lunedì 21 dicembre 2009


Gerusalemme Yad Vashem


«Non possiamo dimenticare quel treno partito per Auschwitz nel silenzio»

Roma - Usciti dallo Shabbat, gli ebrei riaccendono i telefoni e si confrontano, cercando le parole adatte a esprimere il disagio, fortissimo, ma anche la distanza, e l'equilibrio sembra impossibile. In serata arriva il comunicato congiunto, che rappresenta la valutazione ufficiale del mondo ebraico italiano sulla spinosa vicenda. «A proposito della firma del decreto sulle virtù eroiche di papa Pio XII precisiamo che non possiamo in alcun modo interferire su decisioni interne della Chiesa che riguardano le sue libere espressioni religiose. Se tuttavia la decisione di oggi dovesse implicare un giudizio definitivo e unilaterale sull'operato storico di Pio XII ribadiamo che la nostra valutazione rimane critica». A firmarlo sono il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma Riccardo Di Segni, il presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei) Renzo Gattegna e il presidente della Comunità di Roma Riccardo Pacifici. La critica, che parte da lontano, da quando per la prima volta si ipotizzò la beatificazione del Papa colpevole a giudizio di gran parte del mondo ebraico di un silenzio troppo grande, viene così articolata: «La commissione congiunta degli storici del mondo ebraico e del Vaticano - prosegue la nota - è ancora in attesa di accedere agli archivi di quel periodo. Non dimentichiamo le deportazioni degli ebrei dall'Italia e in particolare il treno di 1021 deportati del 16 ottobre 1943 che partì verso Auschwitz dalla stazione Tiburtina di Roma nel silenzio di Pio XII. Il mondo ebraico - concludono Di Segni, Pacifici e Gattegna - continua ad essere riconoscente ai singoli e alle istituzioni della Chiesa che si adoperarono per salvare gli ebrei perseguitati». «La questione degli archivi del Vaticano resta apertissima - spiega Marcello Pezzetti, direttore della Fondazione Museo della Shoah di Roma - Noi storici non abbiamo mai avuto accesso ad alcun documento successivo al settembre del '43, abbiamo potuto analizzare solo una selezione scelta dalla Santa Sede. Si dice che Pio XII poco dopo il rastrellamento del ghetto emanò una direttiva con cui chiedeva alle istituzioni religiose di accogliere gli ebrei: bene, ma questo documento noi non l'abbiamo mai visto. Se le carte fossero pubbliche si porrebbe fine a queste ipotesi e illazioni che non depongono certamente a favore di Pio XII. Ritengo che questa decisione intaccherà negativamente i rapporti col mondo ebraico; come si fa a fare santa una persona che non ha scomunicato un regime dichiaratamente omicida, che ha ucciso i disabili, gli ebrei, gli zingari... Si avvicina la visita di Ratzinger in sinagoga, il 17 gennaio: penso che i sopravvissuti allo sterminio esprimeranno la loro legittima protesta». Dubbi, critiche, sconcerto agitano la comunità ebraica. La storica Anna Foa dichiara di «essere contraria sia alla leggenda nera su Pio XII», che lo vuole connivente col regime nazifascista «che alla leggenda rosa», ritenendo entrambe deformazioni della realtà, ma riconosce «alla Chiesa il diritto di far santo chi vuole». Stesso concetto esprime Giuseppe Laras, presidente dell'Assemblea rabbinica italiana: «Il processo di beatificazione è una questione interna della Chiesa che va rispettata. Ma non posso non pensare a ci che accadde al tempo della Shoah. La figura di questo pontefice controversa: comunque non seppe gridare forte il suo sdegno e la sua opposizione allo sterminio». «Bisogna scindere l'aspetto teologico dal giudizio storico - aggiunge Guido Vitale, direttore del periodico Pagine ebraiche - Ma sarebbe ingenuo pensare che il dialogo sia una strada facile, senza ambiguità». E a questo proposito Vitale descrive la vignetta di Enea Riboldi che uscirà sul prossimo numero: Benedetto XVI a mo' di funambolo che attraversa il Tevere sul filo col bilanciere: uno dei due pesi dice dialogo, l'altro conversione . Come a dire, tutto ancora. in salita.Francesca Nunberg, Il Messaggero, 20 dicembre 2009

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