venerdì 12 dicembre 2008

battesimi nel Giordano

Destinazione Israele, dove i politici italiani scoprono la vita sotto le bombe

I quattro giorni di visita in Terra Santa organizzati dall'Associazione Interparlamentare "Italia-Israele" e da "Appuntamento a Gerusalemme", con la partecipazione di parlamentari e senatori italiani, ha colpito nel segno: finalmente i nostri politici si sono trovati d'accordo su qualcosa. Difendere Israele e combattere il terrorismo.
Lo scorso venerdì 5 dicembre, una delegazione di senatori e parlamentari italiani composta da una settantina di persone, si è ritrovata al terminal 5 dell’aeroporto Leonardo Da Vinci, destinazione Israele. Lo scopo era di promuovere la conoscenza di questo meraviglioso paese (l’unica democrazia in Medio Oriente) tra i politici italiani. Il viaggio è stato organizzato dall’Associazione Interparlamentare "Italia-Israele", guidata dagli onorevoli Enrico Pianetta e Fiamma Nirenstein, e dall’associazione “Appuntamento a Gerusalemme”, presieduta da Anita Friedman.La visita non solo ha pienamente raggiunto il suo scopo, ma ha pure cambiato l’opinione di molti partecipanti riguardo alla situazione mediorientale, sensibilizzandoli nei confronti di un argomento poco conosciuto. Il programma del viaggio si articolava in quattro giornate fittissime di appuntamenti, le prime due a Gerusalemme, le altre a Tel-Aviv, Sderot (al confine con la Striscia di Gaza) e nei Kibbutz di Saad e di Ramat Rachel.
Una volta arrivati a Gerusalemme, i politici italiani hanno incontrato l’ambasciatore Luigi Mattiolo e la giornalista Ruthie Blum, mentre l’onorevole Pianetta ha presentato la delegazione agli ospiti che hanno discusso lo stato delle relazioni italo-israeliane. Pianetta ha sottolineato i buoni rapporti tra i due Paesi anche grazie agli sforzi e all'influenza del premier Berlusconi; la Blum ha ricordato a tutti i presenti che Israele fa enormi sforzi per rimanere un paese normale, anche di fronte agli attentati e ai razzi Qassam. La rossa giornalista del Jerusalem Post ricordava i pomeriggi trascorsi nelle sale da tè all'indomani di un attentato insieme all'amica Fiamma Nirenstein.Nel corso della serata di venerdì, la delegazione è stata guidata attraverso il quartiere armeno, per una suggestiva passeggiata notturna. La giornata successiva – sabato 6 dicembre – è stata divisa in due: in mattinata il gruppo ha potuto visitare la città vecchia e i classici luoghi di culto (l'orto del Getsemani, il Monte degli Ulivi e la Via Dolorosa) mentre al pomeriggio ha partecipato al workshop intitolato “La situazione in Israele, Iran, Onu, Durban II”, con la partecipazione di Daniel Diker del Jerusalem Center for Public Affairs, Leah Soibel dell'Israel Project e Gerard Steinberg della Bar-Ilan University.La Nirenstein si è incaricata di moderare il seminario in cui Diker ha parlato della minaccia missilistica che Israele deve fronteggiare da anni; la Soibel del modo in cui Hamas, Hezbollah e al-Qaeda stanno utilizzando internet per fare proseliti e accrescere la loro popolarità, oltre che per diffondere notizie false su Israele; Steinberg delle ONG come Amnesty International che hanno appoggiato e finanziato la conferenza di Durban. La conferenza si era risolta sette anni fa con la condanna nei confronti di Israele definito uno Stato sionista e razzista. Con la seconda conferenza di Durban, prevista nella primavera del 2009, Israele rischia di essere nuovamente accusato di razzismo e in questo contesto i politici presenti si sono chiesti se sia il caso di far partecipare l’Italia all'incontro per combattere queste accuse dall’interno oppure snobbarla per non dare troppa importanza all’evento.
La partecipazione dei nostri politici è stata, per la verità, molto intensa. Alcuni di loro sono rimasti stupefatti dall’esauriente spiegazione fornita da Diker sulla minaccia missilistica nei confronti di Israele. Altri hanno trovato utilissimo lo studio della Soibel sul Web-Terror, altri ancora hanno promesso di revocare la loro adesione ad Amnesty International dopo aver ascoltato Steinberg.Durante la successiva cena di gala, il gruppo ha ascoltato le parole del famoso giornalista Khaled Abu Toameh che ha parlato della percezione distorta che la stampa Occidentale dimostra di avere nei confronti di Israele. I commenti dei politici alla fine del lungo (forse troppo) discorso di Toameh, riflettevano l’interesse che ha saputo suscitare il giornalista arabo-israeliano.
