mercoledì 9 luglio 2008

Neghev

Israele e lo strabismo della stampa

08 luglio 2008
PAOLO BATTIFORA

Nicaragua 1979 vigilia della rivoluzione sandinista: un fotoreporter americano, testimone delle violenze del regime di Somoza, decide di schierarsi con i ribelli, truccando una sua foto per far apparire ancora vivo un capo-guerrigliero . In “Sotto tiro” del 1983, il regista Roger Spottiswoode affronta il dilemma morale a cui può andar soggetto ogni giornalista di fronte alle atrocità nelle aree calde del pianeta: attenersi alla deontologia professionale o prendere posizione? Benché la sua attenzione non riguardi il Centroamerica ma lo scacchiere mediorientale, tale questione è al centro delle riflessioni di Giuseppe Giannotti, giornalista del Secolo XIX, il cui saggio “Israele, verità e pregiudizi” (De Ferrari, 198 pagine, 16 euro) verrà presentato a Genova domani alle 17 alla Biblioteca Berio.
La disinformazione e le mistificazioni di buona parte dei media italiani a proposito della seconda Intifada, iniziata nel 2000, sono oggetto della circostanziata analisi dell’autore. Concentrandosi su alcuni eventi di grande rilievo mediatico, dal linciaggio dei soldati israeliani a Ramallah all’assedio della Basilica della Natività a Betlemme, dall’enfatizzata strage di Jenin alla guerra con il Libano, Giannotti riporta i resoconti giornalistici di “Repubblica” e “Corriere della Sera”, con qualche accenno anche ai quotidiani della sinistra radicale e ai dispacci dell’Ansa, evidenziando l’atteggiamento pregiudizialmente negativo nei confronti di Israele, presentato quasi sempre come aggressore e oppressore di tutto un popolo. Giannotti denota tutta una serie di omissioni, censure, sopravvalutazioni (e speculari sottovalutazioni) delle fonti, discrezionalità valutative che contribuirebbero a dare un quadro del tutto fazioso del conflitto in corso. Una Caporetto della corretta informazione, frutto di un giornalismo più prossimo alla militanza che allo scrupoloso rispetto e verifica dei fatti, da cui si salverebbero sostanzialmente i soli quotidiani della destra.
Giannotti è un giornalista e non uno storico, né il suo libro si prefigge una disamina del conflitto mediorientale. Fatta salva questa premessa, anche un saggio specifico come il suo non può prescindere da un paradigma storiografico di riferimento. La sua adesione al canone ufficiale - per cui i Paesi arabi, contrari nel 1948 alla nascita dei due stati sancita dall’Onu e per questo fautori dell’abbandono delle terre da parte dei palestinesi, sarebbero i veri responsabili del dramma dei profughi - non tiene minimamente conto delle acquisizioni dei cosiddetti “nuovi storici” israeliani che, a partire dagli anni Ottanta, hanno incrinato molte certezze. Nella succinta bibliografia finale non si fa menzione di storici israeliani quali Simha Flapan, Avi Shlaim, Ilan Pappe, né tanto meno di autori palestinesi, le cui ricerche, basate su documenti d’archivio fino ad allora non consultabili, hanno radicalmente messo in discussione la versione ufficiale del movimento sionista. Una tesi fortemente avversata dall’establishment israeliano e oggetto di acceso dibattito, ma di cui non si può ignorare l’esistenza. http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/

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