mercoledì 17 settembre 2008


Non chiamatela guerra

di Luca Del Re
Cairo Editore Euro 14

E’ l’obbligo morale di rendere testimonianza, espressione della sua libertà di raccontare che ha spinto il giornalista Luca Del Re a pubblicare proprio nell’anniversario della Seconda Guerra del Libano questo libro intenso e commovente che racconta senza inutili orpelli la guerra israelo-libanese scoppiata il 12 luglio 2006 e conclusasi trentacinque giorni dopo.
L’aggressione contro lo stato ebraico di Hezbollah, il partito di dio, finanziato dall’Iran che ha portato all’uccisione di soldati israeliani, al rapimento di altri due militari, Udi Goldwasser e Eldad Regev e al lancio di razzi contro centri abitati ha costretto Israele a intraprendere una vasta azione militare per difendersi da un’organizzazione, protetta dalle autorità libanesi, che vuole la distruzione dello stato ebraico.
Per raccontare questa guerra, che nessuno all’inizio definisce tale, Luca Del Re, ebreo della comunità romana e inviato di guerra si reca come corrispondente del Tg La 7
nei luoghi del conflitto e osserva senza pregiudizi, dalla parte israeliana del fronte, lo svolgersi di quell’operazione militare avviata con lo scopo di recuperare in fretta i due soldati rapiti dai guerriglieri di Hezbollah ma che dopo trentacinque giorni di combattimenti aveva provocato centinaia di morti e feriti. Luca Del Re parte per la “guerra d’estate con una Mercedes bianca senza scritte del tipo press o tv sulle fiancate” con Ugo il cameraman e Sofia, la produttrice e “contatto con una lingua sconosciuta”. Gli incontri si susseguono a ritmo serrato e narrano i piccoli gesti, le grandi tragedie, le miserie di una guerra che ancora una volta il popolo israeliano non avrebbe voluto ma che deve combattere per difendere il suo diritto all’esistenza.
Sagy, ufficiale dell’Israeli Air Force che pilota un F16 Fighting Falcon , un caccia da combattimento consapevole che “dovevamo fare qualcosa contro chi ci ha attaccato per primo”; Lama e Kholoud due ragazze arabe che dedicano una poesia straziante al padre Walid colpito, insieme ad altri operai, mentre lavorava alla stazione ferroviaria di Haifa da un razzo dei “guerriglieri di dio”; Tekestè, un ebreo etiope “nero come la notte” unico superstite del massacro di una trentina di riservisti presso il kibbutz Kfar Giladi; Angelica Livnè Calò che riempie scatole ermetiche con lasagne e pizza per il figlio Ygal che comanda un’unità schierata sul confine “a venti minuti di macchina da casa di mamma”; Keren, piccola e bionda che ha studiato meccanica applicata agli elicotteri, ambiva alle missioni peggiori ed era “felice quando veniva chiamata da riservista”, colpita insieme ai suoi quattro compagni in un angolo di Libano che si chiama Yater ancora una volta da un missile di dio. E ancora Metulla, Haifa, Kyriat Shemona, Sasa, Zfat, Zarit, Nahariya sono i luoghi ma anche i volti, le voci, i protagonisti di una guerra che fa morire persone innocenti, donne, bambini, civili e riservisti raccontati dall’autore, uno “scriba” che ha vissuto il conflitto in “presa diretta”, con un ritmo serrato, una prosa scorrevole e incisiva in un libro appassionante che commuove, fa riflettere sulla ineluttabilità di una condizione di guerra eterna e indignare per gli errori dei vertici politici costati la vita a giovani soldati. Un saggio che senza darci lezioni di geopolitica fa conoscere e amare come pochi altri Israele e il suo popolo.
Giorgia Greco

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