La giornata di domenica è stata particolarmente interessante dal punto di vista dello scambio interculturale tra le due nazioni. Il gruppo di italiani si è recato in visita alla Knesset e ha incontrato alcuni rappresentanti del governo israeliano nel corso di un breve briefing in cui si è ribadita la necessità di fare fronte comune per contrastare il nemico terrorista. I politici israeliani potranno avere posizioni diverse in merito a certe sfumature, e il dibattito politico sarà anche molto animato, ma la questione principale resta quella della sopravvivenza dello Stato di Davide. E su questo concordano tutti.Conclusa la visita alla Knesset, una piccola delegazione si è recata in visita dal Presidente Shimon Peres che si è dimostrato felicissimo di ospitare i membri di quello che lui ritiene “il paese più musicale del mondo”. La metafora serviva ad introdurre il suo discorso che auspicava maggiore collaborazione tra le nazioni nel nome della sostenibilità. Secondo Peres “il capitalismo così com’è è sbagliato perché spende troppi soldi senza sapere dove vanno a finire”. Il Presidente israeliano ha spiegato come l'aumento del prezzo del petrolio ha portato a un innaturale accrescimento del debito degli Stati Uniti nei confronti dei paesi arabi, e questo dovrebbe rendere prioritaria la necessità di svincolare l’Occidente dalla dipendenza dall'oro nero.“Il Petrolio ha fatto ammalare il mondo inquinandolo e ha reso la gente infelice mentre faceva arricchire i terroristi”. Ora il mondo, secondo Peres, dovrebbe sfruttare meglio le energie alternative per uscire da questo cul de sac, così come ha fatto Israele. “Dio non ci ha dato il petrolio o altre ricchezze, noi abbiamo dovuto adeguarci sfruttando quello che avevamo, solo con le nostre menti”, le parole del Presidente, tradotte dalla bravissima Silvia Pallottino, hanno colpito nel segno: i politici italiani non facevano altro che elogiare Peres all’uscita dalla residenza presidenziale.Il gruppo si è poi riunito al resto della comitiva grazie all’impagabile Anita Friedman e si è diretto alla volta del Kibbutz di Ramat Rachel, dove Nathan Sharansky - il leggendario dissidente sovietico - ha parlato di come il mondo abbia bisogno di democrazia: “senza la democrazia non può esserci niente… le democrazie si fanno raramente guerra tra di loro e Israele, che è l’unica democrazia in Medio Oriente, deve essere un punto di riferimento”.
A microfoni spenti, Sharansky ha speso parole di ammirazione per la conferenza Fighting for Democracy in the Islamic World organizzata a Roma dalla Fondazione Magna Carta lo scorso anno, ma ha anche ammesso di non capire come mai Berlusconi sia così tanto amico di Putin. Laconico il commento dell’Onorevole Luigi Compagna: “è una questione numismatica”. Annuiva convinto anche il capogruppo dell’UDC al Senato – Giampiero D’Alia – che ha intrattenuto la compagnia con le sue battute durante gli spostamenti in pullman.
Dopo pranzo la spedizione si è recata in visita al museo della Shoah di Yad Vashem, dove si è tenuta una cerimonia per commemorare le vittime dell’Olocausto con l’onorevole Latorre del Pd, incaricato di accendere una fiaccola sotto gli occhi del riccioluto figlio Pierpaolo, per una volta serio. Prima di entrare c’era ancora una luce estiva a riscaldare i visitatori che erano ancora allegri anche a causa del buon vino bevuto a pranzo. All’uscita dal museo il sole era ormai calato e, come ha sottolineato l’onorevole Boni della Lega Nord, con la luce se ne era andato anche il buon umore dei presenti. Un altro esempio di come il viaggio sia servito a far riflettere.
Lunedì 8 dicembre la maggioranza dei politici si sono uniti alla spedizione per Sderot per ricordare Gilad Shalit, il giovane soldato dell’IDF rapito il 25 giugno 2006 dagli uomini di Hamas e che ancora oggi si trova nelle mani dei suoi aguzzini. L'escursione è avvenuta nonostante il pericolo costante rappresentato dai razzi Qassam e Katyusha. La popolazione di questo piccolo villaggio ai confini con Gaza City ha a disposizione quindici secondi per nascondersi dentro i numerosi bunker in cemento armato dal momento in cui suona la sirena di allerta.
Lo scopo del viaggio era consegnare al neo eletto sindaco di Sderot, David Bouskilla, una lettera firmata da tutti i senatori e i parlamentari della delegazione, in cui ci si appellava alla Croce Rossa internazionale “affinché si impegni a farsi concedere da Hamas una visita al giovane Shalit”. Il Sindaco ha potuto interloquire con i politici presenti, manifestando tutta la sua gratitudine, grazie alla traduzione dall’ebraico della preziosa Sharon Nizza.Dopo un pranzo al Kibbutz Saad, durante il quale si è discusso di come può essere difficile la vita a Sderot, la delegazione si è recata alla base aeronautica di Palamchin, a sud di Tel-Aviv, per un incontro con i responsabili militari che hanno illustrato il funzionamento degli UAV (Unmanned aerial vehicle, veicoli aerei senza pilota) in dotazione all’esercito israeliano, gli IAI Heron 1. Durante il briefing, il Generale ventottenne Gill, ha risposto con un eloquente “no comment” quando gli è stato chiesto se quei veicoli fossero stati utilizzati per il famoso raid aereo israeliano in Siria del 2007, in cui due F-16 dell’IDF hanno bombardato quello che si riteneva un deposito di materiale atomico, distruggendolo.
I quattro giorni di visita, come detto, non hanno soltanto raggiunto lo scopo di cementare un’amicizia che dura ormai da molto tempo. Hanno anche trasferito ai nostri politici un po’ dell’unità d’intenti di cui si parlava alla Knesset, almeno su un tema importante come quello mediorientale. Se non è un miracolo, poco ci manca.10.12. 2008 ,http://www.loccidentale.it/


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