lunedì 17 marzo 2008

Tel Aviv


Le memorie di Welda - Genova 8 marzo 2008


21 febbraio 2008. Ecco, sto scendendo…sto arrivando in Israele. Certo, ne sono certa, ma…qualcosa non va. Dunque, vediamo: non lo riconosco. Non lo riconosco da quando ci sono stata “l’ultima volta”

Beh, risale a un pochetto di tempo indietro. Pochetto. Si fa per dire. Però si dice che il tempo è relativo…

Mezzo secolo fa, non arrivavo a Tel Aviv, ecco la prima differenza. La Terra Promessa la vivi dal mare. Arrivavo con la “Theodor Herzl”, l’allora orgogliosa “capitana” della flotta passeggeri della ZIM (compagnia di trasporti). Capitana …di una piccola flotta, per favore! Allora, torniamo un po’ indietro…..

Mentre la nave (20.000 tonnellate di stazza , pensa te!)si avvicina lentamente all’attracco , trascinata dalle pilotina, suonano tante sirene e vedo delle piccole barche che ci vengono incontro . Braccia levate al cielo e tanti canti. Ci fanno festa! Proprio come se fossimo amici da tanto tempo attesi. Andiamo lentamente avanti, circondati dalle piccole barche e da volti ridenti e commossi. Qualcuno piange e non capisco perché. Sono troppo giovane e stupida per capire i miracoli.
Piango io adesso, che capisco, perché sono vecchia ed ho sofferto e capisco qualcosa di più. E sento un nodo alla gola. Commozione? Penso di si. Adesso. Dopo mezzo secolo. Rivedo quei visi e penso che ora saranno come me, nonni e nonne. Occhi stanchi con un ‘ombra di perduta bellezza e tanta, tanta esperienza sofferta, qualche volta straziante.

Ecco: ho 24 anni ed arrivo. Un giovane uomo Yoram (che un anno prima ho aiutato ad imbarcarsi su una minuscola nave da carico, la “Caterina Madre” di 500 tonnellate, comandata dal Capitano Sardi) mi aspettava. Yoram diventerà poi un grande, meraviglioso medico ricercatore alla UCLA di Los Angeles e poi… ma questo lo racconto dopo.

Sbarco tra la gente che continuo a non capire perché in festa.
Comincia la mia avventura. Haifa è piccola e bella. Il Carmel verde e poco abitato e io sono giovane e sciocca. Sembra proprio un piccolo Paese, questo. Nel mio Paese ci sono i grattacieli, perbacco! Qui no, è tutto semplice e gentile, direi.

Partiamo. Tel Aviv, ecco Tel Aviv. Sono segretaria della Compagnia ZIM di Genova, scrivo e ricevo continuamente posta da questi posti. Li immaginavo più grandi. Bello, però. E poi vedo la gente in torno a me. E comincio a pensare che c’è qualcosa in loro, una fierezza che percepisco, senza spiegarmela. Uomini e donne in abiti quasi militari, passi decisi e consapevoli…

E poi via, per la spiaggia di Tel Aviv, libera, piccole onde di traverso. Si può camminare e raccogliere conchiglie. Ne faccio un bel mucchio. Le ho ancora, adesso, dopo. .non voglio parlare del tempo, non conta.

A Netanya, la famiglia Heller ha una piccola, deliziosa casetta, con piccolo, incantevole giardino proprio sulla spiaggia. Tanta spiaggia, pochissime costruzioni.

E poi continua il mio viaggio, ma forse a questo punto penso sia chiaro che visitavo un piccolo paese ancora lontano dallo sviluppo del nostro vecchio Occidente. Già, mi sentivo sempre …”in campagna”…

Sono a Nazareth, salgo nella piccola strada, tagliata nel centro, come un piccolo canale per non so cosa. Mercanzia sulla strada, intendo di ogni tipo, anche commestibile. Donne e uomini con abiti lunghi…penso di trovarmi in un settore arabo. Odori particolari. Un anziano signore, in un angolo, fuma (credo) da un grosso contenitore,, attraverso un lungo, spesso spago (forse). Nazareth è proprio piccolina, forse come quando ci camminava Gesù o quasi.

Sono a Tiberiade, tanto bellissimo lago e poca, pochissima gente. Ci arrivo in autostop, con i fratelli Yoram e Eri, tirati su a bordo di una camionetta di giovani vestiti da militari. Poi Kfar Naum (Cafarnao). Grandi sassi, residui credo di una vecchia sinagoga o giù di lì. Mi dicono che ci pregava Gesù. Intorno il nulla, solo delle grosse lucertolone (che poi saprò essere iguane) che scorrazzano qua e là. Non ci credete? A vedere come stanno le cose ora – quasi non ci credo neppure io!

Ed ecco Gerusalemme, beh, quel pezzetto visitabile! All’epoca era stata annessa alla Giordania che non permetteva nessuna visita. Salgo sulla terrazza di un edificio e guardo al di là, verso la città vecchia. Ai piedi dell’edificio, si allunga una quindicina di metri di lamiera ondulata alta più di due metri (almeno così ricordo), bucata da proiettili,così mi dice Yoram. Di là non si può andare, che rabbia! E’ bella e mistica questa città, ma mi sembra triste e come “appannata”, come se in qualche modo fosse in lutto. Sono triste ed anche le persone che vedo sono tristi e diverse. Ma i giovani no. Loro sono sempre fieri. E belli. E determinati.

Via. Verso Eilath. E il deserto del Negev. Un incubo. Ore e ore, da Tel Aviv. Quante non so, ma troppe. E solo e sempre deserto, senza nulla, solo, solo deserto. Eilath…è una lunga spiaggia bianca. Là in fondo si vede Acaba in Giordania. Forse camminando sulla spiaggia calda, posso arrivarci a piedi.

La città? Beh, nessuna città! Quattro casupole, fatte di niente. Niente strade, solo tracciati polverosi. E un piccolissimo molo per tenerci le barche dei pescatori. Poi vedo un ‘imbarcazione un po’ più grande. Forse piccoli trasporti, non so.

Il tempo: Il tempo. Ora lo sento tutto. Sono stanca, ho 74 anni e sono in visita con un gruppo di amici di Israele ad una base militare e…. Mio Dio, ragazzi: io vi conosco, certo, vi conosco! Siete voi, io lo so, vi conosco! Siete belli, giovani e fieri e determinati….ed io sono giovane come voi…ma certo, siete voi, io…mi sento strana: Come posso spiegare… io vi ho conosciuto 50 anni fa, ma…erano i vostri nonni, ma uguali a voi. Ho un nodo alla gola: Siete voi ed io sono profondamente triste. Ho capito tante cose, ma soprattutto una, sconvolgente , agghiacciante e tremendamente reale: la guerra non vi ha mai lasciati. E’ sempre lì. I vostri volti sono quelli dei vostri nonni. Fieri e determinati. Avanti così ragazzi, anche se è nella pace che dobbiamo mettere tutti i nostri sogni, i nostri desideri, il nostro – o meglio – il vostro futuro. Avanti così, bimbi miei, difendete questa vostra bellissima terra. Onorate i vostri nonni che hanno saputo crescere datteri, pomodori e …. Tutto quello che ora si vede su una terra aggressiva e desertica. Pochi ci avrebbero scommesso. Ed invece, eccovi lì, belli, fieri, determinati e forti.

Io sono stanca e vecchia , ma con tutta lo voce che mi rimane vi dico: avanti così, ragazzi!


Welda

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