lunedì 16 giugno 2008

deserto della Giudea

UN DOCUMENTO DEL 1938

LETTERA DI UNA EBREA FASCISTA A VITO MUSSOLINI

E’ pubblicata in parte nella raccolta, a cura di Paola Frandini, Ebreo, tu non esisti!, le vittime delle leggi razziali scrivono a Mussolini, San Cesario di Lecce, Manni, 2007. Qui la riproduciamo interamente, con una introduzione.

Molti ebrei, ad ogni attacco antisemita della stampa fascista, scrissero ai giornali nel ventennio, e più che mai all’avvicinarsi della bufera, nel 1937-38. La lettera che pubblichiamo, di una ebrea fascista, subito all’indomani del manifesto della razza, firmato dagli scienziati, spicca per estensione di pagine, per sofferto ed acceso tono personale, per il passaggio dal cruccio per la svolta razzista allo strenuo ed ingenuo suggerimento di un formula che conciliasse con il principio della razza la permanenza degli ebrei nella patria e nel regime.
La ho reperita tra la documentazione della Segreteria particolare del duce e la pubblico per intero, nella sua prolissità di scritto, che aveva a monte il trepidante interesse per la politica ebraica del fascismo e che si snoda tra apologetica del patriottismo ebraico, appello alle passate rassicurazioni, sforzo di convincere il big cui si rivolgeva, ricerca della formula salvifica: va bene, non facciamo parte della razza, giacché la avete decisa, ma riconoscete che siamo italiani per meriti e per sentimento.
Nel numero scorso, per un quesito posto da Carla Forti a proposito di Pardo Roques, si parlò del bivio epocale tra l’ italiano ebreo e l’ ebreo italiano. Questa signora o signorina, di nome Vittoria e di cognome Levi, è prototipo dell’italiana ebrea. Viveva a Milano. Era colta, documentata, ma non una intellettuale. Dal Gruppo universitario fascista passò nel 1935, nell’emblematico giorno delle sanzioni, nel Partito nazionale fascista, con piena e sincera fede. Si sentiva, al tempo stesso, ebrea, nell’accezione unicamente religiosa del termine, e non rinnegava l’ebraismo. Non distingueva bene i concetti di assimilazione e di integrazione, usando solo il primo dei due termini, come molti facevano, e affermando che gli ebrei italiani erano assimilati in tutto, tranne per la religione. Evitò di scagliarsi contro i sionisti e contro i correligionari antifascisti, presenze scomode, volendo sostenere che il complesso degli ebrei italiani fosse univocamente italiano e fedele al regime. Solo nell’ultima parte, riflettendo sul capo d’accusa che le si sarebbe opposto, relativo al sionismo, vantò come rappresentative dell’ebraismo italiano le posizioni de “La Nostra Bandiera” e del Comitato antisionista degli italiani israeliti. Le leggi antiebraiche non erano ancora state varate, ma Vittoria, procedendo nel dolente ed appassionato scritto, le mise in conto, dando comunque la priorità all’offesa dignità morale e patriottica rispetto alle conseguenze pratiche che sarebbero venute dai provvedimenti.
Chiedeva dunque a Vito Mussolini di pubblicare sul “Popolo d’Italia” un codicillo al manifesto della razza, che salvasse l’appartenenza degli ebrei italiani all’Italia, sotto forma di affiliazione volontaristica, per meriti e per sentimento. Riusciva patetica nell’addurre anche un elemento fisico di somiglianza, dato che la fisionomia (le facce) degli ebrei italiani era diversa da quella degli altri ebrei e simile a quella degli italiani. Stentava a rendersi conto che il manifesto degli scienziati era stato voluto dal duce proprio per escludere gli ebrei.
La lettera non fu pubblicata, e, a parte la censura antisemita ormai imperante, non si prestava per la lunghezza alla pubblicazione. Del resto lei stessa la concepì per ottenere un passo a favore degli ebrei sul giornale di Mussolini e non per essere pubblicata.
