martedì 17 novembre 2009
Il futuro d’Israele: costruire e proteggere.Intervista a Samy Blanga, presidente Keren Hayesod
"Abbiamo costruito nuovi rifugi pubblici e ne abbiamo rifatti a centinaia nel Nord di Israele e nel Negev, a seguito della guerra del Libano nel 2006 e della recente guerra di Gaza. Mentre cerchiamo di andare incontro alle emergenze, non dimentichiamo un altro aspetto fondamentale del nostro lavoro, quello di aiutare a costruire il benessere degli ebrei in Israele”. Così racconta Samy Blanga, presidente nazionale del Keren Hayesod, una istituzione che, come si dice dei “grandi”, non ha bisogno di presentazioni.“E invece no”, protesta Samy, “Ovviamente tutte le persone che hanno vissuto le origini del KH sanno benissimo che cosa sia, ma non si può dire altrettanto per le nuove generazioni. Così da due anni non perdiamo nessuna occasione per spiegare ai nuovi amici i nostri presupposti e le nostre finalità”.Allora ricordiamolo: come e quando è nato il Keren Hayesod?Fu creato nel lontano 1920, principalmente per favorire l’alià, l’immigrazione degli ebrei da tutto il mondo in Erez Israel. È parte integrante dell’Agenzia Ebraica e, per valutare l’efficacia della sua azione, i numeri parlano da soli. Il KH ha favorito l’arrivo di più di tre milioni di ebrei in tutti questi anni. Ha aiutato tantissimi ebrei nel loro cammino verso Israele e “prelevato” altri con missioni pericolose al limite dell’impossibile, da paesi in guerra o dove correvano un imminente pericolo: in Etiopia, Somalia, ex URSS, o Sud America. Non ultimo l’invio di un aereo in 24 ore in Ossezia durante l’estate 2008 per portare in salvo gli ebrei intrappolati nella guerra. Il KH Italia è stato creato a Milano nel 1967 nei giorni successivi alla Guerra dei Sei Giorni, quando tutta la Comunità di Milano si era mobilitata con grande slancio di generosità in aiuto dello Stato d’Israele e creando le basi di un solidissimo collegamento. Il KH ha però una funzione importante anche nella vita quotidiana di Israele.Sì, è vero. Il KH, tramite contributi cospicui al sistema educativo, aiuta per esempio gli etiopi ad intraprendere corsi universitari, o i giovani a rischio delle periferie povere delle città. Ma dà anche la possibilità, alle persone anziane, di proseguire una vita decorosa e indipendente. Sono soltanto alcuni dei tanti progetti che portiamo avanti da anni con successo e orgoglio. Mano a mano, in tutti questi 90 anni, il KH ha adattato le strategie di aiuto alle esigenze del momento. L’ufficio centrale del KH a Gerusalemme elabora le esigenze e pianifica i progetti da realizzare, che noi sottoponiamo alla generosità di tutti i nostri amici sostenitori. E lei, quando ha iniziato il suo impegno in questa istituzione?Nel 1986, assieme a Alberto Eman, Dani Hasbani e Nouri Mouhadeb formammo il primo gruppo operativo della Young Leadership KH, spinti dall’entusiasmo di Micha Limor, allora shaliah del KH in Italia. Eravamo molto timidi e non riuscivamo a chiedere soldi ai nostri coetanei in modo diretto. Non avevamo le capacità di farlo e l’unica motivazione che ci spingeva in questa direzione era il nostro amore verso Israele. Siamo andati timidamente ad un convegno a Zurigo della YL e lì abbiamo finalmente capito come agire. Abbiamo vissuto un week end con altri giovani da tutta Europa, che grazie al loro entusiasmo ci hanno contagiati. Di rientro a Milano abbiamo “sfondato la porta” organizzando una serata e presentando un progetto da realizzare: è stato un grande successo. Da lì in poi, il gruppo YL si è via via allargato, continuando a lavorare fino ad oggi con i nuovi giovani che sono attualmente