest’ultima, che ieri – domenica sera – ha preso
un’altra piega.I DUE RAID NOTTURNI
– E allora. Quello che è certo è che, dopo il doppio raid notturno
dello scorso gennaio, per due sere consecutive – venerdì e sabato –
l’esercito israeliano ha portato a termine due incursioni aeree contro
edifici dell’esercito siriano e contro convogli carichi di missili a
pochi passi dal palazzo presidenziale del presidente Bashar Assad a
Damasco.Gerusalemme non ha mai confermato i raid.
Bisogna perciò affidarsi alle fonti. Agli esperti militari –
israeliani, americani, britannici e francesi – che, tutti dietro
richiesta di anonimato, rafforzino quello che da ore sospettano in
molti. Tre sarebbero i fattori che avrebbero spinto lo Stato ebraico a
intervenire direttamente in un conflitto dal quale per mesi hanno
cercato di stare fuori.L’OK USA, GLI IRANIANI E I MISSILI
– Il primo: il consenso degli Usa a qualsiasi azione militare in grado
di fermare il trasferimento di qualsiasi tipo di armamenti dalla Siria
agli uomini di Hezbollah, in Libano. Il secondo fattore: la presenza
massiccia di uomini attorno ai confini settentrionali d’Israele. Si
tratterebbe di miliziani sciiti di Hezbollah (lungo l’asse con il Paese
dei cedri) e, novità assoluta, di basiji, volontari iraniani addestrati a
gestire le rivolte interne e quelle per le vie delle città. Secondo
alcuni esperti militari israeliani negli ultimi mesi in Siria sarebbero
arrivati almeno seimila basiji.
Il terzo
fattore è quello che allarma di più: l’arrivo, da Teheran, dei
Fateh-110, missili a lunga gittata da 500-600 chili, in grado di colpire
Tel Aviv, Gerusalemme, Haifa, Beersheva. Il carico sarebbe arrivato
poco più di una settimana fa. Con destinazione finale i depositi di
Hezbollah. Tutti motivi che spiegano – secondo i bene informati – anche
il richiamo a sorpresa di migliaia di riservisti israeliani per
un’esercitazione che non era stata prevista per il 5 maggio. Per ieri.
Esercitazione che, in realtà, non c’è stata. Ma i soldati dell’Idf,
quelli sì, ieri erano visibili lungo tutto il nord d’Israele.LA MINACCIA DI DAMASCO
– In mancanza di informazioni accurate e certe, Gerusalemme procede a
piccoli passi. Israele sa che Assad sta attraversando un momento
delicato: da queste settimane dipende l’esito della sua resistenza ai
ribelli e alle ostilità di alcuni Paesi occidentali. Ma è questa
incertezza di fondo che, dal punto di vista militare, porta più di
qualcuno a temere una risposta scomposta di Damasco dopo i raid
israeliani. Incertezza alimentata da Al-Mayadeen, tv vicina ad
Hezbollah, che domenica pomeriggio – citando fondi siriane – ha spiegato
che Assad avrebbe deciso di dispiegare batterie di missili orientate
verso Israele e dato l’ok alla fazione palestinese di attaccare lo Stato
ebraico dalle Alture del Golan.
LE POSSIBILITÀ DI UNA GUERRA SIRIA-ISRAELE
– Verità o bluff? Gli analisti israeliani, per ora, restano prudenti.
Spiegano – soprattutto ai microfoni della tv Canale 10 – che «le
probabilità di una reazione siriana o addirittura di una guerra sono
basse». Ma precisano anche che «più lo Stato ebraico continua con i raid
sul Paese più aumentano i rischi di una replica siriana». Replica che
potrebbe anche essere messa in pratica da Hezbollah o dall’Iran. Con il
rischio, concreto, che altri Stati entrino nel giro di poche ore nel
mattatoio siriano. Intanto per prudenza, l’esercito israeliano ha
disposto la chiusura ai voli civili dello spazio aereo nel nord del
Paese e su Haifa almeno fino a giovedì. Decisione che ha costretto la
compagnia aerea locale Arkia a sospendere la tratta Eilat – Haifa almeno
fino alla metà della settimana.L’INCHIESTA SUL GAS SARIN
– A complicare ancora di più lo scenario mediorientale è l’intervista
che l’ex procuratore capo del Tribunale penale internazionale per i
crimini nell’ex Jugoslavia, Carla Del Ponte, ha rilasciato alla tv della Svizzera italiana.
«Abbiamo le prove che ad utilizzare armi chimiche in Siria sono stati
gli insorti e non gli uomini fedeli al regime di Bashar Assad», ha detto
Del Ponte, membro della commissione Onu che sta indagando sui crimini
di guerra commessi nel Paese.«Stando alle
testimonianze che abbiamo raccolto i ribelli hanno usato armi chimiche,
facendo ricorso al gas sarin» ha aggiunto. E precisato che comunque «le
indagini sono ben lungi dall’essere concluse. Le nostre inchieste
dovranno essere ulteriormente approfondite, verificate e accertate
attraverso nuove testimonianze ma, per quanto abbiamo potuto stabilire,
al momento sono solo gli oppositori al regime ad aver usato il gas
sarin». Se il risultato dovesse essere confermato, per Washington
potrebbe significare il ripensamento della strategia politica e
militare. Per i ribelli, invece, un esito in grado di fargli perdere
qualsiasi appoggio internazionale.http://falafelcafe.wordpress.com
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