Non riporto l’elemento, particolarmente privato, del suo indirizzo di casa, da lei indicato sotto la firma, per coraggiosa presentazione e nella speranza di ricevere una risposta, che non credo le sia giunta. Ma la lettera, a sua insaputa, fu evidentemente giudicata interessante, se ne venne dattilografata la copia e serbata tra le carte della Segreteria particolare del duce. La scrittura di questa parola in lettere stampatello, DUCE, era divenuta d’obbligo.
Giacomo Venezian, caduto nel 1849 a difesa della Repubblica Romana, viene confuso con l’ omonimo irredentista e giurista caduto nella prima guerra mondiale.
Nel Libro della memoria di Liliana Picciotto Fargion compaiono due persone con il nome e cognome VITTORIA LEVI, entrambe deportate e soppresse, l’una nata nel 1869 a Casale Monferrato e l’altra nel 1888 a Urbino. La loro età non si addice all’autrice della lettera, che fu studentessa universitaria nei primi anni ’30. Non posso dire se fossero sue ascendenti o parenti.
________________

Dott. Vito Mussolini
Direttore del “Popolo d’Italia”
Milano - Via Arnaldo Mussolini 10

Permettetemi di scriverVi in merito a una dichiarazione emanata dal Vostro giornale, oltre che da tutti gli altri giornali. Preferisco rivolgermi a Voi, perché siete il figlio di Arnaldo, il nipote del nostro DUCE, il direttore infine del giornale fondato dal DUCE.
Mi rivolgo a Voi da italiana a italiano, da fascista a fascista, e perdonate se l’argomento è delicato, ma ho voluto scriverVi perché l’affermazione che dico mi è arrivata come una mazzata e mi è motivo (e non solo a me credetelo) di strazio indicibile. Abbiate la bontà di leggermi fino in fondo, Vi scongiuro.
Come vedrete dal mio stesso cognome, io sono ebrea di religione, e l’affermazione di cui parlo è quella di quel gruppo di docenti che, fissando la posizione del
Fascismo nei confronti della razza, ha reso noi, italiani ebrei, stranieri nella nostra patria!
Ebbene, a Voi, figlio dell’indimenticabile Arnaldo e nipote del DUCE, io dico /e con me dicono gli ebrei italiani tutti): fate tutto quel che volete, discutete sulle razze, diteci anche, se vi piace, che noi ebrei apparteniamo a una razza inferiore e degradata, tutto vi permettiamo, ma non dite, in nome di Dio, che non siamo italiani come voi! Questo no! E permettetemi, vi prego, di fissare in poche parole la posizione vera degli ebrei in Italia.
Nello scritto anzidetto, viene affermato nel modo più categorico che esiste una pura razza italiana appartenente alla razza superiore ariana. E va benissimo. Potrei ricordarVi che nel Congresso tenuto a Londra (il “Congresso antropologico”) nell’agosto 1934, al quale parteciparono fra gli altri l’accademico Pettazzoni e Lidio [Lido] Cipriani, venne affermato che “i mediterranei furono creatori della prima civiltà” e che “la razza ariana non è mai esistita” (relazione dello stesso Cipriani nel “Corriere della Sera del 19 agosto 1934 – XII); ma io non me me intendo di antropologia e vi riferisco solo quanto detto allora. Posso ricordare però quanto disse il DUCE stesso al Ludwig: “Non esiste più alcuna razza pura e neppure gli israeliti sono rimasti senza mescolarsi. Precisamente da felici mescolanze sono spesso derivate la forza e la bellezza d’una Nazione. Razza: ciò è sentimento, non realtà! Io non crederò mai che possano dimostrarsi razze più o meno biologicamente pure…” (Emilio Ludwig, “Colloqui con Mussolini”, Mondadori ed., Milano).
