sabato 29 novembre 2008


Tel Aviv 14 febbraio 2007
Arriviamo in Israele appena in tempo per assistere alla prova generale in cui saranno eseguiti il “Concerto per due piani” di Mozart e la “Sinfonia n°9 – La Grande” di Schubert, che Riccardo Muti dirigerà il 15 febbraio, a quasi settant’anni dalla visita di Arturo Toscanini in questa città. Il clima di attesa, sia da parte degli appassionati di musica (e in Israele tutta la popolazione è mediamente più colta a livello musicale dei cittadini di altri paesi) che da parte degli italiani che risiedono in questo paese è enorme. La memoria di Toscanini è presente come se lui fosse ancora in vita. Toscanini nel 1936 fu chiamato da Huberman, un violinista polacco che aveva fondato l’orchestra filarmonica di Palestina, accettò di dirigerla e, grazie alla sua fama, si prestò, come diremmo oggi, a “lanciarla”. Lo stato di Israele ancora non era nato. Gli ebrei della diaspora avrebbero dovuto attendere dodici anni per vedere realizzato il loro sogno, Israele infatti sarebbe nata nel 1948, dopo la tragedia della Shoah (che vuol dire sterminio) e dopo la fine della seconda guerra mondiale. Siamo giunti a Tel Aviv per assistere ad un concerto memorabile; Riccardo Muti dirigerà lo stesso programma che affrontò Arturo Toscanini nel 1937.
Muti è commosso; sa quanto significhi il ricordo di Toscanini per questa popolazione. Toscanini, che emigrò negli Stati Uniti proprio per il suo antifascismo e per esprimere la sua assoluta contrarietà alle inique leggi razziali è qui considerato uno dei “giusti” di Israele. Normalmente ai “giusti” si dedica un albero, che viene piantato in ricordo della persona che si è impegnata per difendere il mondo ebraico, per Arturo Toscanini addirittura è stato piantato un intero aranceto! Arriviamo all’Auditorium di Tel Aviv costeggiando proprio la strada Arturo Toscanini ed entriamo per assistere alle prove. Sono con noi Donna Emanuela di Castelbarco, nipote di Arturo Toscanini, e Cristina Muti Mazzavillani, moglie del Maestro e organizzatrice del Ravenna Festival.Le prove di Muti sono certamente una grande lezione per tutti coloro che possono assistere.Esattamente come Toscanini, alterna battute in inglese e frasi in italiano: un simpatico cenno ad un giovane trombonista, italiano di Siena, che ha scelto di vivere e lavorare qui, e uno spiritoso rimbrotto al secondo violino, che attacca in anticipo: “Lei vuole rovinarmi la carriera? Mi dispiace non può più riuscirci, è arrivato troppo tardi!” L’orchestra scoppia in una risata. Battute liberatorie, che stemperano la tensione che si prova a lavorare con un mostro sacro come il nostro direttore. Dimagrito e in piena forma, Muti da il meglio di sé: in maglioncino rosa salta e si piega come un ballerino, curvandosi sui talloni e rialzandosi come una molla: dirige con tutto il corpo, non solo con le braccia e le mani. La somiglianza con lo stile di Toscanini non è soltanto nell’ampiezza del gesto ma nel carisma che cattura noi in platea e soprattutto l’orchestra, che lo segue all’unisono. Finita la prova generale si parte per l’ospedale Schnaider, una realizzazione all’avanguardia nel settore pediatrico che il Maestro desidera visitare.
Lo Schnaider rappresenta un modello per il medio oriente sia per la qualità delle cure che vengono erogate, sia per la struttura architettonica e la gestione, che lo rendono un centro “a misura di bambino” e, soprattutto, di qualunque bambino sia ebreo israeliano che arabo israeliano. Incontriamo quindi molte mamme (velate e non) con le loro creature in braccio o per mano. Molte spingono carrozzine colorate con legati palloncini. Il soffitto altissimo della hall dell’ospedale è fitto di palloncini volati via ai piccoli pazienti. Lo stesso ambiente allegro e coloratissimo lo troviamo al quarto piano, nel luogo che è, forse, il più doloroso della città: il reparto di ematologia e oncologia pediatrica. Nonostante la gravità dei piccoli malati di tumore, è ancora una sorpresa quella che ci aspetta: i bimbi, tutti pelati a causa della chemioterapia, hanno organizzato un concerto di tamburi e tamburini per gli ospiti italiani e soprattutto in onore di “Riccardo”, così lo chiamano, “il Maestro”. Di fronte a tanto affetto e tenerezza, non riusciamo a trattenere la commozione. Il più piccolo dei nostri pelatini, assolutamente debole, non ce la fa nemmeno a percuotere il tamburo con le mani e lo fa per lui la sua mamma. Muti è accoccolato su di una poltroncina lillipuziana e segue il concerto nel pubblico con occhio da intenditore: un grande applauso, poi l’orchestra torna ai lettini, ognuno trascinandosi dietro l’albero della flebo, addobbato in mille colori come fosse una biciclettina o una piccola automobile per giocare. Alcuni dei mini orchestrali si sono messi addirittura a cavalcioni sulle strutture delle flebo, altri sono in braccio ai genitori.
