giovedì 19 marzo 2009

Osseh Shalom. Il Rav Sacks invita a cantare assieme e per Israele si rinnova la magia del Band Aid


L'appuntamento era di quelli da non mancare. L'appello lanciato attraverso Londra dalla gente della Casa della speranza (Home of Hope) era chiaramente un richiamo diramato dall'Ufficio del Rabbino capo. Trevor Horn aveva buttato giù alcune note nuove. Gli arrangiatori e i tecnici del suono erano già al lavoro. Le parole non potevano rappresentare un problema. Sono già state scritte, sono da sempre nero su bianco sotto gli occhi di tutti gli ebrei, le conosciamo tutti. Ce le ha messe in mente un Autore senza pari e sono le stesse con cui gli ebrei di ogni luogo e di ogni tradizione giorno dopo giorno invocano la Pace. Solo poche ore per incontrarsi fra persone diverse, intonare la propria voce, imparare una nuova melodia. E provare, riprovare, provare ancora. Poi le riprese e la realizzazione del disco. Nel cuore di Londra il mitico studio di registrazione dei divi del pop apriva di nuovo i battenti.Presto le sale di registrazione di riempiono di gente venuta per cantare. Arrivano le camicie azzurre del coro dello Shabbaton, uno dei più ascoltati a Londra. Sono appena rientrati da un lungo tour di solidarietà in Israele. Canto su canto, assieme alla gente di Ashkelon, di Beer Sheva e di Sderot, hanno risposto ai missili che piovevano da Gaza per colpire la popolazione civile. Arrivano le magliette bianche dei ragazzi della Moriah Jewish Day School che portano al centro l'immagine delle pietre del Kotel. Entrano i tre solisti, Rav Lionel Rosenfeld, Jonny Turgel, Shimon Craimer. Ma in studio ci sono anche alcuni dei protagonisti della mitica esperienza del Band Aid, quando Bob Geldof chiamò a raccolta i gruppi e cantanti più noti per cantare assieme contro la carestia che flagellava l'Africa orientale. Il compositore Stephen Levey, l'arrangiatore e produttore Trevor Horn, il regista Adam Cohen. La sala del Sarm West Studio è la stessa di allora. La magia di questo incontro riporta la memoria di molti all'entusiasmo di allora.Infine arriva lui, il Rabbino capo. Sir Jonathan Sacks, sesto nella dinastia dei rabbini capo del Commonwealth. Lo storico Michael Burleight lo ha definito “il più influente leader religioso nel Regno Unito”. L'ex primo ministro Tony Blair lo ha chiamato “un gigante nella vita intellettuale contemporanea”. L'attuale Primo ministro Gordon Brown ha detto che “non è solo un luminare, ma un leader spirituale e un ambasciatore rispettato ovunque della minoranza ebraica. Ha fatto più di chiunque altro in per mettere a fuoco l'attenzione sulle necessità e le sfide della comunità civile nella società globalizzata”.Questo incontro lo ha voluto lui. L'Ufficio del Rabbino capo ha deciso di distribuire un disco con molte nuove musiche. Ma il Rav Sacks voleva accompagnare delle immagini al disco. Mostrare a tutti con un filmato la gioia di stare assieme e quella di cantare per la pace e per Israele.Fra poco lo Stato di Israele giungerà al suo sessantunesimo compleanno. Quest'anno siamo stati testimoni di un evento formidabile. Forse non abbiamo avuto il tempo di rendercene conto appieno. Sessanta anni di Indipendenza. Sessanta anni di libertà. Conquistata a fatica. Difesa con dolore e dignità anche nelle situazioni più difficili.Il Rav Sacks parla a tutti, spiega perché dobbiamo cantare “Osseh Shalom”, spiega che Israele non è solo uno Stato, ma anche il territorio dove abitano i nostri ideali, la terra delle nostre radici.Cominciano le prove e ogni gruppo impara a integrarsi con il canto altrui. Il Rav non lascia lo studio, ma se ne sta in disparte. Poi si lascia coinvolgere. Via la giacca. Si allenta l'impeccabile cravatta. Si confonde nel coro. Poi, è venuto il momento di unire le voci. Di cantare assieme la nostra speranza.g.v., http://www.moked.it/

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