Comunque, ammettiamo pure che esista una pura razza formata però dalla felice mistione di più razze diverse. E qui vengo, a questo punto, all’affermazione che mi preme: per quei “docenti d’Università” saranno senza dubbio forti in antropologia, ma non altrettanto nella storia, oltreché difettano di memoria e perciò sbagliano grossolanamente. E infatti: 1) – “…Il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia, ecc.” I docenti in questione affermano con sicurezza che ciò avvenne “perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli italiani.” Io non discuto affermazioni scientifiche proclamate così “ore rotundo”, ma ricordo molto bene un elemento che è a loro sfuggito perché appartiene alla storia: il “ghetto”! Diamine, possibile che non se ne siano ricordati? Il processo d’assimilazione fu sempre rapidissimo, ma gli ebrei durante i secoli nonsi sono assimilati: ma diamine, l’avessero pur voluto, i cristiani l’avrebbero loro impedito, anzi l’ hanno senz’altro impedito appunto con la creazione del ghetto per segregarli! E se è ben naturale che, in tempi in cui la religione sovrastava sin alla scienza, venissero allontanati gli ebrei dal consorzio umano, è altrettanto evidente che è questa appunto la causa per cui non han potuto assimilarsi prima! I ghetti furono fatti “proprio” perché non si assimilassero. Le altre stirpi si sono assimilate fra loro e quella ebrea no? Ma le altre stirpi non c’entravano con l’uccisione di Gesù Cristo, quindi per esse sarebbe stato assurdo il ghetto e cioè la “voluta” dai cattolici separazione! E’ chiaro! Non è più dunque per gli “elementi razziali diversi”! Ho detto poi che quei docenti illustri mancano pure di memoria; infatti 2) “gli Ebrei non si sono mai assimilati”: potevano almeno, per imparzialità, aggiungere: “nel corso dei secoli” (e sempre per la ragione che ho detto io, della non voluta assimilazione da parte dei cristiani, cosa umana del resto, dati i tempi). Giacché se l’assimilazione non è avvenuta nel Medio Evo, è pur avvenuta – e intermante – non appena gli ebrei ebbero uguaglianza di diritti. Non ricordano più che il ghetto udrò sino a metà dell’800 e che quindi è stato abolito – e permessa quindi l’assimilazione, prima non permessa – appena un secolo fa? E non ricordano parimente che, ancora vigente il ghetto, gli ebrei italiani cooperarono coi cattolici per l’Italia, e che (lo voglio dire con le parole di uno che non potrà essere accusato di essere ebreo, né tanto meno di non essere patriota di fede provata, e morto in questi giorni: Dario Lischi,* nella sua rivista “Costruire” del giugno (o luglio, non ricordo bene ora del 1937): “… in Italia … gli Ebrei da lungo tempo si sono amalgamati con la popolazione italiana, fino a dividerne le vicissitudini volontariamente e spesso con slancio, fino a sopportare uniti gli stessi sacrifici, i martìri, fino a dare con sincerità il proprio sangue oltre che gli averi, in perfetta comunione di idee e di spirito, per gli stessi altissimi scopi di grandezza nazionale”. E proseguiva: “Il nostro Risorgimento ha fra i suoi maggiori e più sublimi esponenti, accanto a religiosi cattolici … molti nomi di ebrei che, cospirarono, patirono nelle segrete dell’oppressore, si batterono nelle file garibaldine e … nelle città, nel campo del lavoro e della produzione … La nostra storia ci mostra numerosi ebrei che furono studiosi, soldati, magistrati integerrimi e valorosi, scienziati insigni, lavoratori accaniti e diritti, statisti di italianissima fede e benemeriti della Patria in mille guise. La grande guerra vide gli ebrei battersi gomito a gomito con i cattolici …, così come fra gli ebrei si ebbero rappresentanti all’estero della nostra Patria, accorti, sagaci, animati da spirito altissimo di patriottismo. Né mancarono gli ebrei nelle file squadriste e in quelle fasciste della Vigilia (e fra i Sansepolcristi: anche 2 donne) quando tanti e tanti “non ebrei” erano perfettamente e accanitamente nemici del nuovo Verbo Mussoliniano. Così, nella guerra per la conquista dell’Abissinia i nomi ebrei di volontari e combattenti sono innumerevoli in tutti i gradi … (e così ora in Spagna) e di ebrei di senno e di valore, di rettitudine e di ideale, il nostro Governo seppe ripetutamente valersi in molte occasioni.
