giovedì 10 settembre 2009

spiaggia di Tel Aviv in festa

Sposi una non ebrea? Sei "perduto" In Israele divampa la polemica

Le tecniche di "recupero" di un'associazione irritano la diaspora Campagna sotto accusa
"Lost" , perduto. O scomparso. Una foto di tal Joel Fine nella classica posa e iconografia che segnala le persone segnalate innesca la polemica in Israele e fra la comunità ebraica della diaspora. Perché Fine non è scomparso e nemmeno «perduto»: perchè la famiglia e gli amici sanno perfettamente dove si trova. Ovvero lontano da Israele, e prossimo a sposarsi con una non ebrea. Quindi lost, perso, nell'interpretazione di Masa, un’organizzazione che collabora col governo israeliano e le agenzie ebraiche nel mondo.Il suo compito istituzionale è, di regola, portare la gioventù della diaspora in Israele per un periodo di sei mesi-un anno. Un soggiorno alla scoperta delle proprie radici. Stavolta, però, anche secondo il filogovernativo Jerusalem Post, Masa ha un po' esagerato nel ll'enfatizzare in questo modo i rischi dell’assimilazione. «Più del 50% dei giovani della diaspora vengono assimilati e sono persi per noi», dice una scritta in sovraimpressione che accompagna i volti dei ragazzi missing nello spot di presentazione. Il messaggio prosegue con un appello: «Conosci qualche giovane ebreo che vive all’estero? Chiamaci, insieme rafforzeremo il suo legame con Israele». L'organizzazione, infatti, non si limita a diffondere dati, ma incita anche amici e parenti a intervenire in modo attivo per riportare all'ovile la pecorella smarrita. Basta che un amico di Joel chieda un intervento e sarà qualche affiliato di Masa a farsi vivo con il ragazzo per invitarlo a un soggiorno nella terra dei padri. Da cosa nasce cosa e forse il Joel di turno si ravvederà.L'operazione durerà dieci giorni e ha già suscitato reazioni controverse nell’opinione pubblica israeliana, specie tra i diretti interessati, i ragazzi. Anche la stampa ha presentato l’iniziativa in modo problematico a aprtamente critico. Anche il moderatissimo quotidiano Jerusalem Post parla di una «campagna controproducente»: nessuno, si legge in un commento affidato a Shmuel Rosner, può «vincere i cuori» dei giovani ebrei «con una pubblicità che implica che il matrimonio interreligioso sia una forma di genocidio». Da parte loro, i responsabili del progetto sostengono che «con un tasso di crescita dello 0.5 e una percentuale di assimilazione pari all’80% in Paesi come le repubbliche ex sovietiche, le comunità ebraiche (della diaspora) sono vicine al punto di non ritorno». «Con questa campagna - si giustificano - abbiamo cercato di riportare l’argomento all’interno dell’agenda pubblica come questione di grande importanza». http://www.jpost.com/servlet/Satellite?cid=1251804513212&pagename=JPost%2FJPArticle%2FShowFull

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