domenica 17 gennaio 2010
SCIALOM BAHBOUT:LA CHIESA RESTITUISCA CIO' CHE E' NOSTRO
15 gen. - Mancano oramai pochi giorni alla visita che Papa Ratzinger farà alla Sinagoga di Roma. L’evento di domenica è accompagnato da infinite polemiche: più volte il presidente dei Rabbini italiani, il Prof. Giuseppe Laras, ha manifestato il suo dissenso rispetto alla visita. Oggi il Clandestino ha il piacere di pubblicare in anteprima una lettera aperta di Scialom Bahbout, rabbino a Roma, che apre un nuovo fronte di dialogo con il Vaticano. Secondo Bahbout, la Chiesa dovrebbe restituire al più presto ad Israele tutti i manoscritti ebraici in loro possesso. In più domenica uscirà un numero speciale del mensile ebraico Shalom, con il contributo di Arrigo Levi, Gad Lerner e Clemente J. Mimun. Il dibattito all’interno del mondo ebraico è appena cominciato. Riparazioni e restituzioni: “Fervono i preparativi per la riapertura della Biblioteca Vaticana, chiusa per restauro dal settembre 2007, ma che riaprirà i battenti agli studiosi il prossimo settembre”, così ha scritto il Corriere della sera del 7/01/10. E’ noto che la biblioteca contiene una notevole quantità di incunaboli e manoscritti ebraici di Bibbia, Talmud, halakhà e commenti che almeno in parte, a mio parere, dovrebbero trovarsi in altre biblioteche, ad esempio la Biblioteca Nazionale di Israele a Gerusalemme. In base a quali princìpi, mi si chiederà? Bene, una delle domande che dovremmo porci per quanto riguarda ciascuno dei manoscritti è quale sia la provenienza: se cioè sia stato acquistato, se sia stato sottratto ad ebrei nel corso dei secoli, se sia stato trovato, magari dopo un pogrom o quant’altro. In linea di principio, possono essere applicati in questo c a s o varie norme: norme relative al furto, norme relative alla restituzione di un oggetto smarrito, norme relative al “non mostrare disinteresse” per un oggetto smarrito (lo tukhàl lehit’allem). Per un oggetto smarrito si può applicare anche il principio di “jeush” (rinuncia) che può essere “consapevole (midda’at) o “non consapevole” (shelo midda’at). L’analisi dell’applicazione di questi principi è complessa e non può essere fatta in questa sede. La difficoltà a individuare gli antichi padroni potrebbe essere una scappatoia per non restituire gli oggetti. Ritengo tuttavia che, anche se sono trascorsi dei secoli da quando l’oggetto è stato sottratto o perduto, il principio della “rinuncia” non potrebbe essere applicato seriamente, anche perché esistono degli eredi e questi sono gli ebrei del mondo: ci si potrebbe/dovrebbe comportare come è stato fatto, ad esempio, per la restituzione dell’obelisco all’Egitto. Oggi che esiste in Israele, un centro culturale e politico ebraico internazionale universalmente riconosciuto, mi sembra che potrebbe essere l’indirizzo più naturale a cui restituire tutti quegli oggetti come i manoscritti che, per un motivo o per un altro, non si trovano al posto giusto! Così ha fatto la Germania Federale quando ha voluto “riparare” i danni materiali subiti dagli ebrei durante la persecuzione nazista. L’annunciata visita di Papa Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma potrebbe / dovrebbe essere l’occasione per un opportuno segnale riparatore.http://www.clandestinoweb.com/
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