Tutto ciò … pur rimanendo ligi alla loro religione, alla loro compattezza di razza, o meglio di origine lontana …”. E aggiungeva: “Non è una difesa degli ebrei, questa: è una constatazione semplice e pura, di dati di fatto da tutti conosciuti e facilmente documentabili”. E più sotto: Essi si avvicinarono spiritualmente al resto della popolazione, e finirono col divenirne parte integrale, lasciandosi di buon grado assorbire dalla grande razza italica, formata appunto dall’amalgama e dalla fusione di cento razze diverse, attratte e plasmate insieme dalla superba forza di assorbimento e di assimilazione della razza latina”.
Uguale osservazione faceva, nella rivista garibaldina “Camicia Rossa” dello stesso mese e stesso anno, Ezio Garibaldi, il quale pure non è ebreo ed è fascista tra i primi, e che aggiungeva che almeno “il razzismo hitleriano … si ricollega a miti e leggende ancora vivi nel cuore del popolo tedesco, ma nel cervello e nell’anima dei nostri razzisti nulla vi è di veramente italiano: imbevuti di dottrina straniera, ammiratori servili della cultura straniera” e rammenta, fra i massimi, Sidney Sonnino, Giacomo Venezian (medaglia d’oro, caduto a Roma nel 1849 e fondatore della “Dante Alighieri”, la società così benemerita per la difesa e la propaganda della lingua e cultura italiana all’estero)*, Raimondo Franchetti, il diciassettenne Roberto Sarfatti e il sessantenne Giulio Blum, medaglia d’oro della grande guerra … E voglio pur ricordare che alla morte di Marconi, nell’articolo “La radio, scienza italiana” di Riccardo Moretti sulla “Tribuna”, si nominò Alessandro Artom, creato barone da S.M. il Re per le sue benemerenze patriottiche oltre che scientifiche, fondatore della radiogoniometria; e il sommo glottologo fondatore della glottologia italiana, e fervidissimo patriota (nonché ebreo praticante!) Graziadio Isaia Ascoli. E’ il caso di dire con Ezio Garibaldi che “Tutti intenti a compulsare i fasti delle stirpi nordiche, i nostri razzisti ignorano certo la più recente storia d’Italia, bisogna quindi compatirli”! E così ha detto molti altri in diversi giornali (“Popolo d’Italia” compreso).
E tutto questo non solo capovolge l’affermazione di quegli illustri professori per cui “gli Ebrei non si sono mai assimilati in Italia”, ma schiaccia pure ampiamente l’altra loro affermazione per cui “dei semiti venuti in Italia nulla in generale è rimasto”, come l’occupazione araba in Sicilia che “nulla ha lasciato all’infuori di qualche nome”. E’ vero questo anche riguardo agli Ebrei (che, fra parentesi, come disse il DUCE “sono a Roma sin dal tempo dei Re”)? gli articoli del Lischi e del Garibaldi, oltre all’affermazione del DUCE nel dicembre 1935: “Da molti anni gli ebrei italiani prendono viva parte alla vita politica, scientifica ed artistica dell’Italia”, non confutano forse abbondantemente questa affermazione? E le parole del DUCE nella stessa epoca (dicembre ’35): “In questi giorni, grandi per la Nazione italiana, io dichiaro che gli ideali italiani ed ebraici sono pienamente fusi in uno solo” (dal messaggio alla Delegazione Studentesca ebraica americana), non dimostrano forse inconfutabilmente che gli ebrei italiani si sono perfettamente assimilati? Se lungo i secoli non poterono causa il ghetto, arrivato il Risorgimento e abbattuto il ghetto, essi si unirono ai cattolici e affrettarono rapidissimamente il processo di assimilazione, facendo in pochi anni ciò che avrebbe dovuto avvenire nel corso dei secoli, bruciando per così dire le tappe di tale processo.
