lunedì 21 dicembre 2009


Gerusalemme il Santo Sepolcro

Pio XII e gli ebrei. Analisi insoddisfacente
Giovanni Sale è direttore dell’Istituto storico della Compagnia di Gesù e redattore della Civiltà Cattolica. Il suo nuovo libro si intitola Le leggi razziali in Italia e il Vaticano (Jaca Book, 303 pagine) e Pagine Ebraiche è stato tra i primi a ottenerne una copia. Il volume si occupa prevalentemente del periodo che va dal 1937 alla morte di Pio XI nel febbraio 1939, ciò a causa sia della perdurante chiusura agli studiosi dell’archivio storico di Pio XII sia del fatto che comunque fu nel secondo semestre del 1938 che la vicenda ebbe il massimo sviluppo. A voler essere precisi un fatto nuovo lo si ebbe nella complessa estate 1943, quando si informò il ministro dell’Interno del nuovo governo Badoglio che alcune norme della legislazione antiebraica fa fascista erano per la Chiesa cattolica “meritevoli di conferma”. Su ciò però Sale non si sofferma: la sua narrazione si conclude rigorosamente prima della caduta di Mussolini e dell’inizio del processo di abrogazione. Il libro è interessante e insoddisfacente. E’ interessante perché il gesuita pubblica vari documenti inediti del ricco archivio della rivista La Civiltà Cattolica e rende noti ulteriori testi dell’archivio vaticano. E’ insoddisfacente perché il volume è gravemente non curato. Che dire, ad esempio, della riproduzione di una lettera a Pio XI recante in calce la firma collettiva “un fortissimo numero di Cattolici di Sesto San Giovanni” e pubblicata sotto il titolo “lettera di un gruppo di ebrei”? (la missiva comunque vale la firma, perché è una protesta contro la “ingiustizia grande” fatta ai “nostri fratelli”). La lettura dei documenti di questo libro quindi non può sostituire la consueta ricerca in archivio. Però essa propone comunque alcune novità. Come alcuni scritti vaticani del 1937, che attestano una sorta di apprezzamento divergente del Vaticano verso il decreto legge fascista contro il concubinato tra bianchi e nere (per il governo era una questione di “difesa della razza”, per la Chiesa cattolica era una moralizzazione opportuna da non estendere però ai matrimoni veri e propri). Per quanto concerne gli aspetti principali della politica della Santa Sede, possiamo riassumere che la documentazione offertaci da Sale non contiene novità né riguardo al giudizio di Pio XI sulla nota bozza di “enciclica mancata” su razzismo e antisemitismo (continua a esserci del tutto ignoto), né riguardo ad altre sue espressioni pubbliche contro l’antisemitismo oltre a quelle pronunciate il 6 settembre 1938. La narrazione dell’autore inoltre conferma (al di là del proprio molto ottimistico approccio) che il Vaticano si mosse innanzitutto per difendere le persone di “razza” ebraica e di religione cattolica: soprattutto relativamente al loro diritto a coniugarsi con cattolici, poi anche a quelli di studiare, a evitare il lavoro precettato, eccetera. Il libro si apre con un saggio introduttivo di Emma Fattorini e tra lei e Sale si sviluppa una netta divergenza riguardo a una particolare questione (il fatto non è usuale nell’editoria ed è indice di vitalità). Per il gesuita, i documenti inediti da lui riprodotti confermano che il vertice della Compagnia di Gesù non bloccò l’iter della bozza di enciclica pontificia e che furono “ambienti vaticani” e lo stesso Pontefice a ritenere quel testo “non opportuno o semplicemente controproducente”. La storica scrive invece che la nuova documentazione, “lungi dall’allontanare i sospetti”, “rinforza” i già numerosi indizi che portano a un “attivo rallentamento e insabbiamento” attuato proprio dal generale dei gesuiti. A me pare che abbia ragione Fattorini, senza però escludere il possibile intervento di altri alti esponenti antigiudaici e reazionari. Aggiungerei anche, per usare le parole di Giovanni Miccoli del 1997, “tutta la difficoltà del pensiero cattolico di avviare un discorso positivo sugli ebrei”. Certo è che nell’autunno-inverno 1938-1939 Oltretevere vi fu guerra su questo tema. E, anche a seguito di malattie e morti, vinse la linea di Pacelli. Michele Sarfatti, direttore della Fondazione Cdec, tratto da Pagine Ebraiche - gennaio 2010

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