mercoledì 30 settembre 2009

Scialom Bahbout

Kippur - Preghiera e maldicenza

Grande protagonista del giorno di Kippur è la parola. Mentre la mente e lo spirito sono impegnati nel fare un esame di coscienza, analizzando i comportamenti dell’ultimo anno, la bocca - il tramite attraverso cui passano le parole - è impegnata nel recitare le preghiere e il viddui (la confessione delle colpe commesse). In ebraico bocca si dice Pe, una delle lettere dell’alfabeto ebraico che ha due forme: una chiusa פ e una aperta ף (che si usa in fine di parola), forse per indicare che ci sono momenti in cui la bocca deve essere tenuta chiusa e altri in cui invece bisogna aprirla: c’è un tempo per parlare, c’è un tempo per tacere. Da molto tempo siamo sommersi dalle indiscrezioni, dalla maldicenza, dal turpiloquio, dalle fughe di notizie dai processi in corso, dall’uso improprio della parola, che invece è stata data all’uomo per ben altri scopi. Kippur è un’occasione quasi unica per fare i conti con le proprie parole: le nostre preghiere non possono riscattare l’uso così dicotomico che si fa della parola. La purezza che deve essere intrinseca alla preghiera, mal si accompagna con la maldicenza. Con l’augurio che ognuno possa trasformare la sua lingua in lashon ha-kodesh, una lingua che parla solo di cose sacre. Scialom Bahbout, rabbino http://www.moked.it/

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