E del resto, parliamoci chiaro, quei professori dicono che le altre razze in Italia si sono assimilate in modo rapidissimo; e sia pure; ma quando da tale fusione si generarono le varie regioni, è vero o no che gli italiani si combatterono sempre gli uni gli altri, dimenticando di essere tutti italiani a un modo e cioè per l’appunto di una stessa razza? Milano contro Como, Siena e Lucca, Lucca e Firenze, Lucca e Pisa, Genova e Venezia … e non si continuò così sino a epoca recentissima? E non è forse vero che D’Azeglio disse: “Ora che è fatta l’Italia, facciamo gli italiani”, appunto perché non avevano ancora la coscienza di esserlo tutti e perciò in altre parole non erano ancora perfettamente assimilati? Tanto che D’Azeglio stesso nei suoi “Ricordi” (v. ed. Barion a pag. 46) rammenta che suo padre dopo l’annessione del Piemonte alla Francia andò a Firenze come “in terra d’esilio”, appunto perché allora non si pensava ancora che si era tutti italiani? E non è forse vero che solo ora col Fascismo sono scomparsi i campanilismi; e che anzi il DUCE stesso dovette ordinare che cessassero la “Famiglia Turineisa”, la “Famegia Veneziana” ecc. ecc. e che ciò vuol pur dire anche che, se quelli non l’avevano abolita da sé, era perché l’idea dell’unità e uguaglianza tra italiani non era ancora penetrata bene nelle loro menti? Devo forse ricordare che si disse che solo il Fascismo ha compiuto “l’assimilazione” (sì, fu detta proprio questa parola) di tutti gli italiani? E devo forse dire (è vero o no?) che ancora adesso si sentono certuni (e sia pure vecchi) che dicono parlando di uno e con disprezzo: “E’ un napoletano” o: “son tutti veneti quelli lì!”: quante volte mi capita ancora! Sono “ assimilati” questi? O non son più assimilati gli ebrei?? E se gli ebrei han combattuto, lottato, difeso l’Italia, cooperato con Essa, tutti, non è questa una prova che si sono assimilati? Han forse lottato per se stessi o per un ipotetico regno d’Israele? No, ma solo come italiani. E se all’epoca delle sanzioni, nella raccolta dell’oro, tutte le Comunità ebraiche d’Italia han dato, non solo oro e denaro, ma fin le chiavi dell’Arca Santa e le corone d’oro che contengono i rotoli della Legge, cosa non mai avvenuta, (corrispondono per importanza sacra alla Pisside che contiene le Ostie Consacrate), non è perché si sono assimilati? E se per la vittoria i templi furono gremiti (lo riferirono igiornali) non è perché si sono assimilati?
Gli stranieri, anche ebrei (sin dall’Egitto: “Popolo d’Italia” del 22 febbraio 1936 – XIV) offirono oro anch’essi, e furon lieti della nostra vittoria: ma non offrirono certo gli oggetti sacri come gli italiani (cattolici e ebrei) né andarono in chiesa a ringraziare Iddio!