guidati dal presidente Andrea Bardavid. Personalmente, dopo una lunga pausa, sono rientrato prima come consigliere, poi presidente di Milano assieme a Luciano Bassani, poi ancora co-presidente nazionale del KH con Walker Meghnagi, che ricopriva la carica egregiamente da sette anni. Infine, dal settembre 2008, sono stato eletto presidente nazionale. Com’è organizzato il lavoro del KH- Italia?Fino a ieri, le nostre attività venivano guidate principalmente dai comitati di Milano e Roma, rispettivamente capeggiati dai co-presidenti Luciano Bassani e Andrea Jarach, e da Johanna Arbib e Cesare Anticoli. Recentemente Johanna Arbib è stata chiamata a presiedere il Board of Trustees del KH mondiale, una carica che dà lustro a tutto il KH Italia ed è indice dell’ottimo lavoro svolto da tutti noi. Pur essendoci in tante altre città (Torino, Genova, Venezia, Padova, Bologna e Firenze) persone di riferimento che ci aiutano nella raccolta, vorremmo effettuare Campagne di Apertura in ogni città in modo da coinvolgere di più le Comunità. Abbiamo iniziato a Bologna lo scorso anno con grande successo, e lo facciamo quest’anno a Torino. Informare, comunicare e legare maggiormente le Comunità italiane a Israele è il nostro obiettivo. Quali sono nello specifico le attività del KH per i giovani?Rivolgiamo una grande attenzione ai giovani in Israele, ma non dimentichiamo certo i nostri giovani italiani, che sono il nostro futuro e il futuro di Israele. Per questo da vari anni offriamo delle borse di studio ai maturandi italiani per studiare nelle Università israeliane, favorendo in tanti casi la alià in Israele dei giovani italiani. Inoltre, da due anni, aiutiamo con un contributo importante i due movimenti giovanili BA e HH. Con grande soddisfazione abbiamo notato che questa è la strada giusta e rappresenta il miglior collegamento tra la Diaspora ed Israele. Cercate di rinsaldare il legame Diaspora-Israele, anche presso gli adulti?Certo: ci sentiamo responsabili sia verso le persone che aiutiamo in Israele e nel mondo, sia nei confronti dei nostri amici donatori, nel realizzare e portare a termine i progetti con i fondi che raccogliamo. Per questo, da vari anni ormai, organizziamo un viaggio di Solidarietà in Israele, al quale partecipano amici sostenitori affezionati e nuovi, nonché personalità politiche italiane e dell’imprenditoria, per far conoscere da vicino la realtà israeliana, a molti sconosciuta e per visitare i progetti realizzati e quelli ancora in cantiere. È un modo tangibile, concreto e coinvolgente di “arruolare” tutti i partecipanti quali nuovi ambasciatori di Israele nel mondo.Come vive il suo impegno da presidente?La carica di presidente nazionale, che ricopro, richiede iniziativa, responsabilità e dedizione; caratteristiche, queste, proprie anche del mio Consiglio, prezioso collaboratore di questa magnifica avventura. Oltre alla nostra Apertura di Campagna annuale e le visite ai nostri amici donatori, ognuno di loro contribuisce con il suo giusto apporto nell’ambito che meglio gli si addice sia nelle relazioni interne ed esterne, nelle relazioni con le Istituzioni, e via dicendo. Una citazione a parte merita lo shaliah Ido Gilad, uomo di grande capacità e disponibilità e lo staff degli uffici di Milano e Roma, la cui dedizione va ben oltre il compito cui sono chiamati. Se il KH è quello che è oggi, e cioè la maggiore istituzione non profit ebraica in Italia per Israele, lo dobbiamo assolutamente a tutti i nostri sostenitori, e a tutti i nostri Past President che hanno dedicato vita e amore per Israele.http://www.mosaico-cem.it/
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