
Le tecniche di "recupero" di un'associazione irritano la diaspora Campagna sotto accusa
"Lost" , perduto. O scomparso. Una foto di tal Joel Fine nella classica posa e iconografia che segnala le persone segnalate innesca la polemica in Israele e fra la comunità ebraica della diaspora. Perché Fine non è scomparso e nemmeno «perduto»: perchè la famiglia e gli amici sanno perfettamente dove si trova. Ovvero lontano da Israele, e prossimo a sposarsi con una non ebrea. Quindi lost, perso, nell'interpretazione di Masa, un’organizzazione che collabora col governo israeliano e le agenzie ebraiche nel mondo.Il suo compito istituzionale è, di regola, portare la gioventù della diaspora in Israele per un periodo di sei mesi-un anno. Un soggiorno alla scoperta delle proprie radici. Stavolta, però, anche secondo il filogovernativo Jerusalem Post, Masa ha un po' esagerato nel ll'enfatizzare in questo modo i rischi dell’assimilazione. «Più del 50% dei giovani della diaspora vengono assimilati e sono persi per noi», dice una scritta in sovraimpressione che accompagna i volti dei ragazzi missing nello spot di presentazione. Il messaggio prosegue con un appello: «Conosci qualche giovane ebreo che vive all’estero? Chiamaci, insieme rafforzeremo il suo legame con Israele». L'organizzazione, infatti, non si limita a diffondere dati, ma incita anche amici e parenti a intervenire in modo attivo per riportare all'ovile la pecorella smarrita. Basta che un amico di Joel chieda un intervento e sarà qualche affiliato di Masa a farsi vivo con il ragazzo per invitarlo a un soggiorno nella terra dei padri. Da cosa nasce cosa e forse il Joel di turno si ravvederà.L'operazione durerà dieci giorni e ha già suscitato reazioni controverse nell’opinione pubblica israeliana, specie tra i diretti interessati, i ragazzi. Anche la stampa ha presentato l’iniziativa in modo problematico a aprtamente critico. Anche il moderatissimo quotidiano Jerusalem Post parla di una «campagna controproducente»: nessuno, si legge in un commento affidato a Shmuel Rosner, può «vincere i cuori» dei giovani ebrei «con una pubblicità che implica che il matrimonio interreligioso sia una forma di genocidio». Da parte loro, i responsabili del progetto sostengono che «con un tasso di crescita dello 0.5 e una percentuale di assimilazione pari all’80% in Paesi come le repubbliche ex sovietiche, le comunità ebraiche (della diaspora) sono vicine al punto di non ritorno». «Con questa campagna - si giustificano - abbiamo cercato di riportare l’argomento all’interno dell’agenda pubblica come questione di grande importanza». http://www.jpost.com/servlet/Satellite?cid=1251804513212&pagename=JPost%2FJPArticle%2FShowFull
Nessun commento:
Posta un commento