giovedì 26 novembre 2009



soldatessa israeliana

Queste dichiarazioni parlano da sole......

Intervista a Marwan Barghouti: "Liberatemi in cambio di Shalit"

da Corriere della Sera del 25 novembre 2009 di Francesco Battistini
Marwan Barghouti, la liberazione di Gilad Shalit sembra vicina: un soldato israeliano in cambio di centinaia di detenuti palestinesi. E al centro di questo scambio c'è lei.«Sì. Spero che stavolta ci siamo. Parte dei nostri prigionieri sarà finalmente rilasciata: quelli che con nessun negoziato s'era riusciti a tirar fuori di galera. Evidentemente non c'è altro modo, con Israele».Ma chi ci guadagna di più? «Se ci sarà lo scambio, forse si capirà che non si possono ignorare le richieste di Hamas. Hanno dovuto piegarsi alla lista di prigionieri che Hamas ha messo davanti a Israele. Anch'io sono parte di questa lista». Non si sa se la sua scarcerazione preoccupi più il governo israeliano, l'Autorità palestinese o Hamas. A 50 anni d'età e più di sette da detenuto, due intifade e cinque ergastoli sulle spalle, luogo comune vuole che Barghouti sia il probabile successore di Abu Mazen. In agosto l'hanno stravotato al comitato centrale del Fatah, anche se stava dentro. Chissà che succederebbe, se uscisse e corresse alle presidenziali palestinesi: «Abu Mazen non s'è ancora dimesso — risponde al Corriere tramite i suoi avvocati, dalla cella di Hadarim —. Ha solo espresso l'intenzione di non ricandidarsi. Lo rispetto. Ma il punto è che a gennaio non ci saranno elezioni. Presidenziali e legislative devono tenersi in Cisgiordania, a Gaza e a Gerusalemme Est. E in un clima di riconciliazione nazionale. Prima, non hanno senso. La mia priorità è mettere fine alla divisione tra Fatah e Hamas: quando ci sarà l'accordo, allora sarò pronto».Questo accordo finora è fallito, ma molti ora lo ritengono possibile, chiusa l'operazione Shalit...«Fatah ne aveva firmato uno, mediato dall'Egitto. Ora io invito Hamas a siglarlo. E a usare l'opportunità che si presenta— l'unità dei palestinesi —, specie dopo che Abu Mazen ha riconosciuto il fallimento della sua politica. L'unità è il segreto della vittoria per le nazioni oppresse».Come reagirebbe Israele a una sua candidatura, dopo la scarcerazione?«Israele ha provato ad assassinarmi più volte, fallendo. Mi ha sequestrato e condannato a 54 anni di cella. Pensava di farmi tacere. Ha deciso che non farà accordi con Barghouti presidente. Ma non deve preoccuparsi: non ci sono elezioni, adesso...».Qual è stato il più grande errore di Abu Mazen in questi cinque anni?«Puntare solo sui negoziati. E avere creduto alle promesse americane e israeliane. Alla pace non s'arriva solo coi negoziati. Ci vuole anche la resistenza popolare».Sta dicendo che ci sarà una terza intifada?«L'intifada nasce come una volontà collettiva del popolo, quando la gente non ha scelta: non la decide un partito o un leader. La seconda intifada scoppiò dopo il fallimento di Camp David. I palestinesi hanno fatto la più lunga rivoluzione della storia contemporanea. E la riprenderanno».Abu Mazen esclude un'intifada violenta. Lei ne è stato l'ideatore: i kamikaze sono ancora un'opzione?«I palestinesi hanno dato ad Abu Mazen l'opportunità di negoziare. Usa e Israele ci dicevano che lui era il miglior leader possibile. Abu Mazen accettò la Road Map, andò ad Annapolis, negoziò con Olmert e la Livni, fece decine di vertici. Risultato? Più insediamenti, Gerusalemme sempre più ebraicizzata, case demolite, il Muro, centinaia di checkpoint, una guerra barbara a Gaza».Qualche giorno fa, la stampa Usa scriveva che l'Autorità palestinese è al collasso.«L'Anp non è un obbiettivo. Lo sono l'indipendenza, i confini del '67, Gerusalemme capitale. L'Anp era l'embrione dello Stato e i palestinesi l'avevano accettata per 5 anni. Il rifiuto d'Israele di dar seguito alle risoluzioni Onu, l'ha fatta sopravvivere per altri 15. Però un collasso dell'Anp non danneggerebbe solo i palestinesi, oggi, ma anche gli israeliani. L'Anp nei fatti non ha sovranità su un solo metro di West Bank. Israele l'ha spogliata. L'unica alternativa all' Anp è uno Stato indipendente».Vede nuovi interlocutori in Israele?«Netanyahu rifiuta tutto: che razza d'interlocutore può essere? Ma anche all'opposizione c'è poco: il piano di Mofaz, dialogare con Hamas e riconoscere i due Stati, non porterà mai ai confini del '67 e alla fine dell'occupazione di Gerusalemme Est. Israele non ha un De Gaulle o un de Klerk, che chiusero col colonialismo in Algeria o con l'apartheid. Non è capace d'esprimere leader col coraggio di far finire la più lunga occupazione della storia contemporanea».E Obama? «I palestinesi avevano accolto con favore la sua elezione. Molti erano ottimisti, dopo il suo discorso al Cairo e il monito a Israele sugl'insediamenti. Un anno dopo, il raccolto è un gigantesco zero. Obama ha ancora l'opportunità di storiche decisioni. Ma non ci servono altri 18 anni d'inutili negoziati. Nel mondo, lo Stato palestinese piace a tutti: e allora che cosa sta aspettando, il mondo?».La chiamano il nuovo Arafat...«Fin da bambino, ho dedicato la mia vita all'indipendenza. Dico ai miei che il buio della notte se ne andrà. Dico agl'israeliani: l'ultimo giorno della vostra occupazione sarà il primo di pace fra due popoli. Potremo vivere da buoni vicini. Ma prima dovete andarvene».

