giovedì 26 novembre 2009


Men of Emir Mohamed Saleh in their camp listening to latest news. April 1948.

Bensoussan, un libro contro il pregiudizio "Israele non è nato dal senso di colpa dei Paesi europei"Israele è nato dalla Shoah. Un pregiudizio diffuso e allarmante,
un concetto utilizzato dai detrattori per delegittimare l’esistenza stessa dello Stato israeliano. Contro questa falsa concezione il professor Georges Bensoussan, docente all’università Sorbona IV, oppone la storia, i fatti. Nel suo nuovo libro Israele, un nome eterno (Utet 2009), presentato a Torino presso la Fondazione Luigi Einaudi, lo storico francese analizza in modo attento e lineare la storia del sionismo, sottolineando il grande contributo che questo movimento ha dato alla nascita di Israele. Non solo, Bensoussan decostruisce, attraverso un mirabile processo logico, il pregiudizio secondo cui Israele sarebbe nato dal senso di colpa dei paesi europei. “In Italia ma non solo”, sostiene la coordinatrice dell’incontro Elena Loewenthal, scrittrice ed editorialista de La Stampa, “c’è l’idea diffusa che Israele sia un risarcimento agli ebrei per quanto accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale. Il libro di Bensoussan smentisce questa tesi falsa e velenosa”. “Falsa - sottolinea il professor Alberto Cavaglion, docente di Storia contemporanea all’università di Firenze - perché in questo modo non si tiene conto, come invece accade nel libro, dello Yishuv: una realtà politica complessa che già dal 1922 vedeva nella futura Israele una società ben organizzata, con istituzioni politiche, sindacati, organi di stampa, università e così via”.Bensoussan sostiene che la Shoah non sia stata una condicio sine qua non per la creazione dello Stato ebraico; non lo è stato nemmeno il l’antisemitismo perché altrimenti non si spiega come, dalla diaspora in avanti, per secoli non sia mai nata una corrente paragonabile al sionismo. Lo storico, inoltre, è critico nei confronti di coloro che guardano agli arabi come vittime del colonialismo israeliano e a chi sostiene che vi sia un genocidio palestinese, Bensoussan risponde con i numeri: la popolazione palestinesi, lungo questi decenni, è cresciuta da trecentomila persone a oltre un milione. Altra questione importante che emerge dal libro è il problematico rapporto fra la memoria della Shoah e Israele, “un silenzio pieno di ombre”, sostiene Anna Foa, docente di storia moderna alla Sapienza. L’iniziale sordità di fronte alle testimonianze dei sopravvissuti, il concentrarsi solo su una visione eroica, portando ad esempio la resistenza del ghetto di Varsavia, o ancora l’angosciante visione della Shoah come “pecore mandate al macello”. Questi, ricorda la Foa, sono tutti temi che hanno a lungo caratterizzato la discussione in Israele e non solo. “La questione della memoria - spiega la storica - è esplosa con il processo Eichmann e da qui nasce l’esperienza dei testimoni. Il paradosso però è che progressivamente nasce una religione civile fondata sulla Shoah, Yad Vashem diviene il cuore storico della nazione. Il trauma non è stato elaborato fino in fondo ed è venuta a consolidarsi una memoria ipertrofica che rinuncia al sionismo”. C’è spazio anche per un interessante critica di Cavaglion alla ricostruzione di Bensoussan: “Premesso che l’autore appartiene a quella ormai rara categoria di storici sobri e rigorosi che ricostruisce il passato attraverso la rottura degli schemi consolidati - argomenta lo studioso - ho qualche perplessità sulla parte un po’ romantica del saggio riguardo al sionismo; è vero che già prima del 1948 vi era una struttura pre-statale organizzata ma non sono sicuro che sia sufficiente. Bisognerebbe comparare, con realismo politico, la nascita di Israele con la creazione degli altri stati, ad esempio con il Kosovo. Non credo basti l’afflato romantico, bisogna anche guardare la lezione dei fatti”.All’incontro è intervenuto anche il presidente della Comunità di Torino, Tullio Levi, che ha voluto sottolineare il valore del libro di Bensoussan “è un testo davvero importante nel panorama italiano; restituisce al sionismo il suo vero significato. Non è un libro apologetico ed è storicamente inoppugnabile. Dimostra che Israele nasce e vive per virtù propria”.Tutti concordi sul ruolo significativo che questo libro potrà giocare per la comprensione di un argomento tanto complesso come il rapporto tra sionismo, memoria e Israele. Va inoltre sottolineata l’abilità di Bensoussan nel coinvolgere il lettore, il libro è scorrevole e chiaro, riesce a spiegare con molta lucidità questioni complesse e sfaccettate come quelle toccate dai relatori. Chiudiamo con le parole di Bensoussan, un monito per chi perde di vista l’importanza di studiare la storia, i fatti: “Storia vuol dire conoscere. Chi la confonde con l’ideologia, preferisce non conoscere”.Daniel Reichel, http://www.moked.it/

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