Questo l’abbiam fatto solo noi, perché era una cosa intima che toccava solo noi. Se gli ebrei non fossero tutti assimilati, l’avrebbero fatto? Tranne alcuni pochi, la massa sarebbe rimasta amorfa, indifferente, o almeno simpatizzante, ma nulla più – spettatrice ma non attrice anch’essa -. E allora? Non è forse perché ha riconosciuto ciò che il DUCE, nell’intervista accordata a Generoso Pope e da questi riprodotta nel suo giornale “Il Progresso Italo-Americano” di New York del 20 luglio 1937, disse a proposito degli ebrei italiani, fra l’altro: “Ti autorizzo a dichiarare … agli ebrei d’America … che ogni loro preoccupazione non può essere che frutto di malevoli informatori. Ti autorizzo a precisare che gli Ebrei d’Italia hanno avuto, hanno e continueranno ad avere lo stesso trattamento d’ogni altro cittadino italiano e che nessuna forma di discriminazione di razza o di religione è nel mio pensiero …”
Voglio pur rammentarvi la nocina “Attenzione” di E. Bir. In “Libro e Moschetto” del 22 aprile 1937 (e non si potrà dire che non sia un giornale fascistissimo), che dice fra l’altro: “che proprio nella terra che fece da culla alla latinità si sviluppino “ideologie” tanto poco “Latine”, questo davvero meraviglia … si tenta cioè di far serpeggiare … un concetto nuovo, il quale esula da ogni precedente presupposto … del fascismo e che del pari esula da ogni tradizione latina e italica: il concetto prevenzione di razza. Questo, ripetiamo, meraviglia, per una Italia risorta ad immagine di quella Roma che raccoglieva in fascio tutte le forze, da qualsiasi parte sorgessero, purché informate a princìpi sani, costruttivi e, in una parola, imperiali. Preoccuparsi come fanno gli autori di quei libri e redattori di quei giornali della diversità di razze in Italia e dei loro effetti, equivale a ingerirsi, senza
esserne chiamati né averne l’autorità, nell’ufficio proprio di quella legge fascista di cui abbiamo detto … Oltre a tutto ciò, sussistere [insistere] su tale opera equivale a condurre un’azione contraria alla utilità della vita pubblica, creando malintesi, inasprendo attriti … fomentando in una parola ragioni polemiche in seno al popolo italiano … che non possono che intralciare l’opera di lavoro cameratescamente condotta fra tutti i componenti del popolo stesso. Per non dire poi che i concetti esposti in quei libri e in quei giornali non possono che far sorridere ogni buon lavoratore dell’intelletto”.
In quanto poi all’assimilazione per se stessa, mi sembra che noi ebrei italiani abbiamo (come tutti possono notare) una faccia diversa dagli altri ebrei stranieri, e persino il “Messaggero” di Roma (non certo giornale ebraico o antifascista) diceva in proposito (settembre 1936) : “Da vari viaggiatori si è rilevato nella fisionomia dei nostri ebrei un carattere diverso da quello degli altri, stabiliti altrove. Quali maggiori titoli per una integra romanità? E non solo fra i bianchi, giacché nemmeno questi antropologi ignoreranno che esistono ebrei negri (i Falascià del nostro Impero) e gialli (cinesi e giapponesi): se non è un’assimilazione questa, non saprei come chiamarla! In una sola cosa non ci siamo assimilati: nella religione. Ma è per la stessa ragione per cui anche in Germania, dove pure tutti sono tedeschi ad un modo, non avvengono matrimoni (e cioè assimilazione) tra cattolici e protestanti, e non già per disprezzo o per fare parte a sé, ma solo per la educazione religiosa da dare ai figli, affinché non nutrano dubbi, o, se lasciati liberi, non crescano poi liberi pensatori e cioè atei.
