mercoledì 18 novembre 2009



Bioetica e valori ebraici

Eutanasia e accanimento terapeutico, temi di interesse generale che hanno spesso diviso l’opinione pubblica italiana. Se n'è parlato ieri sera, affrontando questi argomenti anche da un punto di vista ebraico, nei locali della Comunità di Trieste in occasione di un convegno intitolato “L'etica ai confini della vita”, organizzato dal Gruppo sionistico locale. Come relatori Umberto Lucangelo, direttore dell’Anestesia e rianimazione dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Trieste, Doron Recanati, anestesista e rianimatore dell'Istituto Burlo e Cesare Efrati, maskil e medico gastroenterologo dell’Ospedale israelitico di Roma (nell'immagine insieme al Rav Itzhak Margalit). Gli interventi sono stati moderati da Bruno Bembi, direttore del Centro regionale per le malattie rare.Il primo a parlare è stato Lucangelo che è andato subito al nocciolo della questione: “Bisogna capire quando un trattamento, invece di prolungare la vita, stia procrastinando il processo di morte”.Molto critico nei confronti della categoria dei medici l'intervento di Recanati. “La medicina viene esercitata secondo principi culturali e non scientifici” e “gli ospedali sono diventati mostri, non ci sono regole uguali per tutti in un reparto”, alcuni dei suoi commenti più duri. Cesare Efrati, invece, ha sottolineato la santità e il valore assoluto della vita e l’obbligo, per il malato, di farsi curare: “La vita è un dono di Dio, non siamo proprietari del nostro corpo”. Ma quando si parla di accanimento terapeutico è bene chiedersi se sia meglio “morire in modo semplice o in modo high tech”. A chiudere la serata Itzhak Margalit, rabbino capo di Trieste, che ha ricordato come ogni caso sia un caso particolare ma che “non bisogna fare differenza tra un bambino e un anziano, non possiamo permetterci di toccare la vita di nessuno”.Adam Smulevich, http://www.moked.it/

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