MA ANCORA:
[...]Per Israele accettare l'accordo è già abbastanza difficile di per sé. Tra i punti dolenti, c'è Barghouti. Gerusalemme infatti considera il leader dei Tanzim il mandante di diversi attentati terroristici effettuati dai Martiri di Al-Aqsa, altro gruppo legato a Fatah: al momento sta scontando cinque ergastoli consecutivi per altrettanti omicidi, incluso l'assassinio di un ragazzino ebreo. Insomma, per gli israeliani è uno dei peggiori terroristi, con le mani sporche di sangue innocente. Per i palestinesi invece è uno degli esponenti politici più promettenti e benvoluti. Cinquant'anni e un'aura da eroe rivoluzionario, Barghouti è uno dei volti più popolari di Fatah, in particolare tra i giovani radicali della Cisgiordania. Secondo alcuni, l'unica speranza per mantenere Fatah in piedi, e contrastare l'ascesa di Hamas: per questo si era già ipotizzata la sua liberazione diverse volte, sia in concomitanza con le ultime tornate elettorali, sia in relazione al dossier Shalit. Ma poi non se n'era fatto nulla. Cosa cambia questa volta, allora? Posto che tutto è ancora incerto, per una volta le voci su una possibile liberazione di Barghouti avvengono da una fonte vicina al diretto interessato. Suo fratello Mukabal ha infatti detto al quotidiano israeliano Yediot Ahronot di avere ricevuto rassicurazioni in materia, nonché di essere stato informato sull'imminente liberazione del leader del Fplp Ahmed Sadat. Un'ulteriore conferma arriva poi dallo stesso Fronte Popolare.[...]Anna Momigliano, Il Riformista 25 novembre 2009

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