mercoledì 16 dicembre 2009
Aliza Lavie
Aliza Lavie presenta “La Tefillà delle donne”
Alcuni anni fa Aliza Lavie trascorse uno Shabbat a Roma. Il sabato mattina, la quarantaquattrenne israeliana, docente al dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Bar Ilan, andò a pregare al Tempio Maggiore, dove fece una scoperta che le aprì un nuovo mondo. Oltre ai vari Mishèberach (la Benedizione recitata da coloro che vengono chiamati alla Torah) per i malati, per Israele, e altro, ne venne pronunciato uno per “Sara, Rebecca, Rachele, Lea, tutte le figlie d’Israele che cuciono un panno o aggiustano un lume”. Affascinata, chiese spiegazioni, per un fatto che invece era considerato da tutti normale. “Ho scoperto che nella tradizione ebraica italiana c’è sempre stata un’attenzione speciale al ruolo della donna, come questo Misheberach che è presente solo nel rito italiano testimonia - spiega la Lavie - Da qui ho iniziato a fare delle ricerche e ho scoperto moltissime Tefillot, preghiere scritte da o per le donne nel corso dei secoli”. Nel suo libro “Tefillat Nashìm”, presentato alla comunità milanese nell’ambito del progetto Revivim, Aliza Lavie ne ha raccolte tantissime, provenienti da tutto il mondo, scritte nei periodi più diversi (nell'immagine un momento della presentazione). Quando l’opera è stata pubblicata quattro anni fa in Israele, ha avuto un successo enorme e inaspettato, anche fra le comunità ultraortodosse, e fra le donne non ebree, e l’edizione inglese uscita nel 2008, intitolata “A Jewish Woman’s Prayer Book”, non è stata da meno, vincendo anche il prestigioso premio National Jewish Book Award. Secondo l’autrice il segreto sta nel fatto che queste preghiere sono sgorgate direttamente dal cuore di molte donne, nei momenti più speciali, come quella scritta solo alcuni anni fa da Shulamit Eisenbach, una donna ortodossa di Gerusalemme, un’ora prima delle nozze del figlio, che esprime il desiderio di essere una buona suocera: “(…) Rendimi gradita agli occhi di mio genero e mia figlia / e di mio figlio e mia nuora / Fai sì che io non veda in loro alcuna mancanza, ne senta alcun difetto / non farmi provare alcun risentimento verso di loro, né comportarmi in modo meschino / Che non sia destata in me alcuna gelosia, né alcun vizio si celi in me”. Rossella Tercatin, http://www.moked.it/
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