Andiamo assieme ai medici, al Direttore e a Riccardo e Cristina Muti a bere un caffè e a “fermare” con qualche foto e una targa questa giornata speciale: Cristina Muti prende la parola: “Non vi dimenticherò mai: voi siete riusciti a costruire davvero la pace, curando con lo stesso amore e la stessa competenza tutti i bambini, senza guardare alla loro religione e alle convinzioni politiche; rimarrete sempre nel mio cuore, sarete sempre con me.” Siamo tutti commossi e ancora di più quando scopriamo che il Maestro Muti ha donato il compenso del concerto all’ospedale facendo in modo che la sua scelta generosa rimanesse il più possibile nascosta. Questa scelta lo avvicina ancora di più a Toscanini che, ogni volta che ha diretto in Israele, ha rinunciato al suo compenso.
E ricordando che Toscanini giunse in Israele nel 1936 e nel 1937, la sua seconda volta diresse a Tel Aviv proprio la sinfonia n° 9 (la grande) che Muti dirigerà domani, 15 febbraio 2007. Il suo impegno per salvare i musicisti ebrei dalla Shoah fu così grande che Albert Einstein gli scrisse questa lettera: «Sento il dovere di dirle quanto La ammiri e La veneri. Lei non è soltanto l’impareggiabile esempio della letteratura musicale universale… Anche nella lotta contro i criminali fascisti Lei si è dimostrato un uomo della massima dignità».Il nostro Riccardo Muti ci fa tornare protagonisti della scena musicale israeliana, come se il tempo si fosse fermato. Per la cena del giorno 14 siamo tutti invitati presso la residenza dell’ambasciatore italiano Sandro De Bernardin. Il clima è rilassato e allegro, grazie anche al menù italianissimo (c’è persino la cassata!) che Anna, la moglie dell’ambasciatore, ha voluto offrire a questi ospiti così particolari. Ma le sorprese non sono finite: è con noi un imprenditore israeliano (diciamo non più giovane!) che ha preparato per Emanuela di Castelbarco una raccolta di articoli originali e di fotografie del ’36 e del ’37 che testimoniano i viaggi di Toscanini in Israele e la entusiastica accoglienza a lui riservata. Sono documenti straordinari che mettiamo a disposizione in anteprima per i lettori di questo giornale. Riccardo Muti, che si rivela l’ospite più spiritoso e divertente della serata, sta tenendo banco. È indubbiamente una star, anche solo quando si cena. Rievoca la commozione di Toscanini quando, durante il suo secondo viaggio, ricevette le arance dell’aranceto che gli era stato dedicato. Proprio “Le arance di Toscanini” sarà il titolo del documentario che abbiamo cominciato a girare qui, intervistando i testimoni oculari ancora viventi di quella straordinaria avventura. “Dicevano i greci,” ci interrompe il Maestro Muti “che ciò che è bello è buono e giusto, questo è il compito della musica: attraverso il linguaggio della bellezza portare messaggi positivi alle persone.” Gli chiedo a questo punto quali siano state le esperienze migliori con i registi italiani e Muti ci improvvisa uno show, interpretando tutti i personaggi che citiamo, e di ognuno facendo l’imitazione. Poi esplode in una difesa dei “nostri registi” in contraddizione soprattutto ai collegi teutonici. “Non esiste cattivo teatro musicale o buon teatro musicale! Esiste soltanto la messa in scena intelligente o quella stupida!”
È un piacere per tutti noi, in quel piccolo cenacolo italiano, sentirci così rappresentati. È una soddisfazione anche per il Comitato per le Celebrazioni dei cinquant’anni dalla scomparsa del Maestro Arturo Toscanini grazie al quale ci possiamo permettere di essere così amati in tante parti del mondo. Ancora Muti riprende a parlare: “Ricordo l’11 settembre del 2001, mi trovavo a Torino per dirigere Beethoven e insieme agli amministratori del Comune venimmo informati della tragedia di New York. È stata una decisione difficile ma ho creduto e lo credo ancora oggi, di aver fatto bene a voler dirigere. Nonostante la musica porti la pace. La Pace è più forte. Anche se dopo di allora, niente sarà più lo stesso!” Qui in Israele tutto ciò che ci circonda ricorda lo stato di precarietà e la paura del terrorismo cieco. È solo durante il concerto che dimentichiamo di essere in una nazione in guerra contro la follia integralista. Buona parte degli italiani di Israele sono arrivati qui da tutta la nazione per sostenere e festeggiare il loro connazionale. A portare l’omaggio a Muti e al nostro paese c’è anche la seconda autorità dello Stato: la presidente della Suprema Corte Dorit Beinisch.Mescolati tra il pubblico vedo la cantante Noa che si avvicina ad Emanuela di Castelbarco per salutarla in un perfetto italiano e per dirle quanto sia forte il ricordo di Toscanini per gli ebrei israeliani. C’è Fiamma Nirestein, appena arrivata dall’Italia, il nostro ambasciatore e la nostra magnifica ospite Simonetta Della Seta, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura. Un boato e tanti “Bravo! Bravo!” in italiano, salutando Muti al termine del concerto. Il Maestro prende il microfono: “Sono felice e orgoglioso di essere qui per ricordare Arturo Toscanini che tanto ha fatto per questa Orchestra.”
Essere italiani, orgogliosi della nostra storia, della nostra musica, dei nostri uomini migliori è una sensazione così intensa che quasi ubriaca! Finiremo a festeggiare in un locale di Tel Aviv fino alle tre del mattino. Alle sei l’aereo per Roma e poi subito a Torino dove l’auditorium Rai verrà presto intitolato ad Arturo Toscanini, l’italiano in cui tutti noi ci vogliamo riconoscere. Paola Severini http://www.vivatoscanini.it/

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