E concludo – Vi ho dovuto esporre particolareggiatamente, riferendo frasi di altri e del DUCE, per non parere che scrivessi per semplice difesa o per spirito di parte. Vi ho voluto pericò dare testimonianze irrefragabili e di persone che non possono essere sospettate di non essere fasciste di fede provata né di essere ebree. Vi scongiuro ora di pubblicare sul “Popolo d’Italia” una rettifica brevissima, così concepita: 1) E’ necessario che gli Italiani siano gelosi custodi della loro razza magnifica e che perciò non si mescolino ad es. coi negri, ecc. – Però: 2) gli Ebrei non si sono assimilati durante i secoli non perché sono appartenenti a elementi razziali diversi, ma perché costretti a tenersi segregati nei ghetti, con minacce spesso se avessero voluto uscirne – 3) Non appena però furon liberi e spesso prima ancora di esserlo, cooperarono coi cattolici per l’Italia, contribuendo alla sua prosperità e salvezza in tutti i modi, dal Risorgimento alla Grande Guerra al Fascismo, alla Guerra per l’Impero alla lotta in Spagna, compiendo in pochi anni quella perfetta assimilazione che avrebbe dovuto avvenire nel corso di secoli, come fu riconosciuto da tutti e dal DUCE stesso; 4) E’ perciò anche vero che moltissimi italiani noti in vari campi sono di religione ebraica, e che comunque, se non si fossero tutti assimilati perfettamente, tranne alcuni pochi, la massa sarebbe rimasta amorfa e indifferente e non avrebbe tutta intera partecipato con slancio a tutte le vicissitudini della Patria, come è stato da tutti riconosciuto – 5) E’ per queste ragioni che il DUCE ha detto che anche gli ebrei non sono rimasti senza assimilarsi ed ha assicurato che mai gli sarebbe venuto un pensiero di discriminazione di razza, riconosciuto anche da altri fascisti, dannoso perché fomentatore di dissidi nel popolo italiano, formato da cento razze diverse e che solo col Fascismo si sono amalgamate del tutto, abolendo i campanilismi vari. Siamo dunque pure razzisti, ma non in questo senso.
Questo è quanto – e vi scongiuro, solo questo, pubblicate nel vostro giornale, perché è una rettifica doverosa! Perché non è vero ciò che han detto quegli studiosi in proposito alla presunta assimilazione degli ebrei e alle sue cause!
Non è vero, né che sia stato per quelle cause, ne che [non] si siano assimilati mai! Quelli che hanno così affermato o non si sono ricordati come stan veramente le cose, presi com’erano dalle loro reminiscenze scientifiche (perché non si può certo dire che ignorino queste cose, che tutti sanno) o (per usare una frase del DUCE) mentiscono sapendo di mentire. In un caso o nell’altro, affermano cose errate: me ne appello al Vostro buon senso, alla Vostra cultura e soprattutto al Vostro senso fascista. Non vi costerà niente fare questa rettifica: è una cosa di politica interna dell’Italia su cui nessuno potrà ridire, perché se è giusto, anzi doveroso. Che anche l’Italia sia razzista e cioè gelosa custode della propria razza, non è mano giusto riconoscere agli ebrei italiani il posto che loro spetta di diritto nella formazione della Nazione e perciò la loro appartenenza alla razza italiana (e non solo di diritto ma anche di fatto: non vedete la fisionomia?). E’ doveroso che tutte queste persone che hano lottato e lottano per l’Italia non si sentano negare l’appartenenza alla loro Patria: che tanti che han combattuto per il trionfo del Fascismo vengano straziati nei loro più cari sentimenti proprio dal Fascismo. Insegnerete dunque tutti ai vostri figli di riguardare gli ebrei come stranieri e dir loro: “Non siete dei nostri?” Dovreste, per far questo far togliere dai musei del Risorgimento e di Guerra tutti i cimeli appartenenti a patrioti che eran però ebrei; dovreste negare a tutti noi l’appartenenza al Partito, che è solo per gli Italiani e non per quelli d’altra razza e sia pure simpatizzanti per l’Italia; dovreste infine dichiarare che tutti noi non siamo italiani integrali come voi, noi che pure abbiamo