giovedì 21 gennaio 2010


soldatessa israeliana


TRATTO DALLA RASSEGNA STAMPA DELL’UNIONE DELLE COMUNITA’ ITALIANE

Nei giorni scorsi si sono ripetuti due fatti di estrema importanza: il terremoto di Haiti e la visita di un papa alla sinagoga di Roma. Di entrambi i giornali di tutto il mondo hanno raccontato tutto, o meglio quasi tutto quello che andava raccontato; ed anche questa rassegna ne ha diffusamente parlato. Quasi tutto, dicevo; non ho infatti trovato molte tracce di una realtà che vorrei ricordare ai nostri lettori. Immediatamente dopo il terremoto di Haiti (che, come accennavo più sopra, si era già verificato ben12 volte con simile intensità negli ultimi secoli), il governo israeliano aveva provveduto a far partire un'unità di crisi; sempre pronta a portare soccorso dove avvengono catastrofi umanitarie, in qualunque luogo esse avvengano (ricordiamo, tra i tanti, i soccorsi in Turchia ed in India). Due aerei sono decollati da Israele e già sabato 16 un ospedale da campo era il primo ad essere operativo a Port au Prince. Il notiziario in inglese mail@jerusalemonline.com, che chiunque può ricevere direttamente sul proprio computer, nell'edizione di domenica 17 annunciava che già 8 persone erano state salvate dalle unità speciali israeliane, e questa notte aggiungeva che ancora un'altra donna era stata estratta viva dalle macerie dell'università. Le unità speciali hanno incominciato ad operare immediatamente, lavorando con le squadre messicane conosciute durante precedenti interventi, tenendosi fuori dalle querelles che hanno invece disturbato il compito di altre unità di crisi, inviate da altri paesi, ma in concorrenza tra di loro. Duecentoventi israeliani, tra uomini e donne; oltre il triplo degli inglesi; intervento sproporzionato anche questo? Gli israeliani, senza preoccuparsi di come Haiti potesse aver votato nei vari consessi internazionali impegnati a censurare il loro Stato, sono stati tra i primi ad accorrere nonostante la distanza geografica, le dimensioni ridotte del loro Stato, e la necessità di non lasciarlo comunque mai sguarnito; solo il desiderio di solidarietà guidava questi uomini. Avrei voluto trovare, su qualche quotidiano nazionale, una breve che ricordasse questa realtà ai suoi lettori; no, questa volta non si è parlato degli israeliani (tranne che al TG5 e, oggi, Il Foglio), forse perché non potevano essere messi sul banco degli accusati, o perché erano più interessati alle dispute con la domestica di casa Netanyahu. Ma su Repubblica Ermanno Accardi ha parlato martedì dei giocattoli che da Gaza stanno per inviare ad Haiti... Sappiano i nostri lettori che sabato, dopo le preghiere nelle quali gli ebrei hanno ricordato il salmo 104 in cui si parla dei movimenti tellurici, gli haitiani hanno baciato il loro tallet. Le immagini del lavoro degli israeliani nel momento stesso in cui riportano alla luce un haitiano rimasto sepolto per giorni, e della gioia di tutti gli astanti, mostrate da informazionecorretta.com, sono di quelle che rimangono impresse nella memoria in modo indelebile. Un bambino nato domenica nell'ospedale israeliano di Port au Prince (l'unico anche oggi ad essere del tutto operativo, montato in solo 8 ore, ed in grado di effettuare 5000 interventi al giorno), è stato chiamato Israel. Una israeliana, nella divisa di Tsahal, è stata ripresa felice accanto al neonato ed alla madre haitiana.La CNN ha trasmesso un altro bel servizio. Ancora dal sito Jerusalemonline.com, nell'edizione di lunedì, abbiamo appreso che un terrorista, responsabile di un attentato perpetrato in un pub di Tel Aviv 6 anni fa, dopo aver scontato una pena nelle prigioni egiziane, è stato ora nominato professore alla London School of Economics: anche questa istituzione inglese, nonostante le sue grandi tradizioni, si sta piegando al volere dei fondamentalisti islamici? Sarà solo un caso che il mancato attentatore dell'aereo diretto a Dallas avesse studiato proprio in quell'ambiente in rapida trasformazione?Sul Corriere Bernard Henry Levy ritorna sulla figura di Pio XII, mentre sul Foglio Andrea Monda intervista il rabbino Neusner che ha anche incontrato Benedetto XVI. Su La Stampa Maria Corbi ricorda il piccolo Stefano Taché ed i suoi assassini che non hanno mai pagato per il loro crimine; alla mamma del piccolo che continua a rifiutare di parlare, anche a distanza di anni, non posso dire altro che la comprendo bene. Sul Corriere si parla della pièce portata in teatro che ricorda l'eroica vicenda del console italiano Zamboni: riuscì, da solo, a salvare tanti ebrei a Salonicco. Sull'indizione in ottobre di un Sinodo per il Medio Oriente, che dovrà trattare sia delle divisioni tra le varie fedi cristiane, sia dei problemi religiosi e politici da affrontare con i vari stati, troviamo numerosi articoli: sul Riformista (Cristiani trattati come non cittadini, e ci si chiede se si avranno di nuovo dei martiri cristiani), su Avvenire (il dialogo con gli ebrei è già aperto anche in Medioriente, mentre è più problematico con la maggior parte dei paesi medio-orientali), sul Messaggero (la diaspora cristiana pare inarrestabile, e questo per colpa dei fondamentalisti), mentre sul Corriere è riportato in una breve un documento davvero criticabile delle Chiese orientali. Pochi quotidiani ricordano la seconda seduta congiunta dei governi di Germania ed Israele, questa volta svoltasi nella capitale tedesca: avvenimento ricco di significati, e del quale si deve ringraziare la cancelliera Merkel. La Stampa, in una breve, intervista il Capo dei servizi informazioni militari di Israele: per questioni strategiche ci dice che è crisi profonda con la Turchia (dove ricordo si è appena recato il ministro della difesa Barak). Il Corriere (oltre a Repubblica) parla del viaggio del Prefetto della Polizia Manganelli in Israele: scambi di esperienze tra tecnici, con l'Italia interessata ad acquistare moderna tecnologia da usare anche nella lotta alla mafia, ed Israele interessata ai metodi di lavoro italiani. Herald Tribune, come sempre severo con Israele, esamina le difficoltà ancora da risolvere prima che possa entrare nell'Organisation for Economics Cooperation: ostacoli persistono per la sua industria delle armi, per quella dei medicinali e per i territori annessi di Gerusalemme e del Golan. L'Unità dedica un articolo ai nuovi arrivi dall'Etiopia di falashmura. Tutto in difesa di Hamas un articolo su Terra che chiama Gaza "riserva indiana": ai palestinesi viene impedito di lavorare, mentre Netanyahu frena la trattativa per liberare Gilad Shalit per non concedere un successo ad Hamas. Simile il tono di Michele Giorgio sul Manifesto che parla dei disastri provocati dall'alluvione in un wadi di Gaza dove tanti beduini, dimenticando le antiche abitudini (ndr), si erano accampati. Una volta nei wadi si mettevano bastoni di misurazione per vedere il livello delle acque, oggi si costruiscono accampamenti, e poi la colpa è naturalmente di Israele (dove ricordo che si sono avuti alcuni morti per le stesse, abbondanti piogge che servono sì a riempire i bacini ed a far diventare verde il deserto, ma che anche causano danni non indifferenti).Emanuel Segre Amar

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