mercoledì 11 febbraio 2009

Gerusalemme

La Halakhà (legge religiosa ebraica) contempla il caso di un “impedimento” alla morte naturale.

Così dice lo Shulchàn Arukh : “Se c'è qualcosa che impedisce la dipartita dell'anima, per esempio se c'è un suono ritmico vicino alla casa (dove si trova il paziente), come il rumore causato da un taglialegna, o c'è del sale sulla sua lingua, e queste cose impediscono la dipartita dell'anima, allora è permesso eliminarle: in questo caso, infatti, non si tratta affatto di un atto concreto ma della rimozione di un impedimento”. È quindi lecito (e anzi, forse anche doveroso) rimuovere eventuali ostacoli che mantengano artificialmente in vita un paziente. Seppur l’eutanasia anche nell’ebraismo è vietata (ma nel caso specifico di Eluana non si tratta di eutanasia!) ciò però non implica che si debba ricorrere a un accanimento terapeutico in caso di malati terminali: anche questo è proibito, se l’unico scopo è prolungare artificialmente la vita. Il problema principale è identificare la precisa linea di demarcazione fra un’azione che, direttamente o indirettamente, causi la morte e un’altra che, sospendendo l’accanimento terapeutico, si limiti solo a permettere il decorso naturale. Il distacco della macchina che assicura la respirazione artificiale o persino l’alimentazione forzata senza la quale il malato terminale non sarebbe in grado di sopravvivere, sono casi che rientrano in ciò che è permesso. Amos Luzzatto, parlando di Welby, ha anche sostenuto: “Sono contento che finalmente si sia conclusa la sofferenza di un uomo che non poteva trovare un rimedio da solo e che nessuno voleva aiutare. Era un incubo: vedere che soffriva e che chiedeva di morire senza poter far niente è stata una cosa drammatica, angosciante… io sono d'accordo col testamento biologico. Anche rispetto all'eutanasia, che è una sorta di suicidio assistito, io sarei favorevole ma con grandi riserve. D’altra parte nella tradizione ebraica ci sono vari esempi di suicidi osannati e ricordati nel testo biblico. Si potrebbe citare Masada, i cui morti vengono ancora onorati, o re Saul, il primo re di Israele, che si suicidò con la sua spada e la cui elegia composta dal suo successore David è un autentico salmo di gloria che è entrato nel testo biblico canonizzato ebraico. L’ebraismo non è una Chiesa dogmatica centralizzata dove c'è un Papa che indica il comportamento da adottare a tutti i fedeli che ne vogliono far parte. Nel mondo ebraico si dibatte di questi temi in modo non superficiale, ma con notevole disinvoltura. E’ difficile che il più colto, il più istruito e informato dei rabbini si senta di dare dei giudizi drastici e validi per tutti i differenti casi. Mi dispiace constatare invece che nel nostro paese sia mancata, nell’insieme, una presa di posizione globale e generalizzata che difendesse il dovere di capire ciascun soggetto che soffre e di non sostituirci alla sua volontà.”

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