fatto e facciamo tutto per l’Italia nostra, noi che come voi discendiamo da patrioti e da italiani convinti e integerrimi, come tanti italiani cattolici insigni – primo fra essi il DUCE – ci hanno riconosciuto! Non toglieteci la Patria! Non negate la nostra appartenenza all’Italia come voi! Pubblicate questa rettifica, almeno questa, perché non è vero, perché il pubblico, che non ha la possibilità di controllo - e all’estero – non credano questo, che non è vero! Leggete la “Nostra Bandiera” e ve ne convincerete! Rammentatevi della dichiarazione del Comitato antisionista degli italiani israeliti nel “Popolo d’Italia” del 5 giugno 1937! Quale dolore non sarebbe per Voi, come per qualunque altro Italiano, il sentirsi dire da compatrioti di non essere italiano integrale, dopo aver fatto tanto, non meno degli altri? E’ una rettifica che non toglie nulla al valore della dichiarazione intera “Il Fascismo e la razza”, e nello stesso tempo ristabilisce la verità e non pone stranieri degli Italiani che sono e si sentono tali con tutta sincerità. Più volte si è detto sulla “Nostra bandiera” (rivista di cultura ebraica, torinese) del dolore causato tra gli ebrei italiani da queste insinuazioni sul loro patriottismo. Che diranno ora che si afferma che non sono italiani? Vi rimangerete le parole e avrete preso il DUCE di sorpresa, perché egli aveva sempre dichiarato che non avrebbe mai fatto questo perché non è giusto. Ed ora lo si afferma quasi ufficialmente! Perdonate, Vi prego, tutta questa lettera: Voi avreste fatto altrettanto. Non dico più, ma attendo la rettifica sul “Popolo d’Italia”: l’aspetto da Voi, degno nipote del nostro Capo e degno figlio di Arnaldo – e Ve ne ringrazio.
Saluti fascisti,
Vittoria Levi
(iscritta al P. N. F., dal 18.11. 1935 – XIV, giorno delle sanzioni, proveniente da G.U.F. “Ugo Pepe”)
Milano, 16 luglio 1938 - XVI

P. S. Vi posso aggiungere che, anche se il razzismo italiano cosiffatto non sfociasse in un vero e proprio antisemitismo, sarebbe per noi la stessa cosa: giacché l’eleiminare gli ebrei o viceversa il lasciarli al loro posto come prima, non sono altro che due aspetti diversi della medesima questione, ed è appunto la questione che a noi è penosa, e cioè che, lasciati o no ai nostri impieghi e alle nostre cariche, non siamo più considerati italiani come prima: e credete Voi forse che lo facciamo solo per il nostro tornaconto? Meglio disoccupati che essere occupati ma sentirsi stranieri in Patria! Saremmo peggio dei Dalmati, dei Corsi, dei Maltesi, che almeno hanno per sé la solidarietà degli Italiani e son riconosciuti tali essi pure! Credete che saremmo contenti se tutto camminasse apparentemente come prima ma non fossimo più considerati italiani. E dai nostri stessi compatrioti per giunta? Lo sareste Voi? Ve ne prego, rettificate, fatelo rettificare anche dal DUCE, Voi lo potete fare. E se potete, rispondetemi – Grazie.
Basterebbe che si dicesse: “Gli ebrei non appartengono alla razza [italiana], ma lo sono per sentimento e per ciò che han fatto, quindi siano proclamati italiani, come noi cattolici”.

Nota: Non ho trovato nell’annata 1937 l’articolo, citato da Vittoria Levi, di Dario Lischi, nato presso Pisa nel 1891 e morto nel 1938. Con maggior tempo consulterò l’annata 1936. Nell’annata che ho consultato Lischi e la sua ivista effettivamente non si univano al già iniziato coro antisemita, ma affermavano la supremazia razziale sugli africani conquistati ed assoggettati, vituperavano i meticci ed esaltavano l’Asse Roma- Berlino, con la convergenza tra le due rivoluzioni, cosa che avrebbe potuto mettere in apprensione la lettrice ebrea.
Dario Lischi (pseudonimo Darioski) collaborò assiduamente anche alla rivista “Echi e Commenti”, fondata da Arturo di Castelnuovo e la lunga conoscenza con questo collega ebreo può forse avere influito, fin quando squillò la diana (ma allora egli morì) nel risparmiare gli ebrei.
da "Il Tempo e l'idea" Hazman Veharaion

Nessun commento: