martedì 15 aprile 2008

museo Turgeman Post - Gerusalemme

"Sono stato l’assistente del dottor Mengele"

di Miklòs Nyiszli
Traduzione di Augusto Fonseca
Zane Editrice € 19

All’ombra di Auschwitz, un racconto di morte e di resurrezione.
La testimonianza del medico ungherese Miklòs Nyiszli non è l’ennesimo libro sui campi di sterminio, ma un saggio di enorme profondità e valore sia sotto il profilo storico che umano.
Nel maggio del 1944 il dottor Nyiszli viene deportato insieme alla sua famiglia nel campo di sterminio di Auschwitz e grazie alla sua specializzazione in medicina legale viene “scelto” dal dottor Mengele come assistente per effettuare autopsie su cadaveri di gemelli, di persone affette da nanismo o di storpi che diventano l’oggetto di esperimenti medici per dimostrare la superiorità della razza ariana.
Il medico ungherese, incaricato anche di curare il personale che opera nelle camere a gas e nei crematori, è testimone oculare degli orrori che si perpetrano nel campo di sterminio: assiste impotente alla strage di migliaia di individui nelle camere a gas, alla liquidazione del campo dei cechi e degli zingari.

Eppure la profonda pena, la sofferenza e la disperazione che prova dinanzi a simili atrocità non gli impediscono di fissare nella memoria anche i più piccoli particolari del luogo dove trascorre le sue giornate e degli aguzzini che hanno potere di vita e di morte sui deportati per far conoscere al mondo quegli orrori.
“Se, comunque, un giorno nonostante tutto tornassi in libertà e raccontassi quello che ho visto, pensate che sarei creduto? Per colmo di sventura, non vi saranno mai parole adatte a dare l’impressione di quello che qui è accaduto. Tuttavia, mi sforzo di fissare bene nella memoria le immagini, per non dimenticarle mai….”
Qual è dunque il prezzo di una vita?
Nei campi di concentramento valgono i principi delle persone “normali”?
Ogni lettore che si addentra in questo straordinario libro di memorie è costretto a rispondere a questo interrogativo.
La lettura di “Sono stato l’assistente del dottor Mengele” è una lenta, costante, inesorabile discesa in un inferno umano inimmaginabile, un deserto dell’anima che non conosce eguali.

Con la pietas che è una delle caratteristiche salienti della sua personalità di uomo e di medico – un sentimento che pare essersi dissolto ad Auschwitz – Miklòs Nyiszli ci conduce negli abissi delle camere a gas dove “i corpi non giacciono sparsi sul pavimento della sala, ma sono arrampicati in una catasta mostruosa, alta e intrecciata….” e dove salvare una giovinetta rimasta miracolosamente in vita non servirà a nulla perché comunque “deve morire”; osserviamo con crescente orrore la sala anatomica dove l’autore è costretto ad effettuare le autopsie sui gemelli uccisi con iniezioni al cuore e i cui risultati dovrà sottoporre al dottor Mengele, un criminale che mandando a morte migliaia di esseri umani ha messo la sua conoscenza medica al servizio del male assoluto.
Seppur immerso in questo inferno il dottor Nyiszli non verrà mai meno ai suoi principi etici e morali dedicandosi con abnegazione anche nei confronti di quei compagni che, sopraffatti dalla disperazione, cercano di togliersi la vita, sfruttando infine il suo status di “privilegiato”, quale assistente di Mengele, per portare cibo, medicinali e conforto nel campo delle donne dove ritrova la moglie e la figlia quindicenne.
Dopo essere passato dal campo di Mauthausen, di Melk, sulle rive del Danubio, Nyiszli giunge nel campo di Ebensee, dove viene liberato dagli americani. E’ il 5 maggio 1945.
Con un linguaggio immediato, a volte necessariamente crudo, di forte impatto emotivo, l’autore ci consegna un libro che sa parlare alla storia, alla mente e al cuore perché racconta di uomini che sono riusciti a resistere al male anche grazie al pensiero di poter consegnare ai vivi la loro storia disperata, vincendo per sempre l’oblio.
Ed ora il compito del lettore che ha conosciuto e apprezzato questo libro di memorie è divulgarlo il più possibile e far conoscere siffatta testimonianza alle giovani generazioni perché ciascun individuo si faccia portatore di un messaggio per l’umanità intera:
Zakhor. Al Tichkah.
Ricorda. Non dimenticare mai.

Giorgia Greco

1 commento:

Anonimo ha detto...

se non sbaglio c'era qualche detto ebraico che diceva: nella memoria sta la forza della redenzione.
Anche se non ci fosse redenzione, se ci fosse il nulla (orrendo al solo pensarlo visto il dolore del mondo) LA MEMORIA e' una delle cose piu' preziose, che noi "poveri uomini"possiamo conservare e tramandare: per noi, e per gli altri.
cordiali saluti